Ester Mazzoleni fu uno dei maggiori soprani drammatici del primo ventennio del ‘900, periodo, questo, assai fecondo di grandi voci di genere spinto. I nomi di Eugenia Burzio, Giannina Russ, Amelia Pinto, Celestina Boninsegna e Tina Poli Randaccio evocano in Italia una ricchezza di voci ed interpreti, talune storiche,ai più ripetuta. Ester Mazzoleni non fu né la più famosa, né la più particolare, ma le numerose registrazioni, che spaziano da Spontini a Mascagni sono esempio per linea di canto, gusto, varietà di fraseggio. Tutte qualità oggi perse o rarissime. La Mazzoleni partecipò a riproposizione di titoli dimenticati quali Medea di Cherubini, Vestale e Fernando Cortez di Gaspare Spontini, ma anche del repertorio verdiano come i Vespri siciliani. La cantante dalmata ( ma di chiara origine lombarda) registrò sia la grande aria di Giulia che quelle della Duchessa Elenca. Sono tutte esemplari e meritano di essere ascoltate non per la qualità vocale e tecnica della cantante, ma per la linea di canto e l’interpretazione, anzi il fraseggio come si diceva allora. Esemplari la dizione chiara e scolpita; la facilità della voce sia in zona acuta facile e squillante anche nella scrittura disagevole di Vestale, la castigatezza dell’accento ed il gusto, il legato in ogni zona della voce e per la dinamica sfumata. E questo con la costante della nobiltà e regalità’ dell’accento, che non scade mai nell’effetto facile e plateale. Basta sentire l’andante “Tu che invoco”, in certe frasi tutt’altro che quali “le mie smanie i miei contrasti” oppure l tono da dialogo intimo ed estremo dell'”Arrigo ah parli a un core”, che, senza mai superare il mezzoforte, coglie la tragedia del contrasto fra amore e natali di Elena. E, poi, qualche somaro radiofonico o della carta stampata parla di soprano verista, quale sinonimo di esecuzione facilona e schiatta.