Salendo la Collina: prima puntata. Il ritorno di Ortrud: Dolora Zajick ed il canto wagneriano

Ammettete, cari lettori, da quando è che non sentite, sia dal vivo che in trasmissioni, un Wagner cantato? Canto vero, cioè canto professionale, normale. E questo addirittura in un ruolo che ormai si trova definitivamente collocata fra quei personaggi dannati che portano l’etichetta “Ruolo per urlare dalla prima fino all’ultima nota”. Eppure, nell’Anno Domini 2010, all’Opera di Los Angeles, la nostra veterana Dolora Zajick ci ha regalato una Ortrud cantata e cantata così come il ruolo lo è stato solo in casi rarissimi.

Cioè, Dolora Zajick l’ha semplicemente cantato come si canta qualsiasi ruolo operistico: cantandolo. E’ una prestazione puramente vocale ed è così anacronica ed improbabile per il gusto odierno che oltre alla lontana California – e forse nemmeno lì – non so se abbiano inteso che nell 2010, con 58 anni suonati, si sia esibita l’unica attuale cantante del repertorio hoch-drammatico che possieda un autentico calibro wagneriano. Vale a dire, una voce che ha un solido materiale predisposto per un fraseggio ampio al pari della magniloquenza orchestrale di Wagner e che è in grado di cantare con un suono libero e proiettato sopra un’orchestra pesante. Delle due premesse fondamentali le cantanti che oggi ci vengono proposte come massime “specialiste del repertorio wagneriano” (eccezione fatta forse solo per Jennifer Wilson) non hanno nulla. E’ per questo che mi dispiaccio del fatto che lungo la sua rimarchevole carriera la signora Zajick non abbia tentato qualche altro sperimento wagneriano oltre a Ortrud. La forte ambiguità della scrittura vocale di Brunnhilde, Isolde, Kundry avrebbe rispecchiato in un modo sicuramente molto interessante l’ambiguità della vocalità della medesima signora Zajick, tutto come l’ha fatto la sua interpretazione di Ortrud, un ruolo che spesso risulta troppo acuto per mezzo-soprani e troppo centrale per soprani. Al pari della vendicativa Eglantine dalla Euryanthe di Weber il cui influsso stilistico sul Lohengrin è indiscutibile, Ortrud rappresenta un ruolo piuttosto per mezzo-soprani acuti, anche se deve cantare parecchie volte al centro ed in basso (ragione per cui la Nilsson dice di non avere mai osato ad affrontare il ruolo), mentre Eglantine è marcatamente acuta. Rimane fra i due ruoli l’affinità dell’accento aggressivo, isterico e scandito e del pathos beethovenianamente elementare nel raffigurare la forza del Male. Bisogna dire che spesso si dimentica che Ortrud non è un personaggio semplicemente cattivo e meschino, ma rappresenta il Male nella sua sublimità e maestà. Se no è una semidea, è certamente una “entusiasta” nel senso primordiale della parola greca – “posseduta da dio”. In breve, più che Crudelia De Mon, Ortrud è Malefica.
Sono casi rari come Marjorie Lawrence, Elena Nicolai (la più grande Ortrud italiana fra le tre registrate e che, oltre a cantarla in modo eccezionale, ci compensa l’inesistenza di una registrazione di un’altra Ortrud italiana da parte di Ebe Stignani) o Margarete Klose che cantavano con uguale comodità e saldezza sia nei passaggi di una scrittura centrale o addirittura bassa come la buona parte dei duetti con Telramund e con Elsa sia in quei parecchi passaggi che insistono sulla zona acuta, come l’Invocazione e la scena davanti alla cattedrale nel secondo atto o l’intrusione nel terzo finale. Malgrado la grande importanza drammatica della prima scena del secondo atto e della seconda parte del duetto con Elsa, credo che non sia così tanto cruciale se l’interprete di Ortrud risulta meno comoda nel registro centrale o centro-grave della sua voce, perché l’univoca priorità sia per l’interpretazione sia per la dimostrazione delle doti vocali va indebitamente delegata all’Invocazione ed alla breve, ma violentissima apparizione nel terzo atto. Sono “Entweihte Götter!” e “Fahr heim, du stolzer Helde!” ad essere i “suoi” momenti. Nel passato l’Invocazione veniva spesso premiata pure con un applauso che scandalosamente arrestava il flusso della musica wagneriana e dava risalto alla diva quale diva. Si ascolti l’esplosione del pubblico dopo l’Invocazione di Christa Ludwig la cui Ortrud del 1964 al Teatro Colon è sicuramente una delle più affascinanti, espressive e vocalmente generose prestazioni del ruolo.
E’ dunque col debutto in uno dei ruoli più efficaci del repertorio wagneriano che a 58 anni Dolora Zajick rende omaggio alla propria carriera. I difetti vocali noti a tutti e parzialmente dovuti all’usura rimangono gli stessi. Il “buco” e una tendenziale opacità nel registro centrale compromettono certe frasi nel secondo atto, come il salto abbastanza brutto da una sonorità di petto direttamente al buco nella frase “…dass ich gleich einer Magd dir folgen soll” all’inizio della sfida con Elsa. Ma la sicurezza e lo straripante volume nella zona superiore della voce rendono la Ortrud della signora Zajick una delle massime interpretazioni vocali di questo ruolo. Lo slancio e la saldezza nell’Invocazione che insiste ripetutamente sul La e La diesis acuto o nella scena della cattedrale che prevede parecchie ascese nella stessa tessitura testimoniano di una cantante munita di un’eccezionale tecnica respiratoria. E’ di una sicurezza impressionante anche il terzo finale che esige più volte attacchi scoperti sul La acuto (“Dank, dass den Ritter du vertrieben!”) – dove crolla la maggioranza delle interpreti (sia per limitazione naturale sia per problemi d’intonazione come nel caso della altrimenti avvicente Leonie Rysanek). Trattandosi di un ruolo che non oltrepassa il La diesis e che quindi anche per soprani autentici non dovrebbe essere un problema insuperabile, il punto veramente critico della scrittura vocale di Ortrud consiste piuttosto nella scomoda insistenza e negli attacchi su queste note che, nel terzo finale, diventano addirittura il centro di orientamento per la linea vocale. E’ il punto debole per una intensissima Irene Dalis o per una Rita Gorr, difficoltosa nelle registrazioni live, o ancora per Astrid Varnay prima della “seconda carriera” – entrambi diabolicamente scure, ma nel complesso più a loro agio nei passi centrali e gravi dove espongono tutta la ricchezza dei loro timbri. Questo vale in maggior parte anche per le sontuose e monumentali Ortrud del vecchio Met come i contralti Kerstin Thorborg, Maria Olszewska e Karin Branzell le cui Else, per intenderci, erano niente meno che Helen Traubel o Kirsten Flagstad…
La Ortrud di Dolora Zajick è vocalmente più vicina alla vocalità di Gertrude Grob-Prandl, frequente interprete di Ortrud a Vienna, che però ci ha lasciata solo la sua Invocazione e che, come la cantante americana, disponeva di un registro acuto ultra-dotato, mentre risultava meno sonora e flessibile (ma senza i suoni chiusi della Zajick) nella zona inferiore della voce. Anche dal punto di vista interpretativo possiamo dire che il Wagner di Dolora Zajick, come quella di Grob-Prandl, è paravocale. La sua Ortrud non ha niente del fatalismo, della seduttività e della sensualità del personaggio che diventa il massimo strumento teatrale per grandi attrici cantanti, come Waltraud Meier che in questo ruolo risulta poco convincente dal punto di vista puramente vocale. Non è nemmeno velenosa come la grande Margaret Harshaw, cantante versatilissima, Ortrud dalla voce insolitamente chiara per quanto scura in un ruolo come la Cieca (cantante di un’epoca quando cambiavano di colore senza cadere nell’artificiosità), o come Christa Ludwig che però nell’Invocazione dimostra un legato come lo sentiamo forse solo nell’“Entweihte Götter!” incisa da Margarete Matzenauer, mentre una cantante abitualmente dal legato purissimo come Margarete Klose sostituisce agli archi legati spesso una linea più frammentata e mordente (con ammirevoli messe di voce addirittura nell’Invocazione e nel terzo atto).
La Ortrud della Zajick è una oscurantista che si mette in scena e terrorizza con il solo mezzo del suono enorme che produce. La ripresa radiofonica di una delle recite del suo Lohengrin, malgrado il pessimo equilibrio fra orchestra e palcoscenico, ci fa capire quanto è grande e schiacciante il suono sia nell’Invocazione che nel finale terzo. E’ sempre questa potenza del suono che mette in secondo piano gli alcuni problemi che la signora Zajick dimostra riguardo l’articolazione del tedesco con cui non ha molta esperienza. Nel complesso, è un’interpretazione che con i criteri odierni e soprattutto nel “tempio” Bayreuth può essere giudicato come “inespressivo”, perché Dolora Zajick non urla, non spinge, non ricorre agli effettacci naturalistici che vorrebbero rappresentare demonismo o furia.
In quanto riguarda il casting del ruolo a Bayreuth, è sicuramente un segno di buon senso dalla parte della direzione del festival di avere tolto dall’attuale produzione del Lohengrin Evelyn Herlitzius che l’anno scorso è stata destinataria di molti fischi che in genere a Bayreuth sono raramente rivolti ai cantanti. E’ vero che è un teatro in cui il canto non è più una priorità da parecchi decenni, ma l’esibizione di Evelyn Herlitzius nell’estate 2010 è stata il parossismo del mal canto praticato sistematicamente nel repertorio tedesco e soprattutto a Bayreuth a favore di una concezione di “espressività” e di “interpretazione” che ormai è divenuto la scusa e la schermatura per qualsiasi forma d’indecenza vocale.
Anche la scelta di Petra Lang quale sostituzione della Herlitzius dimostra una certa adeguatezza uditiva di chi l’ha chiamata per il festival di quest’anno. La signora Lang non sarà un mezzo-soprano eccezionale, ma ha un mezzo di notevole ampiezza, una certa facilità in acuto ed una minima saldezza nel gestire la sua professione la quale è il canto. E’ un’interprete abbastanza monocorde, tende a compensare la piattezza del fraseggio con una straarticolazione delle parole; non grida come una forsennata, ma pure quel poco di saldezza che ha la tiene sempre al limite, perché non possiede una vera tecnica di fiato che è sostanzialmente l’arma segreta della Zajick e che le concede quella sua grande generosità e resistenza.
Siamo curiosi di sapere se alla direzione di Bayreuth (o a qualsiasi altro teatro europeo) verrà in mente d’invitare la signora Zajick nel Lohengrin prima che non sia troppo tardi. Il teatro “di” Wagner ha forse ancora tempo per aggiungere alla sua lista, purtroppo cortissima, delle Ortrud veramente cantanti, come Margarete Klose o Rita Gorr, la solida professionista ed il fenomeno sonoro che è la veterana Dolora Zajick. Non ci sarebbe miglior omaggio per un teatro che, con la “sacra” missione che esso reclama pure nel XXI secolo, dovrebbe consolidare in se il migliore dell’attuale canto wagneriano.

Gli ascolti

Richard Wagner

Lohengrin

Atto II

Erhebe dich, Genossin meiner Schmach!Julius Huehn & Karin Branzell (1937), Herbert Janssen & Kerstin Thorborg (1942), Irene Dalis & Edmond Hurshell (1967)

Entweihte Götter!Margarete Matzenauer (1907), Karin Branzell (1937), Kerstin Thorborg (1942), Margaret Harshaw (1947), Elena Nicolai (1954), Dolora Zajick (2010)

Zurück, Elsa!Christa Ludwig & Victoria de los Angeles (1964), Dolora Zajick & Soile Isokoski (2010)

Atto III

Fahr heim! Fahr heim Kerstin Thorborg (1945), Margaret Harshaw (1947), Elena Nicolai (1954), Christa Ludwig (1964), Dolora Zajick (2010)

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