Queste compiacenze hanno talvolta assicurato la permanenza in repertorio di alcuni titoli. Penso, primi che mi vengono in mente, a Maria di Rohan per Mattia Battistini piuttosto che a Crispino e la comare per Luisa Tetrazzini o, in tempi più recenti, a riesumazioni come Esclarmonde per Joan Sutherland.
Lo stessa accadde al Metropolitan di New York con Fille du régiment.
Nel 1902 Marcella Sembrich, diva di lunghissimo corso del teatro nuovayorkese, affrontò il ruolo della orfana vivandiera donizettiana e benché il titolo venisse considerato una concessione alla diva venne ripetuto nella stagione successiva.
Nel 1917 fu, poi, il turno di un’altra grandissima cantante, che aveva sostituito la Sembrich nei ruoli di agilità al Met: Frieda Hempel.
Mancò, invece, all’appuntamento con Marie, la successiva grande chanteuse à roulades del Met, Amelita Galli–Curci, che, però, cantò Dinorah, altro titolo tipico del soprano di agilità. L’opera di Donizetti tornò “alla grande” con una francese, Lily Pons, dal 1932 al 1950 incontrastato soprano di coloratura del Met. Poi nel 1973 arrivò Joan Sutherland, che, non più freschissima nel 1983, ripetè l’opera e nel 1995fu la volta di June Anderson. Ora tocca a quel che resta di Natalie Dessay.
Va precisato che dalla ripresa del 1972 la ripresa del titolo implicò anche, come è giusto attesa la scrittura vocale, la presenza di un tenore dal registro acuto facile ed esteso. In specifico Alfredo Kraus nel 1983 e Luciano Pavarotti splendido nel 1972, da dimenticare, per comprensibili motivi, nel 1995.
Se, appunto, si esclude la Galli-Curci fra le habitué del Met e cantanti che, invece, con il Met hanno avuto rapporti saltuari come Toti dal Monte, Luciana Serra ed Edita Gruberova, tutti i soprani d’agilità si sono misurati con il personaggio donizettiano. Fra l’altro l’opera, dalla scrittura originale piuttosto semplice, è sempre stata considerata dalle dive un canovaccio nel quale inserire quel che più conveniva sotto il profilo musicale (non dimentichiamoci che una scena di lezione è sempre occasione per tali operazioni), per sfoggiare le qualità di attrice comica e far vibrare la corda patetica.
Insomma una parte che soddisfa ogni esigenza vocale ed interpretativa.
Poco o nulla rimane della Maria di Marcella Sembrich, ripresa in una recita dal vivo nei famosi cilindri Mapleson. Una sezione del duetto con il tenore e parte del Rataplan.
La Sembrich all’epoca delle recite era sui 50 anni e cantava da quando ne aveva 16. In alto suona un poco fissa, ma all’ascoltatore abituato alla registrazione fortunosa non può sfuggire che le varianti del Rataplan sono le stesse che eseguirà oltre mezzo secolo dopo Joan Sutherland, che il timbro non ha nulla a che vedere con quello del soprano leggero e neppure il gusto e soprattutto che la voce sembra avere una proiezione ed una espansione fenomenali nella sala.
Caratteristiche queste ultime che si comprendono anche dal repertorio che era da soprano lirico e addirittura lirico spinto.
Anche Frieda Hempel vantava una espansione ed una proiezioni oggi sconosciute. In difetto accanto ai tipici ruoli del soprano leggero non avrebbe mai potuto essere una Marescialla credibile e possibile, tenuto anche conto dell’orchestrale denso del capolavoro di Strauss. Nella scena della lezione Frieda Hempel esercitava tutti i propri diritti di primadonna inserendo le famosissime variazioni di Proch.
Il timbro, il colore della voce, però, ed in parte il gusto erano già differenti da quello della Sembrich, ritenuta la cantante più simile ad Adelina Patti, ossia alle grandi virtuose di scuola italiana. Nei dischi ufficiali del soprano polacco, tenuto conto di età e metodi primordiali di registrazione, la Sembrich ha un mordente nell’esecuzione delle agilità, che sarà quello delle cantanti dei nostri giorni Beverly Sills e soprattutto Joan Sutherland, che ha sempre dichiarato di ispirarsi a quelle registrazioni.
Se dal confronto con quel poco che avanza di una Sembrich Frieda Hempel può apparire meno vicina al nostro gusto, la Marie di Lily Pons è una autentica inflizione.
Le prime due sono soprani d’agilità, la Pons, per parlare fuori di ogni metafora, rientra nel genere definito, senza troppi complimenti, dei soprani coccodè. Genere censurato e vituperato non per il timbro vocale, ma per i vizi e vezzi di emissione ed interpretazione.
Nonostante una certa tendenza alla condanna facilona negli anni ’80 Luciana Serra ed Edita Gruberova hanno offerto una versione stilisticamente e tecnicamente ineccepibile del vituperato soprano leggero. Non per nulla sono state grandi interpreti di Marie.
La voce della Pons, infatti, suona bianca, l’emissione aperta, il virtuosismo ridotto a picchettati e staccati, che trovano la loro apoteosi nell’aria finale dove la protagonista interpola debitamente arricchita – di staccati e picchettati e neppure troppo acuti – la cabaletta della Rosmonda d’Inghilterra. Di Donizetti resta poco o nulla a favore di Chabrier o di Suppé. Ma la Pons fu per il pubblico del Met un mito. Gusto, mentalità non saprei. Paradossalmente Lily Pons è assai meno censurabile in parti come Gilda e forse anche come Lucia, dove la scrittura vocale e le esigenze drammatiche limitano le possibilità di fare sfoggio dei cosiddetti coccodè.
Barbiere e Fille sono il polo negativo del gusto e della vocalità del soprano francese.
Con la ripresa del 1972 anch’essa nata sulla scia del trionfo che a Londra ed in sede discografica avevano avuto Joan Sutherland e Luciano Pavarotti si ritorna ad un soprano di agilità che nulla ha del soprano coccodè.
Anzi Joan Sutherland pur sfoggiando un registro acuto e sopracuto sfavillante ed una impeccabile esecuzione di ogni tipo di acrobazia nulla aveva dell’usignolo meccanico. Parlare del legato, del mordente e slancio del virtuosismo è un argomento scontato e conosciuto a tutti. Si può dire: basta ascoltare.
Solo Beverly Sills, che affrontò in inglese e nel teatro di fianco al Met (la New York City Opera) il personaggio donizettiano, può reggere il confronto, pur con una voce ben più modesta, ma una verve scenica inarrivabile. Qui oltre oltre al basta ascoltare vale anche il basta guardare. Anche se la Sutherland proprio in Marie ha dato una prova di sapersela cavare con onore sulla scena.
Il basta ascoltare ed il basta guardare quale suggerimento può valere soprattutto in considerazione della attuale situazione del canto sopranile per June Anderson. Al suo apparire in Italia dopo una Semiramide romana, il soprano di Boston si presentò a Parma con Alfredo Kraus. Era bellissima da vedere, ricordava la voce e il virtuosismo della Sutherland (ed anche, in bello, l’aspetto fisico). Inutile dire che fu un trionfo. Nonostante i più smaliziati avessero rilevato qualche suono schiacciato, qualche suono spinto, che nel prosieguo della carriera si sarebbero accentuati, soprattutto nelle parti centrali che la Anderson si ostinava a cantare , e malgrado l’allestimento con tavole pittate e velari non fosse né particolare né nuovo. Bastavano e avanzavano a guadagnarsi venti minuti di applausi Kraus e la Anderson. Per la cronaca l’allestimento è quello che lo scorso anno determinò “il gran rifiuto” di Natalie Dessay a cantare il titolo in Scala.
Madame Dessay sarà la Marie del Met in questo mese di aprile.
Donizetti – La fille du régiment
Atto I
Au bruit de la guerre – Joan Sutherland (con Fernando Corena)
Chacun le sait, chacun le dit – Frieda Hempel
Depuis l’instant où, dans mes bras – Marcella Sembrich & Thomas Salignac (Cilindro Mapleson), Frieda Hempel & Hermann Jadlowker, Joan Sutherland & Luciano Pavarotti, June Anderson & Alfredo Kraus
Ah! mes amis, quel jour de fête! – Luciano Pavarotti, Alfredo Kraus
Il faut partir – Joan Sutherland
Atto II
Scena della lezione – Marcella Sembrich (Cilindro Mapleson), Joan Sutherland (con Regina Resnik e Fernando Corena)
Par le rang et par l’opulance…Salut à la France – Frieda Hempel, Lily Pons (aggiunta di Torna, torna, o caro oggetto dalla Rosmonda d’Inghilterra), Joan Sutherland
Pour me rapprocher de Marie – Alfredo Kraus
Pare che Juan Diego Flórez abbia fatto faville al MET!
http://www.therestisnoise.com/2008/04/18-high-cs.html
….si si…
La Fille è un suo ruolo, non c’è che dire!