Dopo il decennio di quasi esclusiva di Emma Eames il Met trovò un’altra Tosca ufficiale in Geraldine Farrar. Mentre in Europa ed in Italia soprattutto si alternavano due idee interpretative del personaggio quella teatrale e verista, che muoveva da Emma Carelli contrapposta a quella che, generalizzando si può dire cantata di una Farneti o della Storchio negli States l’esigenza principale era l’avvenenza della cantante. Una scelta facile a capirsi. Un pubblico, che poco o nulla comprendeva la lingua italiana, limitava all’aspetto fisico ed alla recitazione il mito della cantante-attrice di impronta verista. In questo aspetto si deve capire il perché di una ristretta popolarità di certi titoli verista negli Stati Uniti. Titoli come Adriana, Fedora, Francesca, Iris ed Isabeau conobbero poche o nulle rappresentazioni e non solo al Met. Quindi anche la Tosca della Farrar, popolare come una rock star di oggi, si ferma in superficie. Canta correttamente (ma a quel tempo la conoscenza di grammatica del canto non erano neppure da discutere), con un suono gradevole, morbido, inficiato, però, da acuti fissi e da una dinamica piuttosto limitata e da una articolazione piuttosto inerte. La verità è che il Met almeno sino al 1916 una vera Tosca (forse la più grande dalla prima di Roma) non la sentì.