Non è stata una notizia del tutto inattesa quella della scomparsa di Leyla Gencer, avvenuta questa notte a Milano.
Scontato ripercorrere una carriera durata trent’anni con grande, grandissimo amore del suo pubblico, trionfi in ogni teatro, anche quanto la relegavano al terzo cast, ancora di più scontato rammentare un repertorio amplissimo ed alla cui vastità, forse, la Gencer sacrificò la durata. Ed anche l’intensità interpretativa ebbe il suo peso.
Leyla Gencer è stata divina ed antidiva, al tempo stesso.
Ogni circostanza sembrava rendere difficile una carriera, quando la Gencer debuttò. Priva di un mezzo opulento ed all’italiana come quello di una Stella o di una Cerquetti o, addirittura della Tebaldi, schiacciata dalla novità della Callas di cui fu, superficialmente, considerata epigona (con ammenda pubblica niente meno che di Rodolfo Celletti, poi suo grandissimo estimatore), tallonata, poi, dalle Scotto, Sutherland, Caballè e Sills, nonostante tutto la Gencer è stata per il pubblico la LEYLA amata, applaudita, idolatrata.
Un amore fondato perché se i mezzi naturali non erano eccezionali (era Lei la prima a dirlo), la tecnica di canto il gusto e la fantasia, supportati da uno studio indefesso e da una intelligenza e curiosità culturale, assolutamente uniche, erano quelli di una cantante di levatura storica. E comunque una protagonista assoluta del canto degli ultimi cinquant’anni. E questa è la diva Gencer.
Un amore ed una venerazione (i fans della Gencer erano coloriti numerosi e molto critici nei confronti delle altre cantanti) che nascevano dalle performance che la LEYLA senza trucchi discografici, senza battage pubblicitari, ma solo con il passa parola l’esperienza diretta del teatro. Non per nulla veniva definita e si autodefiniva con molta ironia la “regina dei pirati”, ossia l’antidiva.
Superfluo ricordare la carriera abbiamo detto, però non si può dimenticare che grazie alla Gencer (le protagoniste di Verdi soprattutto e sopratutte donna Leonora di Trovatore) certi personaggi uscirono stilizzati ed eleganti, privati di certe esagitazioni, pur rimanendo ( a differenza del presente) integri nella loro tensione drammatica, che ad altri (le famose eroine donizettiane) venne restituita una dignità ed una rilevanza storica che il decorrere del tempo e del gusto aveva falcidiato. Anche non più vocalmente integra Leyla Gencer restava, protagonista della prima ripresa scenica di Martyrs, la ipostasi della matrona romana, illuminata da Corneille e dalla cultura ottocentesca, anche quanto respingeva un amato o affrontava la morte in nome dell’amore coniugale; come pure la cultura e la interpretazione della dama di rango del giovane Verdi era completa ed inoppugnabile. Nessuna Lucrezia Contarini è stata al pari di Lei rappresentazione della retorica di cui è intriso il personaggio, ”di Contarini e Foscari, figlia e sposa”, senza sacrificare il rispetto del dettato vocale.
Ma soprattutto Leyla Gencer è stata una autentica guerriera, sempre pronta alla lotta ed alla sfida. E dopo quelle del palcoscenico non perdeva l’occasione di essere ancora diva ed antidiva con assoluta, commentando con sincerità e nessuna metafora, ora le note di petto della Barbieri, ora la divulgazione di Donizetti “io lo canto, la Caballé lo porta in giro per il mondo, la Sills lo incide”, ora le nuove leve del canto, magari della stessa scuola della Scala.
Grande anche in questo. Adesso possiamo dire solo grazie signora Gencer per quello che ha dato all’opera e più in generale alla cultura. Fortunati quelli che l’hanno vista in teatro anche se adolescenti, altrettanto quelli che possono sentire le sue fortunose, ma fascinosissime registrazioni live.
Scontato ripercorrere una carriera durata trent’anni con grande, grandissimo amore del suo pubblico, trionfi in ogni teatro, anche quanto la relegavano al terzo cast, ancora di più scontato rammentare un repertorio amplissimo ed alla cui vastità, forse, la Gencer sacrificò la durata. Ed anche l’intensità interpretativa ebbe il suo peso.
Leyla Gencer è stata divina ed antidiva, al tempo stesso.
Ogni circostanza sembrava rendere difficile una carriera, quando la Gencer debuttò. Priva di un mezzo opulento ed all’italiana come quello di una Stella o di una Cerquetti o, addirittura della Tebaldi, schiacciata dalla novità della Callas di cui fu, superficialmente, considerata epigona (con ammenda pubblica niente meno che di Rodolfo Celletti, poi suo grandissimo estimatore), tallonata, poi, dalle Scotto, Sutherland, Caballè e Sills, nonostante tutto la Gencer è stata per il pubblico la LEYLA amata, applaudita, idolatrata.
Un amore fondato perché se i mezzi naturali non erano eccezionali (era Lei la prima a dirlo), la tecnica di canto il gusto e la fantasia, supportati da uno studio indefesso e da una intelligenza e curiosità culturale, assolutamente uniche, erano quelli di una cantante di levatura storica. E comunque una protagonista assoluta del canto degli ultimi cinquant’anni. E questa è la diva Gencer.
Un amore ed una venerazione (i fans della Gencer erano coloriti numerosi e molto critici nei confronti delle altre cantanti) che nascevano dalle performance che la LEYLA senza trucchi discografici, senza battage pubblicitari, ma solo con il passa parola l’esperienza diretta del teatro. Non per nulla veniva definita e si autodefiniva con molta ironia la “regina dei pirati”, ossia l’antidiva.
Superfluo ricordare la carriera abbiamo detto, però non si può dimenticare che grazie alla Gencer (le protagoniste di Verdi soprattutto e sopratutte donna Leonora di Trovatore) certi personaggi uscirono stilizzati ed eleganti, privati di certe esagitazioni, pur rimanendo ( a differenza del presente) integri nella loro tensione drammatica, che ad altri (le famose eroine donizettiane) venne restituita una dignità ed una rilevanza storica che il decorrere del tempo e del gusto aveva falcidiato. Anche non più vocalmente integra Leyla Gencer restava, protagonista della prima ripresa scenica di Martyrs, la ipostasi della matrona romana, illuminata da Corneille e dalla cultura ottocentesca, anche quanto respingeva un amato o affrontava la morte in nome dell’amore coniugale; come pure la cultura e la interpretazione della dama di rango del giovane Verdi era completa ed inoppugnabile. Nessuna Lucrezia Contarini è stata al pari di Lei rappresentazione della retorica di cui è intriso il personaggio, ”di Contarini e Foscari, figlia e sposa”, senza sacrificare il rispetto del dettato vocale.
Ma soprattutto Leyla Gencer è stata una autentica guerriera, sempre pronta alla lotta ed alla sfida. E dopo quelle del palcoscenico non perdeva l’occasione di essere ancora diva ed antidiva con assoluta, commentando con sincerità e nessuna metafora, ora le note di petto della Barbieri, ora la divulgazione di Donizetti “io lo canto, la Caballé lo porta in giro per il mondo, la Sills lo incide”, ora le nuove leve del canto, magari della stessa scuola della Scala.
Grande anche in questo. Adesso possiamo dire solo grazie signora Gencer per quello che ha dato all’opera e più in generale alla cultura. Fortunati quelli che l’hanno vista in teatro anche se adolescenti, altrettanto quelli che possono sentire le sue fortunose, ma fascinosissime registrazioni live.
Leyla Gencer – Gli ascolti
C. Monteverdi – L’Incoronazione di Poppea
Atto III – Addio Roma
W. A. Mozart – Le Nozze di Figaro
Atto II – Porgi, Amor
G. Rossini – Elisabetta, Regina d’Inghilterra
Atto II – Bell’alme generose
G. Donizetti – Lucia di Lammermoor
Atto III – Scena della pazzia
G. Donizetti – Poliuto
Atto II – Concertato e Finale (con A. Zambon & V. Sardinero)
G. Donizetti – Lucrezia Borgia
Atto II – M’odi ah m’odi; Era desso
G. Verdi – Attila
Atto I – Liberamente or piangi
G. Verdi – La Forza del Destino
Atto I – Me pellegrina ed orfana
Pubblico per conto di un amico che ha problemi con la password del suo account, Steccanella
Leyla Gencer, piacesse o meno poco importa, è stata una degli ultimi grandi (veri e non pseudotali) della storia operistica del dopoguerra, tipico quanto raro esempio di somma artista capace di lasciare la propria “firma”.
L’opera infatti la si può cantare, ed anche benissimo, ma non basta, Leyla Gencer e poche/i altre/i han fatto di più, hanno saputo “valorizzare” con la propria arte i capolavori altrui, hanno aggiunto un “quid pluris” alle note, ecco perchè ci sono i “grandi” ed i “grandissimi”, e la Gencer apparteneva a pieno titolo a questi ultimi, ed ecco perchè non ci ha lasciati una grande cantante lirica, ma ci ha lasciato “Leyla Gencer” il che è diverso !!!
Vediamo di constestualizzare questa cantante perchè è l’unico modo per capire davvero la storia della interpretazione operistica e le sue epoche. Leyla Gencer come tutti i soprani (ma direi i cantanti) della sua “epoca” ha avuto in primis una grande “sfortuna” quella cioè di apparire dopo (ma in piena loro grandezza…) i due mostri sacri del canto sopranile del dopo-guerra, ovvero di Maria Callas e Renata Tebaldi che in certo senso esaurivano un poco gli “spazi” di partenza, giacchè l’arte totale dell’una e la stupefacente bellezza timbrica dell’altra potevano contentare i diversi palati degli utenti, lo stesso “problema” che ebbero ad affrontare le altre grandi degli anni sessanta e settanta, ovvero Joan Sutherland, Monsterrat Caballé, Renata Scotto, Beverly Sills, Mirella Freni etc. etc. trovarsi uno “spazio” per emergere dopo questi due mostri.
La seconda “sfortuna” e questa peculiare della Gencer fu il materiale vocale di partenza, voce piccola e mediocre, non poteva “risolversela” con la funambolica estensione inumana di una Sutherland o con la avvenenza timbrica di una Caballé ovvero con la potenza di una Nilsson o la linea musicale di una Cerquetti od anche con i colori di una Scotto o la saldezza di una Freni, ed anche la sua estensione non era certo “monstre” neppure nei primi anni di matrice Arangi-Lombardi quando mostrava una voce chiara e leggerina, quindi “problema” in più, e sono due e non di poco momento !!!
Di contro la Gencer, come le altre citate, ebbe invece dalla sua (finalmente) una grande “fortuna” ovvero quella del repertorio inesplorato, la Callas infatti non aveva potuto riscoprire tutto il sommerso del “popolare” fino a quel momento asfittico dell’epoca verista, e quindi tante partiture da primadonna ancora “vergini” erano lì pronte a dare lustro a chi era in grado di valorizzarle appieno, insomma la nota belcanto renaissance ma non solo (si pensi anche la repertorio francese ed al calssicisimo ove la Gencer fu somma peraltro).
E così come le altre fortunate dive degli anni sessanta (oggi gente come la Devia o la Gruberova o altre cosa possono recuperare visto che quasi tutto è già stato firmato ??) fu consacrazione sul campo, e se Bolena e Beatrice erano già state “firmate” da Callas e Sutherland, Leyla Gencer si dedicò (complice anche l’ispirato Gavazzeni) a Donizetti, il donizetti serio e regale delle opere Ronzi, la sua lettura “colta” a teatrale ad onta di una certa qual fissità di belcanto puro che tuttavia non è Bellini ma apre a Verdi, che la Gencer intuì potesse renderle giustizia, e divenne così anche in virtù di timbro e sopratuto accento e fraseggio, la regina donizettiana per antonomasia, lasciando Lucia ed altro a soprani più pirotecnici ma meno Intensi.
Elisabetta, Stuarda, Caterina, Belisario, Les martyrs etc. ecco la “firma” della Gencer che ebbe a ben spiegare in una memorabile lezione su come si cantano le tre regine Tudor, che poi altri soprani (direi però una o due non di più) possano poi anche avere meglio eseguito certe liriche belcantiste poco importa, la scoperta storica era e resta sua e nessuna gliela toglierà mai. Altra furbizia fu quella di capire i limiti della propria voce e se quel medium leggero era poco indicato per le cavate verdiane del periodo maturo e più “tebaldiano”, eccola rincorrere quel primo-Verdi dove era perfetta e persino più azzeccata (per colore, stile e legato) che in Donizetti, i suoi stacchi glottidei nella cabaletta di Lucrezia dai Foscari ovvero il suo legato pianissimo e apparentemente austero (nulla a che vedere con la celestialità di una Caballè) nella Gerusalemme è da storia, e così pure quella sua Lady regale e perfida alla Tina Lattanzi alias Joan Crawford che rimane tra le poche ancora oggi meritevoli di citazione.
Poi quel che perdeva in assenza di sensualità in Puccini o Mozart, lo acquistava nello stile e nella classe del suo classicisimo e dopo la Callas non riesco ad immaginare altre Vestali o Alcesti oltre che lei….forse arrivo a dire persino più coerente della super-Maria.
Fu ovviamente anche lei tra i pochi “assoluti” (senza classificazione insomma) ad onta del mancato mi bemolle giacchè grande fòla sarebbe quella che vede gli “assoluti” come anche qui ho letto solo nel possesso dei sovracuti (???), e la Gencer superba Lucrezia ovvero interessante Amelia come grande Alceste e personale Elisabetta di Rossini ne fornisce dimostrazione tra le più preclare. La Sills non fu assoluta (vd. tabarro o anche Verdi) pur col mi bemolle mentre la Gencer (o la Caballé o la Sutherland) si anche senza, non contano nula le note conta infatti la duttilità nel sapere usare il medium, nel saper variare tra Norma e Violetta, nel sapere cantare il belcanto, verdi e…Puccini, negli accenti.
La terza sfortuna (ma chi può dirlo) fu la scarsa fonogenia della sua voce (in questo accomunata anche ad altre artiste totali quali Olivero e Kabaiwanska) e quindi no dischi ahimè, ma forse non è neppure stata una sfortuna questa, la Gencer non era artista da esecuzione in studio, era cantante-attrice a tutto tondo, solo chi ha visto in scena la sua Stuarda immagino potrà averne apprezzato la grandezza che supera le evidenti aspertà vocali del vocalizzo sui generis o di certi sbalzi apparentemente distonici dell’odierno ascolto HI-FI…perchè dunque fissare su plastica quello che fu per comune giudizio di colti ed incliti arte pura ???
Del resto se ancora oggi pletore di fans omaggiano la Gencer come l’unica dopo la Callas ad avere dato anima oltre che voce alle astratte eroine del belcanto romatico ciò significa che la grande turca vinse anche questa battaglia, non è da tutti essere leggenda senza essersi magari neppure fatta sentire da tanti giovani adoranti…..
Il merito e qui concludo, e merito immenso, di artisti (pochissimi) come Leyla Gencer è quello di tenere viva la lirica perchè con una Gencer in scena anche Alceste può creare un evento teatrale in grado di emozionare grandi e piccini, il resto è solo canto bello finchè vuoi ma solo appunto canto, grazie !!!
steccanella