Per celebrare il traguardo degli
800.000 ingressi vogliamo regalarci un “concerto donizettiano”. Oggi, che si parla (e si straparla) di melodramma e belcanto, che si inventano (o si uccidono) festival e rassegne varie dedicate alla riscoperta o alla diffusione di repertori che non avrebbero, in realtà, alcun bisogno di promozione (soprattutto se effettuata con così scarsa professionalità e rispetto), resta sostanzialmente ignorata la figura di
Gaetano Donizetti. Il compositore bergamasco – che più di ogni altro, oggi, necessiterebbe di uno spazio a lui dedicato, di un’accademia che indaghi tra le pieghe nascoste del suo vasto catalogo, di una seria indagine filologica sulla sua opera, di un ripensamento generale del
modus esecutivo – incarna il nostro melodramma: con i suoi slanci, le sue debolezze, la sua arte, il suo mestiere. Donizetti, assai più di Bellini e del primo Verdi (per non citare i tanti minori), codifica il linguaggio che assumerà l’opera italiana dell’800, ne declinerà le forme, segnerà i suoi confini. Smarcandosi dall’ormai stanco canone rossiniano, importerà in Italia (anche inconsapevolmente) i primi accenti di quel romanticismo che in Europa era già ampiamente diffuso (e già aveva dato i primi grandi risultati artistici). Compositore in bilico tra artigianato ed ispirazione, dalla penna facile e dall’ineguagliabile istinto teatrale, ha saputo creare un linguaggio nuovo che ha condizionato la nostra musica sino al Verdi di Otello. A lui, nato un 29 novembre (che vogliamo immaginare freddo come questo, spruzzato di neve, chiuso e lombardo) di 213 anni fa, dedichiamo questo piccolo concerto, con quelle voci che rappresentano quella “civiltà del canto” che ancora possedeva il gusto di porgere la frase, di variare l’accento, di sfiorare le note, di eseguire con intelligenza (schivando le volgarità e le sbracature con cui l’allora trionfante verismo appiattiva e falsificava ogni repertorio)…che, insomma, possedevano quello stile di cui vive e si nutre il melodramma.
Gli ascolti
Donizetti
L’elisir d’amore
Atto I
Obbligato, ah sì obbligato – Fernando de Lucia & Ernesto Badini (1907)
Adina credimi – Tito Schipa (1928)
Atto II
Una furtiva lagrima – Tito Schipa (1929)
Lucrezia Borgia
Prologo
Com’è bello, quale incanto – Giannina Arangi Lombardi (1933)
Di pescatore ignobile – Checco Marconi (1907)
Atto I
Vieni, la mia vendetta – Francesco Navarini (1907)
Atto II
Il segreto per esser felici – Sigrid Onégin (1926)
M’odi, ah m’odi – Elena Teodorini (1904), Ines de Frate (1907)
Lucia di Lammermoor
Atto III
Ardon gl’incensi – Maria Ivogün (1917)
Fra poco a me ricovero…Tu che a Dio spiegasti l’ali – John McCormack (1910)
La favorita
Atto I
Una vergine, un angel di Dio – Alessandro Bonci (1905), Giuseppe Anselmi (1908)
Atto II
Vien Leonora – Arthur Endrèze (1932)
Ah l’alto ardor – Pasquale Amato & Margarete Matzenauer (1911)
Atto III
A tanto amor – Mario Ancona (1907)
O mio Fernando – Sigrid Onégin (1929)
Atto IV
Spirto gentil – Miguel Fleta (1926)
Don Pasquale
Atto I
Prender moglie?…Sogno soave e casto – Alessandro Bonci (con Ferruccio Corradetti – 1908), Tito Schipa (con Ernesto Badini – 1932)
Quel guardo il cavaliere – Amelita Galli Curci (1919)
Atto II
Cercherò lontana terra – Alessandro Bonci (1906), Tito Schipa (1921)
Atto III
Tornami a dir che m’ami – Amelita Galli Curci & Tito Schipa (1922), Maria Ivogün & Karl Erb (1917)
Don Sebastiano
Atto II
Deserto in terra – Alfred Piccaver (1914)
Atto III
O Lisbona – Mattia Battistini (1906)
Come sempre ascolti interessantissimi. Endreze è davvero da annoverare tra i grandi di ogni tempo, così come Piccaver.
Saluti
auguri per gli 800000 e grazie naturalmente per gli ascolti
Un applauso per gli 800.000 accessi, e soprattutto un sentito “grazie” per questo ricco e magnifico concerto!
Non conoscevo il baritono che qui ci proponete nell'aria di Alfonso dalla Favorita, ed è una scoperta straordinaria! Non è nemmeno citato nel dizionario "le Grandi Voci" di Celletti: qualcuno me ne può parlare per sommi capi?
Per il resto, tra gli ascolti qui proposti, trovo eccezionale la purezza virtuosistica della Ivogun (direi trascendentale!); nobile, soave, di gran qualità il canto di McCormack; strepitoso come solito Fleta, molto corretto e misurato Ancona, garbatissimo Piccaver; poi sentire la voce di Marconi, anche se usurata, è sempre una magia che ci trasporta in un'epoca antica in cui il canto era davvero espressione di somma civiltà, astratta sublimazione di atmosfere e sentimenti mai platealmente sgolati, ma romanticamente evocati (ed il Canto cos'è se non astratta contemplazione?). Magnifici poi la mia diletta Galli-Curci, la sontuosa ed austera perfezione vocale della Onégin, ed in fine il grande Battistini.
Mi piace molto di meno invece, qui, Navarrini, che esibisce una voce nerboruta ma emessa senza alcuna soavità e leggerezza.
Resta un grande concerto! E serva ad insegnarci che, senza il recupero di quella antica civiltà canora, a Donizetti non ci resta che dire addio. E, chiaramente, non solo a Donizetti.
Saluti
Vogliamo spiegarlo a direttori d'orchestra, direttori artistici e maestri di canto? vuoi provare?
bevenuto
io vorrei solo fare gli auguri a San Gaetano da Bergamo:-)
grazie…
Grazie di cuore. L'ho scaricato e pensavo di sentirlo domani, ma poi ho deciso di cominciare subito. Ascolti meravigliosi.
Grazie del "Concerto di Gala"!
Allora Donizetti esiste…!
(Perché è da un pò di anni ne avevo dei dubbi)