Gentile ed illustre signor Michele Pertusi,
non La conosciamo, neppure sappiamo se mai leggerà questa nostra, nata quale risposta ai Suoi interventi verso la poco felice, ma non prima in tal senso, edizione 2010 del Festival Verdi.
Raramente pensiamo sia opportuno che i cantanti esprimano il proprio sentire al di fuori del palcoscenico. Vi sono, però, situazioni contingenti e fasi della carriera, che lo consentono o, addirittura, lo propiziano in forza del privilegio dell’essere non scritturato per la presente edizione e parmigiano. A nostro avviso, infatti, anche nell’epoca in cui sono i media, in percentuale sempre più elevata, a determinare fortune e disgrazie delle carriere dei cantanti, quelli attivi e “calcanti” il palcoscenico dovrebbero dalle sole tavole dello stesso intervenire ed offrire risposte. Con i ferri del mestiere e null’altro, precisiamo.
Abbiamo, invece, assistito allo spettacolo, poco edificante, di interviste, interventi su siti internet amici, dichiarazioni e proclami, “j’accuse” e contestuali blandizie al pubblico, nonchè caccia alle streghe, ora diretta, ora indiretta a mezzo di prezzolati e raccogliticci mestatori, ricerche dei sedicenti perturbatori, animati da rissosi sentimenti extramusicali. Destinatario di tutta questa attività estranea alla musica il pubblico, loggione in particolare e foresti, ivi, allocati, rei soltanto di avere tenuto, fra l’altro con esemplare misura, il comportamento, che compete al pubblico, ossia dissentito e riprovato. Le agognate alternative sono i loggioni murati, le pubbliche liste di proscrizione.
Tutta questa farsa nulla ha a che vedere con il canto e tanto meno con l’ARTE.
Il cantante, come il direttore, come il regista, che accetta la scrittura e sale sul palcoscenico o sul podio, si assume ogni propria e conseguente responsabilità, che deriva da impreparazione o inadeguatezza al ruolo assegnatogli. E di impreparazione ed inadeguatezza, per regola antica e consuetudinaria quanto il teatro, non solo d’opera, ogni artista o denominato tale rende conto al pubblico.
I comportamenti fuori di questo canone, tanto copiosi in questi giorni nel corso del Festival offendono il pubblico e, più ancora, coprono di ridicolo chi li abbia posti in atto. Ripetiamo, non deve essere quella sopra descritta la difesa del buon cantante, del serio professionista. Ha bene detto un giovane loggionista scaligero, in trasferta a Parma: “Se canti bene non hai nulla da temere, tanto meno di questi tempi”.
Come nulla avrebbe da temere chi, chiamato a reggere le sorte delle istituzioni musicali, le reggesse con perizia e rettitudine. Perdoni i termini arcaici e desueti, altri più appropriati non ce ne sono a nostro avviso nella pur ricca lingua italiana.
E’ giusto, in primo luogo, domandarsi, come avevamo già proposto l’anno passato, il senso del festival Verdi, perchè Verdi, con Puccini e, fuor d’Italia, Wagner, detiene il 75% dei titoli usualmente in cartellone.
Se Festival Verdi ha da essere per superiore e, forse, non artistica statuizione sia, ma lo sia in modo tale che i titoli usuali non vengano eseguiti come accade negli altri e più grandi teatri al mondo. E’ doveroso che venga rispettata ora l’integrità, ora la consolidata tradizione esecutiva, magari pretermessa e perduta, che del titolo popolare venga offerta la versione alternativa, che dei titoli rimaneggiati si possano esaminare alla resa teatrale entrambe le versioni. E tanto per ripeterci gli esempi possono essere Trovatore od Otello in francese, Ernani con i documenti accomodi di Donizetti o gli inserimenti dovuti alle scelte di grandi primedonne, i due Simone, l’Aida del Cairo e l’Aida di Milano (oggi ascoltiamo un bell’ibrido delle due versioni)…
Questa è musicologia, questa è filologia, è servire il pubblico e l’autore e tentare di essere artisti e persona di cultura, l’esatto opposto di chi spera di lucrare i consensi dei critici di professione, che, invece, prima di ogni altro aspetto esibiscono consonanza di bandiera politica.
In altro blog ( www.luigiboschi.it ) abbiamo letto, e non sappiamo sino a quando saranno disponibili, le cronache dei Vespri e le tragicommedie della ricerca di un tenore in luogo dello scritturato, ufficialmente malato, di fatto indicato come pesantemente inadeguato e politicamente malato. Vero o verisimile che sia la storia poco importa, anzi nulla rileva. Rileva, invece, povertà culturale, prono asservimento a chi dovrebbe servire ed invece viene tenuto “in alto onore” e seguito nelle proprie indicazioni di cast, che sono, invece, indicazioni di agenzia. A meno che poi, come adombrato dal blog, ci sia altra e reciproca forma di asservimento e servizio.
Il tutto è sempre esistito, giustamente ci verrà obiettato, ma in questo momento privo di risorse di ogni genere per il teatro d’opera essere messi a conoscenza di queste storie di faciloneria ed impreparazione palese suona di offesa e presa in giro per il pubblico. Ed anche per Verdi. Più grave in terra di Parma? Questo non lo sappiamo, forse, siccome si vorrebbe essere il Festival Verdi.
Ossequi e ringraziamenti da due colleghi, Giulia Grisi de Candia e Domenico Donzelli, spettrali… ma solo per motivi di anagrafe!
non La conosciamo, neppure sappiamo se mai leggerà questa nostra, nata quale risposta ai Suoi interventi verso la poco felice, ma non prima in tal senso, edizione 2010 del Festival Verdi.
Raramente pensiamo sia opportuno che i cantanti esprimano il proprio sentire al di fuori del palcoscenico. Vi sono, però, situazioni contingenti e fasi della carriera, che lo consentono o, addirittura, lo propiziano in forza del privilegio dell’essere non scritturato per la presente edizione e parmigiano. A nostro avviso, infatti, anche nell’epoca in cui sono i media, in percentuale sempre più elevata, a determinare fortune e disgrazie delle carriere dei cantanti, quelli attivi e “calcanti” il palcoscenico dovrebbero dalle sole tavole dello stesso intervenire ed offrire risposte. Con i ferri del mestiere e null’altro, precisiamo.
Abbiamo, invece, assistito allo spettacolo, poco edificante, di interviste, interventi su siti internet amici, dichiarazioni e proclami, “j’accuse” e contestuali blandizie al pubblico, nonchè caccia alle streghe, ora diretta, ora indiretta a mezzo di prezzolati e raccogliticci mestatori, ricerche dei sedicenti perturbatori, animati da rissosi sentimenti extramusicali. Destinatario di tutta questa attività estranea alla musica il pubblico, loggione in particolare e foresti, ivi, allocati, rei soltanto di avere tenuto, fra l’altro con esemplare misura, il comportamento, che compete al pubblico, ossia dissentito e riprovato. Le agognate alternative sono i loggioni murati, le pubbliche liste di proscrizione.
Tutta questa farsa nulla ha a che vedere con il canto e tanto meno con l’ARTE.
Il cantante, come il direttore, come il regista, che accetta la scrittura e sale sul palcoscenico o sul podio, si assume ogni propria e conseguente responsabilità, che deriva da impreparazione o inadeguatezza al ruolo assegnatogli. E di impreparazione ed inadeguatezza, per regola antica e consuetudinaria quanto il teatro, non solo d’opera, ogni artista o denominato tale rende conto al pubblico.
I comportamenti fuori di questo canone, tanto copiosi in questi giorni nel corso del Festival offendono il pubblico e, più ancora, coprono di ridicolo chi li abbia posti in atto. Ripetiamo, non deve essere quella sopra descritta la difesa del buon cantante, del serio professionista. Ha bene detto un giovane loggionista scaligero, in trasferta a Parma: “Se canti bene non hai nulla da temere, tanto meno di questi tempi”.
Come nulla avrebbe da temere chi, chiamato a reggere le sorte delle istituzioni musicali, le reggesse con perizia e rettitudine. Perdoni i termini arcaici e desueti, altri più appropriati non ce ne sono a nostro avviso nella pur ricca lingua italiana.
E’ giusto, in primo luogo, domandarsi, come avevamo già proposto l’anno passato, il senso del festival Verdi, perchè Verdi, con Puccini e, fuor d’Italia, Wagner, detiene il 75% dei titoli usualmente in cartellone.
Se Festival Verdi ha da essere per superiore e, forse, non artistica statuizione sia, ma lo sia in modo tale che i titoli usuali non vengano eseguiti come accade negli altri e più grandi teatri al mondo. E’ doveroso che venga rispettata ora l’integrità, ora la consolidata tradizione esecutiva, magari pretermessa e perduta, che del titolo popolare venga offerta la versione alternativa, che dei titoli rimaneggiati si possano esaminare alla resa teatrale entrambe le versioni. E tanto per ripeterci gli esempi possono essere Trovatore od Otello in francese, Ernani con i documenti accomodi di Donizetti o gli inserimenti dovuti alle scelte di grandi primedonne, i due Simone, l’Aida del Cairo e l’Aida di Milano (oggi ascoltiamo un bell’ibrido delle due versioni)…
Questa è musicologia, questa è filologia, è servire il pubblico e l’autore e tentare di essere artisti e persona di cultura, l’esatto opposto di chi spera di lucrare i consensi dei critici di professione, che, invece, prima di ogni altro aspetto esibiscono consonanza di bandiera politica.
In altro blog ( www.luigiboschi.it ) abbiamo letto, e non sappiamo sino a quando saranno disponibili, le cronache dei Vespri e le tragicommedie della ricerca di un tenore in luogo dello scritturato, ufficialmente malato, di fatto indicato come pesantemente inadeguato e politicamente malato. Vero o verisimile che sia la storia poco importa, anzi nulla rileva. Rileva, invece, povertà culturale, prono asservimento a chi dovrebbe servire ed invece viene tenuto “in alto onore” e seguito nelle proprie indicazioni di cast, che sono, invece, indicazioni di agenzia. A meno che poi, come adombrato dal blog, ci sia altra e reciproca forma di asservimento e servizio.
Il tutto è sempre esistito, giustamente ci verrà obiettato, ma in questo momento privo di risorse di ogni genere per il teatro d’opera essere messi a conoscenza di queste storie di faciloneria ed impreparazione palese suona di offesa e presa in giro per il pubblico. Ed anche per Verdi. Più grave in terra di Parma? Questo non lo sappiamo, forse, siccome si vorrebbe essere il Festival Verdi.
Ossequi e ringraziamenti da due colleghi, Giulia Grisi de Candia e Domenico Donzelli, spettrali… ma solo per motivi di anagrafe!
Gli ascolti
Verdi – Un ballo in maschera
Atto II
Ecco l’orrido campo…Ma dall’arido stelo divulsa – Antonietta Stella (1956)
Atto III
Forse la soglia attinse…Ma se m’è forza perderti – Bruno Prevedi (1968)
Verdi – Aida
Atto I
Ritorna vincitor – Maria Chiara (1984)
Verdi – La forza del destino
Atto III
La vita è inferno all’infelice…O tu, che in seno agli angeli – Francesco Merli (1926)
Nè gustare m’è dato…No, d’un imene il vincolo – Richard Tucker & Mario Sereni (1960)
Atto IV
Invano Alvaro…Le minacce, i fieri accenti – Aldo Protti & Mario del Monaco (1953)
Non imprecare, umiliati – Tancredi Pasero, Francesco Merli & Bianca Scacciati (1931)
direi: ben detto!
Wow, strepitoso il duetto tra Tucker e Sereni!!
Amen!
@Cotogni: Eh, sì… Tucker!
(poi… averci un Sereni in giro oggi!)