Il Trillo di fine anno

Pare proprio che il solo difetto nell’esecuzione dei trilli con cui non si venga ammorbati dal costume del malcantare corrente sia quello dell’abuso. Non patiamo più certo gli eccessi “sillsiani” nell’infarcire i brani, ma nelle male esecuzioni soffriamo, al contrario, di tutte le patologie che il vecchio Tosi, ad inizio XVIII secolo, ben descriveva:
“….Molti sono i difetti del trillo che bisogna sfuggire….quel trillo che si fa sentir sovente, ancorché fosse bellissimo, ora non piace; quel che si batte con disuguaglianza di moto dispiace; il caprino fa ridere, perché nasce dalla bocca come il riso, e l’ottimo nelle fauci; quel che non è prodotto da due voci in terza disgusta; il lento annoja; e il non intonato spaventa….”.

Esistono forse oggi grandi trillatori? Ovunque si cerchi, uomini, donne, terzo sesso et seguenti ( vocale beninteso! ) di ogni sorta di falsettista e similcastrato che sia, tutti mal trillano o non trillano per niente, e ciò ad onta dell’odierna moda baroccara. Anzi proprio i signori praticanti del canto settecentesco fanno il peggior scempio di una delle figure, forse la più nobile e distintiva, del canto d’agilità: “ Chi ha un bellissimo trillo , ancorché fosse scarso d’ogni altro ornamento, gode sempre il vantaggio di condursi senza disgusto alle cadenze, ove perlopiù è essenzialissimo; E chi n’è privo ( o non l’abbia che difettoso ) non sarà mai gran Cantante benché sapesse molto……che lo Scolaro giunga ad acquistarlo eguale, battuto, granito, facile e moderatamente veloce, che sono le sue qualità più belle…”, lo dice sempre il nostro Pier Francesco Tosi, e dopo di lui il Mancini, quindi il Garcia etc.. Con buona pace degli isterici trillamenti dentali tipo macchina da cucire delle dive del barocco femminile e femmineo, come dei gorgoglii ingolfati dei moderni travesti del belcanto.

Figura nobile e nobilitante del canto, quello di scuola, cui la letteratura d’epoca dedicava ampio spazio, classificati in otto gruppi perlopiù, variamente definiti, e dettagliate note di tecnica esecutiva. Ritenuto espressamente “indispensabile compimento” delle cadenze, more Sutherland tanto per intenderci, poteva ritrovarsi scritto dal compositore e/o inserito dall’esecutore in brani dal carattere più disparato, dal comico al tragico, dall’isterico all’astratto. Rabbia, nevrosi, sublime distacco, la figura si fletteva ad ogni genere di scrittura, grazie alla varietà dei modi esecutivi possibili che i grandi cantanti sapevano dominare. Trillavano tutti nel mondo di Rossini, il tenore tragico e comico, eroe positivo e negativo, contraltino o baritenore; trillava l’amoroso en travesti come già aveva fatto il castrato prima di lui; trillava l’eroina tragica come il soprano assoluto; trillavano i bassi, come Mosè e Maometto II.
Si trillava anche con Bellini e Donizetti. Norma esprimeva la rabbia contro Pollione per Adalgisa a suon di trilli, prima di sfogarsi nell’acuto, ma trillava anche il nobile Don Alphonse nel cantare il proprio innamoramento per Favorite. Trillava Bolena nella tragica salita al patibolo, ma ancor più spericolati i trilli dell’amato Percy, nella medesima situazione.
Con Verdi la figura divenne ancor più funzionale alla caratterizzazione di certi lati dei personaggi, come la componente aristocratica della figura del marchese di Posa, o quella astratta e favolistica del personaggio di Leonora del Trovatore come il di lei contraltare, Azucena, nell’allucinato ricordo dell’infanticidio nel fuoco che arde e stride ancora nella sua mente. Avevano già trillato prima di loro l’innamorata Amalia dei Masnadieri, la luciferina Lady nello spettrale brindisi del banchetto, la sanguinaria Abigaille. Anche Violetta si rianima in punto di morte eseguendo dei trilli, mentre la dolce Gilda, tutta presa dai suoi pensieri amorosi, esce di scena su un lungo trillo tenuto in “morendo”. Si trillò a lungo, dunque, nel post belcanto ma anche in ossequio ai modi del Grand-Opéra, come Elena del Bolero dei Vespri. Prima di lei avevano trillato gli interpreti degli Ugonotti, dal gigantesco Marcel nel “Piff paff”, poi nel duetto con Valentine; la ieratica Fides di Prophète, e prima ancora di loro Eudoxie di La Juive ed Elvira di La Meutte. La Marguerite del Faust di Gound aveva trillato nell’Opéra Lyrique per la felicità di vedersi adornata di gioielli; Mignon e Philine trillarono più tardi per la gioia all’Opéra Comique.
Nel corso dell’Ottocento poi lo stilema ebbe ancora vita in situazioni particolarissime ma stupefacenti. Il lato selvaggio di Brünnhilde venne accentuato, nell’ Hojotoho, dalla scrittura di trilli; ne La regina di Saba di Goldmark la seduzione della schiava in simulate vesti regali si incentrava sull’esecuzione dell’arcaica figura; la pazzia di Margherita del Mefistofele finì per affidarsi anche alla nevrotica esecuzione di trilli come da tempo tutte le alienate del melodramma, Lucia in primis, grazie agli inserimenti delle intepreti.

Gli antichi sapevano articolare in forma assai più estesa il fatto che il trillo di grande qualità esecutiva fosse peculiarità del canto di grande tecnica: noi oggi ci limitiamo a tramandare che una voce in ordine trilla con facilità, le altre no. E potremmo quasi fare del trillo il parametro di analisi delle moderne voci per verificare quanto si sappia o non si sappia cantare oggi. Ancora elettrizzati dai trilli ostentati e galvanizzanti di un Blake o di una Dupuy (la Scala ben ricorda la messa di voce sul trillo ribattuto, attaccato di spalle al pubblico nella ripresa della cabaletta della cavatina di Malcolm nella Donna del Lago) o, prima ancora, dai leggendari mezzi trilli della Sutherland nel tragico rondò di Borgia come nel “Notte terribile, notte di morte” di Semiramide, attendiamo da molto tempo che nasca qualcuno in grado di trillare come loro. In un mondo dove i punti coronati nelle opere di belcanto vengono il più delle volte cestinati alla “tantonessunoseneaccorge”, ci rendiamo conto di avere anacronistiche pretese, destinate a rimanere vane! Vi pare questa l’epoca per aspettarsi un trillo ben eseguito? O di attendersi un trillo “mordente”? O un mezzo trillo? O un trillo “cresciuto”? Un trillo ribattuto? O “calato”? O un trillo “raddoppiato”? Di aspettarsi che una voce maschile, magari grave, trilli al di fuori del repertorio belcantista?
La perdita della tradizione esecutiva, ed ancor prima tecnica, è documentata con evidenza nella storia del disco. Strepitosa trillatrice Frida Leider, trillatrice wagneriana ma anche nel canto verdiano, ed altrettanto stupenda Rosa Raisa, in una delle più belle ed emozionanti esecuzioni del “D’amor sull’ali rosee”, o la famosissima esecuzione dello “Stride la vampa” della Onegin, la più fedele esecuzione della scrittura verdiana. Eppure sono gli uomini i più impressionanti per noi oggi. Il Don Alphonse di Endrèze stupisce per la perfezione esecutiva del trillo, che, unitamente alla linea musicale, dà al suo canto un vero status regale, come pure stupisce la facilità esecutiva di Plancon. Di Jadlowker abbiamo già parlato altre volte, ed è lì da ascoltare, in “Fuor del Mar” o nella cadenza dell’aria di Raoul. Così come trillavano i soprani spinti e drammatici, trillavano i tenori di forza, come prova Leo Slezak nell’”Ah si ben mio”, un medicamento per le orecchie, dopo la ridicola e maldestra esecuzione che ci è toccato sentire in quel di Parma recentemente.
Certo, quando si pensa ai trilli stupendi esibiti nella pazzia di Margherita da Magda Olivero, che con il belcanto nulla ebbe che fare, vien da pensare al rimando di Garcia all’esecuzione della messa di voce, rimando certo non casuale: strepitosa esecutrice di forcelle di ogni tipo Magda Olivero, guarda caso abile trillatrice all’occorrenza.
Il passato insegna e racconta, per iscritto e per audio: quanto a trilli lo spettatore di oggi può esercitare solo l’arte della memoria.

Gli ascolti

Rossini – Mosè

Atto II

Eterno, immenso, incomprensibil Dio…Celeste man placataNazzareno de Angelis (1927)

Rossini – La donna del lago

Atto I

O quante lagrimeMartine Dupuy (1986)

Bellini – La sonnambula

Atto II

Ah! Non credea mirartiAdelina Patti (1906)

Donizetti – Lucia di Lammermoor

Atto III

Ardon gl’incensiAmelita Galli-Curci (1917)

Donizetti – Lucrezia Borgia

Atto II

Il segreto per esser feliciErnestine Schumann-Heink (1909)

Era desso il figlio mio Joan Sutherland (1972)

Donizetti – La favorite

Atto II

Jardins de l’Alcazar…Léonor, viensArthur Endrèze (1932)

Meyerbeer – Les Huguenots

Atto I

Plus blanche que la blanche hermineHermann Jadlowker (1912)

Meyerbeer – L’Africaine

Atto II

Sur mes genouxMargarethe Matzenauer (1912)

Verdi – Il trovatore

Atto II

Stride la vampaSigrid Onegin (1922)

Atto III

Ah! Sì, ben mioLeo Slezak (1906)

Atto IV

D’amor sull’ali roseeRosa Raisa (1918)

Gounod – Philemon et Baucis

Atto I

Au bruit des lourds marteaux Pol Plançon (1905)

Goldmark – Die Königin von Saba

Atto II

LockrufSelma Kurz (1925)

Bizet – Carmen

Atto II

Halte là!René Lapelletrie (1919)

Wagner – Die Walküre

Atto II

Hojotoho!Frida Leider (1927)

Boito – Mefistofele

Atto III

L’altra notte in fondo al mare Magda Olivero (1962)

Venzano

Oh! Che assortaLuisa Tetrazzini (1913)

6 pensieri su “Il Trillo di fine anno

  1. Bel post come sempre.
    Solo da aggiungere che il trillo fu usato da Verdi anche come espressione di scherno. Vedasi "Qual vi piglia or delirio" di Rigoletto oppure "Quel messer Ford è un bue" di Falstaff.

    Auguri a tutti!

  2. Comunque Leo Slezak, nell'aria "Ah! Sì ben mio", non esegue alcun trillo, purtroppo. Tra i pochi che eseguono alla perfezione tutti i trilli previsti da Verdi, mi ricordo Jadlowker.

    Segnalo un altro magnifico trilluccio che certamente già conoscete… io l'ho scoperto ieri sera. Il baritono Heinrich Schlusnus nell'incisione del '27 del Brindisi dall'Hamlet di Thomas, esegue con disinvoltura un trillo perfetto che oggi nemmeno i soprani leggeri saprebbero imitare!!!

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