Giuditta Pasta una e bina si potrebbe con superficialità affermare pensando che la cantante fu interprete a distanza di nove mesi ( 6 marzo e successivo 26 dicembre) dei ruoli protagonistici di Sonnambula e di Norma.
Oggi pochi soprani hanno affrontato entrambi i personaggi. Amina è passata nell’orbita dei cosiddetti soprani leggeri e la sacerdotessa in quello dei soprani drammatici, o pseudo tali.
La contrapposizione nasce ai principi del secolo XX con le codifiche vocali del Verismo, prima del quale abbiamo soprani, che affrontarono sia Norma che Amina e rispondono al nome di Irene Abendroth, Maria Nemeth, e credo, Lilli Lehmann. Di assoluto interesse gli incunaboli della senescente Adelina Patti che però non fu mai Norma in teatro. Ancora le Amine delle prime registrazioni possono essere soprani lirici o lirico spinti come Rosina Storchio, Marcella Sembrich e Frieda Hempel che poco o nulla hanno delle svenevoli Pons, Carosio degli anni fra e due guerre.
Certo il Verismo aveva fatto di Norma una Aida o Leonora di Calatrava ante litteram e di Amina una delle tante derelitte, ingannate che partono da Amina e Lucia per arrivare a Gilda, Ofelia di Hamlet e tutta la serie dei soprani leggeri del repertorio francese.
Quindi Maria Callas, Norma dal 1948 ed Amina dal 1955 non fu rivoluzione, se mai restaurazione.
In realtà credo si debba partire dalla scrittura vocale dell’opera e dalla caratteristiche della prima interprete per capire tradizioni e deviazioni. Alcune delle quali propiziate dallo stesso autore.
Giuditta Pasta, qualificata contralto o “musico” nella prima parte della carriera e soprano in quella finale, deve la più pregnante della propria voce e della propria arte a Stendhal. Leggere, per sincerarsene la vita di Rossini. Al di là delle qualifiche la Pasta rifiutò sempre e ne costituisce testimonianza una lettera autografa indirizzata a Rossini i ruoli di contralto autentico. Fu esplicita nel dire al maestro di non perdere tempo a trasportare per lei la pare di Arsace. Lei cantava Semiramide. Ancora quando si esibiva con la Malibran nei duetti della Semiramide era quest’ultima a cantare Arsace, riservato alla Pasta il title role. Ancora nel Tancredi i trasporti erano molti, a partire dalla sortita alzata di un tono, al finale completamente modificato perché l’originale era troppo basso e nella Cenerentola dove le note sotto il si nat 3 erano omesse o trasportate, ossia l’aria “oh come rapida fuggi la speme” inserita nel Crociato in Egitto per il personaggio d’Armando con una serie di volate di cui l’ultima al si nat fa ritenere la Pasta un mezzo acutissimo o un soprano dal registro centrale ricco ed esteso. Elementi questi su cui molti hanno già da tempo scritto.
In fondo le scritture originali di Amina e Norma questo ci dicono.
Conta poco per chiarirsi la presenza di un mi bem toccato nel rondò di Amina a maggior ragione se leggiamo sul falsetto femminile i trattati di canto, in primis il Garcia o se ascoltiamo certe registrazioni dei primi del ‘900 dove Margarete Matzenauer come Azucena, Irene Abentrodt, come Semiramide o Ernestine Schumann-Henick, come Fides esemplificano questo tipo di emissione.
La scrittura di Amina rimane centrale a maggior ragione se si osservano le esatte tonalità dei duetti con Elvino, dove la scrittura di Amina e davvero centrale e pure il finale primo, normalmente eseguito alzato di mezzo tono, donde i do che Amina deve “sparare” diventano si nat. Nota che moltissimi mezzoprani del passato remoto o recente hanno esibito con una saldezza e sicurezza estranea a moltissimi soprani.
Poi è chiaro la tradizione di inserire, la difficoltà di reperire un tenore, capace di reggere la scrittura, anche come ritoccata da Bellini, della parte del protagonista maschile hanno portato alla Amina prima di Giulia Grisi od Erminia Frezzolini o della Lind ( tutte Norme di grande successo, magari giudicate carenti sotto il profilo della tragicità) sino ai soprani leggeri fra le due guerre.
Non dimentichiamo che Bellini con questo primo personaggio dovette avere presente che la cantante era esemplare in ruoli di accentuato patetismo tipo Nina di Paisiello piuttosto che Desdemona o Elena della Donna del Lago.
Alle prese con Norma un po’ Semiramide, un po’ Medea (ma quella di Mayr, specialità della Pasta) ossia con il personaggio coturnato, paradigma di quello che all’epoca veniva definito il sublime tragico mise in rilievo tutte le doti della cantante e dell’interprete Pasta nel genere tragico. A cominciare dalla maestria nei recitativi accompagnati di cui la parte sovrabbonda e dove è risaputo la Pasta esibisse fiati, appoggiature, inserimenti vari tutti predisposti alla amplificazione del personaggio.
Bellini non aveva la conoscenza delle voci di Rossini e di Donizetti nell’ adeguarsi alle esigenze del canto ed in qualche caso, credo, si lasciò prendere la mano. Basta raffrontare la cavatina di sortita della Bolena con quella di Norma. Sarà differente la situazione, ma Donizetti non sottopone a sforzi la voce, mentre Bellini dopo le prime battute di scrittura grave fa salire la voce verso l’alto con tanto di la ribattuti. E il momento più impervio (il terzetto che chiude l’atto primo) dove nell’incipit “no non tremare” la protagonista deve sparare due do acuti tutt’altro che agevoli. Bellini non riesce a coniugare apice drammatico e scrittura comoda come accade a Rossini con le scene di furore riservate alla Colbran o al Donizetti di Borgia e Bolena. Al confronto la stessa nota prevista per Anna nel finale “coppia iniqua” non è così apertamente scoperta, anche se arriva alla fine di una parte massacrante.
Ma credo rilevi in questo “farsi prendere” la mano anche la tensione drammatica mai così alta prima della Norma. Insomma il mancato rispetto della voce e delle esigenze vocali prima di tutto nasce da un’esigenza drammatica. Tanto è che altri mezzosoprani (in primis le sorelle Garcia) in più passi ricorreranno ad aggiustamenti di tonalità. Ed ai ritocchi e trasporti ricorrerà, protagonista di Sonnambula Marietta Alboni, il più famoso contralto degli anni ’50 dell’ottocento.
In buona sostanza le scritture vocali non sono così diverse. Le hanno nettamente differenziate inserimenti e tradizioni esecutive. E con fondamento. I due personaggi, pur pensati per la medesima cantante nei loro primi decenni di esecuzione, spesso affidati alle stesse cantanti toccano ed esprimono due generi differenti fra loro. Il tragico ed il patetico, che trovavano egual capacità espressive nella prima protagonista, grande cantante e, più ancora grande interprete. E non dimentichiamo che in Norma il personaggio patetico è Adalgisa, come Seymour in Bolena.
E’ logico, soprattutto in considerazione dell’evoluzione del gusto e della vocalità (penso sopratutto alla compresenza nei grand-operà di due tipi ben differenti di soprano) che il soprano di genere patetico-elegiaco si annettesse la contadinella elvetica e quello coturnato si aggiudicasse la tormentata sacerdotessa.
Poi i soprani patetici divennero sempre più acrobatici e quelli tragici sempre meno d’agilità Alla fina l’apparentemente insanabile dicotomia Toti dal Monte Gina Cigna. Per completezza di cronaca va anche precisato che assistiamo ad Amine old fashioned che vestono i panni di Norma.
Offrire oggi ascolti per Norma, che evitino percorsi ben noti, e siano al tempo stesso significativi non è facile anche per l’ascoltatore.
Si impone Joan Sutherland che, a differenza di Maria Callas non ritenne di modificare il colore della propria voce nell’affrontare i due personaggi. Qualche detrattore del soprano australiano potrebbe dire che questa Giulia Grisi del XX secolo non ne fosse capace.
Sotto il profilo della storia della vocalità e della sua evoluzione devono essere proposte Adelina Patti, con i raggiusti e le ingiurie del tempo sebbene solo in audio, piuttosto che Marcella Sembrich, per noi più interessante come Norma che come Amina per la fluidità dell’esecuzione che ricorda (anzi anticipa) quella di Joan Sutheland. Come è giusto crediamo proporre sia le Norme pre Callas, scegliendo o quelle che meno praticavano i vezzi del Verismo come Maria Pedrini o la giovane Milanov, sia le Amine dei soprani leggeri, quando in regola con la tecnica. Circa il gusto di queste è molto facile opinare.
Oggi pochi soprani hanno affrontato entrambi i personaggi. Amina è passata nell’orbita dei cosiddetti soprani leggeri e la sacerdotessa in quello dei soprani drammatici, o pseudo tali.
La contrapposizione nasce ai principi del secolo XX con le codifiche vocali del Verismo, prima del quale abbiamo soprani, che affrontarono sia Norma che Amina e rispondono al nome di Irene Abendroth, Maria Nemeth, e credo, Lilli Lehmann. Di assoluto interesse gli incunaboli della senescente Adelina Patti che però non fu mai Norma in teatro. Ancora le Amine delle prime registrazioni possono essere soprani lirici o lirico spinti come Rosina Storchio, Marcella Sembrich e Frieda Hempel che poco o nulla hanno delle svenevoli Pons, Carosio degli anni fra e due guerre.
Certo il Verismo aveva fatto di Norma una Aida o Leonora di Calatrava ante litteram e di Amina una delle tante derelitte, ingannate che partono da Amina e Lucia per arrivare a Gilda, Ofelia di Hamlet e tutta la serie dei soprani leggeri del repertorio francese.
Quindi Maria Callas, Norma dal 1948 ed Amina dal 1955 non fu rivoluzione, se mai restaurazione.
In realtà credo si debba partire dalla scrittura vocale dell’opera e dalla caratteristiche della prima interprete per capire tradizioni e deviazioni. Alcune delle quali propiziate dallo stesso autore.
Giuditta Pasta, qualificata contralto o “musico” nella prima parte della carriera e soprano in quella finale, deve la più pregnante della propria voce e della propria arte a Stendhal. Leggere, per sincerarsene la vita di Rossini. Al di là delle qualifiche la Pasta rifiutò sempre e ne costituisce testimonianza una lettera autografa indirizzata a Rossini i ruoli di contralto autentico. Fu esplicita nel dire al maestro di non perdere tempo a trasportare per lei la pare di Arsace. Lei cantava Semiramide. Ancora quando si esibiva con la Malibran nei duetti della Semiramide era quest’ultima a cantare Arsace, riservato alla Pasta il title role. Ancora nel Tancredi i trasporti erano molti, a partire dalla sortita alzata di un tono, al finale completamente modificato perché l’originale era troppo basso e nella Cenerentola dove le note sotto il si nat 3 erano omesse o trasportate, ossia l’aria “oh come rapida fuggi la speme” inserita nel Crociato in Egitto per il personaggio d’Armando con una serie di volate di cui l’ultima al si nat fa ritenere la Pasta un mezzo acutissimo o un soprano dal registro centrale ricco ed esteso. Elementi questi su cui molti hanno già da tempo scritto.
In fondo le scritture originali di Amina e Norma questo ci dicono.
Conta poco per chiarirsi la presenza di un mi bem toccato nel rondò di Amina a maggior ragione se leggiamo sul falsetto femminile i trattati di canto, in primis il Garcia o se ascoltiamo certe registrazioni dei primi del ‘900 dove Margarete Matzenauer come Azucena, Irene Abentrodt, come Semiramide o Ernestine Schumann-Henick, come Fides esemplificano questo tipo di emissione.
La scrittura di Amina rimane centrale a maggior ragione se si osservano le esatte tonalità dei duetti con Elvino, dove la scrittura di Amina e davvero centrale e pure il finale primo, normalmente eseguito alzato di mezzo tono, donde i do che Amina deve “sparare” diventano si nat. Nota che moltissimi mezzoprani del passato remoto o recente hanno esibito con una saldezza e sicurezza estranea a moltissimi soprani.
Poi è chiaro la tradizione di inserire, la difficoltà di reperire un tenore, capace di reggere la scrittura, anche come ritoccata da Bellini, della parte del protagonista maschile hanno portato alla Amina prima di Giulia Grisi od Erminia Frezzolini o della Lind ( tutte Norme di grande successo, magari giudicate carenti sotto il profilo della tragicità) sino ai soprani leggeri fra le due guerre.
Non dimentichiamo che Bellini con questo primo personaggio dovette avere presente che la cantante era esemplare in ruoli di accentuato patetismo tipo Nina di Paisiello piuttosto che Desdemona o Elena della Donna del Lago.
Alle prese con Norma un po’ Semiramide, un po’ Medea (ma quella di Mayr, specialità della Pasta) ossia con il personaggio coturnato, paradigma di quello che all’epoca veniva definito il sublime tragico mise in rilievo tutte le doti della cantante e dell’interprete Pasta nel genere tragico. A cominciare dalla maestria nei recitativi accompagnati di cui la parte sovrabbonda e dove è risaputo la Pasta esibisse fiati, appoggiature, inserimenti vari tutti predisposti alla amplificazione del personaggio.
Bellini non aveva la conoscenza delle voci di Rossini e di Donizetti nell’ adeguarsi alle esigenze del canto ed in qualche caso, credo, si lasciò prendere la mano. Basta raffrontare la cavatina di sortita della Bolena con quella di Norma. Sarà differente la situazione, ma Donizetti non sottopone a sforzi la voce, mentre Bellini dopo le prime battute di scrittura grave fa salire la voce verso l’alto con tanto di la ribattuti. E il momento più impervio (il terzetto che chiude l’atto primo) dove nell’incipit “no non tremare” la protagonista deve sparare due do acuti tutt’altro che agevoli. Bellini non riesce a coniugare apice drammatico e scrittura comoda come accade a Rossini con le scene di furore riservate alla Colbran o al Donizetti di Borgia e Bolena. Al confronto la stessa nota prevista per Anna nel finale “coppia iniqua” non è così apertamente scoperta, anche se arriva alla fine di una parte massacrante.
Ma credo rilevi in questo “farsi prendere” la mano anche la tensione drammatica mai così alta prima della Norma. Insomma il mancato rispetto della voce e delle esigenze vocali prima di tutto nasce da un’esigenza drammatica. Tanto è che altri mezzosoprani (in primis le sorelle Garcia) in più passi ricorreranno ad aggiustamenti di tonalità. Ed ai ritocchi e trasporti ricorrerà, protagonista di Sonnambula Marietta Alboni, il più famoso contralto degli anni ’50 dell’ottocento.
In buona sostanza le scritture vocali non sono così diverse. Le hanno nettamente differenziate inserimenti e tradizioni esecutive. E con fondamento. I due personaggi, pur pensati per la medesima cantante nei loro primi decenni di esecuzione, spesso affidati alle stesse cantanti toccano ed esprimono due generi differenti fra loro. Il tragico ed il patetico, che trovavano egual capacità espressive nella prima protagonista, grande cantante e, più ancora grande interprete. E non dimentichiamo che in Norma il personaggio patetico è Adalgisa, come Seymour in Bolena.
E’ logico, soprattutto in considerazione dell’evoluzione del gusto e della vocalità (penso sopratutto alla compresenza nei grand-operà di due tipi ben differenti di soprano) che il soprano di genere patetico-elegiaco si annettesse la contadinella elvetica e quello coturnato si aggiudicasse la tormentata sacerdotessa.
Poi i soprani patetici divennero sempre più acrobatici e quelli tragici sempre meno d’agilità Alla fina l’apparentemente insanabile dicotomia Toti dal Monte Gina Cigna. Per completezza di cronaca va anche precisato che assistiamo ad Amine old fashioned che vestono i panni di Norma.
Offrire oggi ascolti per Norma, che evitino percorsi ben noti, e siano al tempo stesso significativi non è facile anche per l’ascoltatore.
Si impone Joan Sutherland che, a differenza di Maria Callas non ritenne di modificare il colore della propria voce nell’affrontare i due personaggi. Qualche detrattore del soprano australiano potrebbe dire che questa Giulia Grisi del XX secolo non ne fosse capace.
Sotto il profilo della storia della vocalità e della sua evoluzione devono essere proposte Adelina Patti, con i raggiusti e le ingiurie del tempo sebbene solo in audio, piuttosto che Marcella Sembrich, per noi più interessante come Norma che come Amina per la fluidità dell’esecuzione che ricorda (anzi anticipa) quella di Joan Sutheland. Come è giusto crediamo proporre sia le Norme pre Callas, scegliendo o quelle che meno praticavano i vezzi del Verismo come Maria Pedrini o la giovane Milanov, sia le Amine dei soprani leggeri, quando in regola con la tecnica. Circa il gusto di queste è molto facile opinare.
Bellini – La sonnambula
Atto I
Come per me sereno – Beverly Sills, Frederica Von Stade
Finale I – Renata Scotto, Joan Sutherland
Atto II
Ah non credea mirarti – Adelina Patti, Joan Sutherland
Ah non giunge – Marcella Sembrich, Joan Sutherland
Atto I
Casta Diva – Adelina Patti, Marcella Sembrich, Maria Pedrini
Finale I – Zinka Milanov
Atto II
Dormono entrambi – Anita Cerquetti, Grace Bumbry
Ei tornerà – Gina Cigna, Anita Cerquetti
In mia man alfin tu sei – Maria Callas & Kurt Baum, Christina Deutekom & Aldo Bottion, Grace Bumbry & Ruben Dominguez
Qual cor tradisti – Maria Callas
Deh non volerli vittime – Renata Scotto