Concerto dell’Accademia scaligera (19/12/2011)

Ieri sera Tamburini, Garcia, la Marchisio e Donzelli non avevano alcunché da fare e allora hanno pensato di darsi alle indagini sociologiche e di costume. E allora sono andati alla Scala, eleggendo il teatro a luogo di indagine. Unico mezzo per fruire dello stesso cosiddetto massimo teatro milanese. Quello che è stato loro ammannito lo leggete in fondo a questo articolo. Quanto alla qualità della cenetta ed alle singole pietanze gli aggettivi sono gli stessi, che secondo i nostri affezionati detrattori costituiscono il solo vocabolario del Corriere, ora più ora meno accentuato, ma sempre il medesimo. Utilizziamo un po’ di librettese “superbo ed orgoglioso” per dire che abbiamo sentito cantanti che ignorano l’abc del canto professionale. Anzi abbiamo visto più che sentito, e preciso quanto, perché il tenore – Jaeheui Kwon – non era udibile. Voce, timbro e tecnica da comprimario, volume da chierichetto. Sostituiva -è vero- all’ultimo il signor Filianoti, che chiunque pur privo di virtù di preveggenza alla luce della prestazione resa quale don Ottavio, sa bene non avrebbe mai potuto sopravvivere all’attacco sul fa di “una furtiva lagrima” o portare a termine le frasi del quartetto del Rigoletto dove il Duca canta in piena zona di passaggio superiore.  Abbiamo visto Pretty Yende, promessa del canto italiano in erba appena diplomata dall’Accademia scaligera e prossima al lancio, che ignora il principio cardine della respirazione e del canto, quindi, quello ben esemplificato nel lungo ed interessante dibattito in calce alla recensione del Faust dove si erano esibiti divi che sono il modello dei cantori dell’Accademia.  Solo che il pubblico, l’opera non hanno urgente necessità dei dotti dibattiti del Corriere della Grisi, ma di soprani e mezzosoprani che sappiano “alzare il petto” per proiettare la voce e non annaspare nei sillabati di Adina ossia emettere si bem che sembrano, per sforzo e durezza di suono, mi nat e sono già in odore di fissità. Per altro quello che succede a cantare come non si deve cantare, credendosi cantanti di musica leggera, lo esemplifica allo stadio successivo della realizzazione la signora o signorina Anita Rachvelishvili. Come si dice in gergo “si è mangiata la voce” che, dopo un lustro neppure di carriera suona piccola e opaca salvo qualche primo acuto più ghermito che emesso ( vedi la sezione conclusiva di “Acerba voluttà”) e facile solo perché quella è la zona spontanea della voce per i soprani spinti, categoria nelle cui fila, se sapesse utilizzare il fiato, la signora o signorina militerebbe. Mi domando che Accademia sia quella che per celebrarsi proponga un cantante ormai al capolinea della carriera e quindi rinunciatario ( ma questa sera rifiorito per il più agevole don Ottavio), un mezzosoprano che dovrebbe aver debuttato anche al Met dove beato chi l’abbia sentita ed un soprano sulla strada del predetto mezzo.

Dimenticavo due cose ovvero il nuovo genio della bacchetta, certo più avvezzo a Mahler  e dintorni che non alle pinzillacchere del melodramma italiano, che imita nel gesto Abbado e nella precisione di attacchi e cura del suono Daniel Barenboim ossia Gustavo Dudamel. Tralascio i diffusi spernacchiamenti sia in Norma che in Forza del destino, il fatto che il tema del “Già mi pasco” della sinfonia del capolavoro belliniano avesse peso e sonorità di marcetta da primo Rossini, e quello della redenzione di Forza facesse pensare, invece, ad un quanto mai natalizio arrivo di majorette, per concludere con un intermezzo di Manon dalla sonorità e dalla dinamica piattamente identica dalla prima all’ultima battuta.

Quindi non rimaneva a noi del Corriere che dedicarci alla sociologia ed all’indagine di costume . Abbiamo visto flamini e vestali (grandi e piccole) che in divisa natalizia applaudivano con fervore e gridavano “bravo, bravi”. Credo che i giovani e spiantati studenti che il tenore Parmeggiani ingaggiava non avessero tanto fervoroso ardore e ardire, soprattutto. E sì che i nostri sono avanti con gli anni. Comprendo la monotonia dei programmi radiofonici e televisivi anche sulle pay tv, ma sfidare il rigore invernale per questo è certo segno di incipiente perdita di capacità intellettive ed uditive. Capacità delle quali alcuni ventenni e trentenni anch’ essi ardimentosi nell’applaudire, fra un ciupa ciupa e l’altro, la frigida e mal cantata Carmen della Raveli danno prova di essere in fase di penosa carenza e – quel che più grave- alcuni adolescenti, credo reclutati nelle nostrane scuole di musica, danno, da ultimo, dimostrazione di essere privi dalla nascita.  Aggiungo, poi, gli sguardi sconsolati di alcuni incaricati di coordinare le “code” del loggione. Volevo fermarne una di  loro e chiederle: “ma sei sicura che con questo andazzo la vostra associazione fra un paio di stagioni avrà ancora valido motivo di esistere ed operare?” Ho desistito. Urgeva un ascolto riparatore!  E siccome siamo generosi vi invitiamo al lenimento dell’apparato uditivo. Non è molto né siamo consci. Di più non possiamo al massimo ammannirvi una bella tavola rotonda sulla corretta posizione del corpo nel canto. Ma serve solo ad appassionati e non ad operatori del settore. Loro credono solo agli applausi dei presenti in sala, senza ulteriori domande.
Vincenzo Bellini
Norma: Sinfonia

Gaetano Donizetti
L’elisir d’amore: Udite, udite, o rustici
Vincenzo Taormina, baritono
Quanto amore! Ed io spietata!
Pretty Yende, soprano
Vincenzo Taormina, baritono

Georges Bizet
Carmen: La fleur que tu m’avais jetée
Jaeheui Kwon, tenore
Preludio atto I, Habanera
Anita Rachvelishvili, mezzosoprano

Giacomo Puccini
Manon Lescaut: Intermezzo

La Bohème: Quando me’n vo’
Pretty Yende, soprano

Pietro Mascagni
Cavalleria rusticana: Intermezzo

Francesco Cilea
Adriana Lecouvreur: Acerba voluttà, dolce tortura
Anita Rachvelishvili, mezzosoprano

Giuseppe Verdi
La forza del destino: Sinfonia

Rigoletto: Un dì se ben rammentomi…bella figlia dell’amore (Quartetto)
Pretty Yende, soprano
Anita Rachvelishvili, mezzosoprano
Jaeheui Kwon, tenore
Vincenzo Taormina, baritono

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17 pensieri su “Concerto dell’Accademia scaligera (19/12/2011)

  1. Video bellissimi. Ottima scelta. Mi sono fatto delle grandi e sane risate.
    Gastone Moschin gran bel tenore, di certo l’attacco sul fa della lagrima lo avrebbe fatto meglio del tenore di ieri sera.
    La D’Avena canta, seppur ancora bambina, con una sincerità, spontaneità e soprattutto con una precisione metronomica che alla Raveli e alla Yende manca.
    Tognazzi, beh, che dire, altro che Taormina…
    Bravi, bravi, bravi!

  2. Ma a Milano esiste solo la Scala o esiste qualcos’altro: Siete incorreggibili !!Non potete assollutamente fare a meno di questo teatraccio: ne dite continuamente peste e corna, è un teatro terribile che fa cose terribili o orribili, il peggiore in assoluto fra i più(?) grandi teatri del mondo, ma non c’è niente da fare: dovete parlare sempre di lui! Che noia, che barba, che noia…
    Cordialmente.

  3. Teatraccio che però resta, ahimè, uno dei poli operistici più noti al mondo: parlare di quel che si vede e succede in Scala è parlare del mondo dell’opera odierno, dei suoi beceri meccanismi, delle sue squallide presenze, del suo misero livello.
    Credo che la redazione del sito faccia già molti e lodevoli sforzi per offrire notizie e recensioni relative agli spettacoli più rilevanti dei teatri esteri, cosa che gli altri “siti” non fanno o perchè non vogliono o perchè non sanno/non vogliono sapere che al di fuori del teatro meneghino ci sono altri palcoscenici, altre orchestre e altri pubblici.

  4. Bravi per i commenti. Sono d’accordo. Ero anch’io presente e me ne sono uscito molto triste. Ma chi prepara questi poveri innocenti? Fraseggio? Interpretazione? MUSICALITA’??
    Temo però che il mondo delle “Accademie” dei vari teatri siano tutte così. Tanta, ma TANTA aria calda.

  5. Leggo e inorridisco. Non ho ascoltato il concerto in questione ma…se tanto mi dà tanto…temo davvero che le cose siano andate esattamente come la recensione spiega e puntualizza.
    Del resto avevo già avuto esperienze dirette con i giovani della cosiddetta “Accademia” (che poi sono incolpevoli, i VERI COLPEVOLI sono gli organizzatori e taluni DOCENTI) e devo , ahimé, confermare il pessimo indirizzo didattico che ricevono in quel santuario. Io stesso ho ‘salvato’ una promettente vincitrice di Concorso, lo scorso giugno (ero in Giuria) , che era stata immediatamente carpita da un responsabile di questa Accademia….per fortuna mi ha dato retta e ha continuato a studiare con la sua maestra, senza farsi abbindolare da questa infernale congrega di incompetenti.

  6. Opere di misericordia, Caro Tamburini, ma chi te l’ha fatto fare, tanto sapevi già a cosa andavi incontro! Ho già scritto che voi siete un pò masochisti e veramente non capisco!
    Caro Duprez davvero vorresti sentire sempre la Staatskepelle di Dresda? Io l’ho sentita varie volte, ma non è oro tutto quello che luccica! Fra l’altro ha un suono molto duro, teutonico che a volte rende l’ascolto veramente pesante per non dire fastidioso. Ora è nelle mani del teutonico Thieleman, che io, comunque, apprezzo molto. Dal 2013 gestiranno l’Osterfestspiele di Salzburg e là sarà più facile raggiungerli!Don’t miss them!
    Cordialmente e Buon Natale a voi e a tutti i Grisini!! Cap.

    • La signora Raveli canta non solo alla Scala, ma a Berlino e al Met. Mi aspettavo di sentire non già la studentessa di acerba benché generosa natura della Carmen ambrosiana 2009, ma una voce degna di ben figurare nei primi teatri del mondo. Idem dicasi per la signora Yende, che se non è già arrivata in quei teatri ben presto vi arriverà. Mai avrei potuto supporre il “pacco” natalizio confezionato da Mamma Scala!

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