In ritardo, rispetto agli eventi del Festival cremonese, pubblico le mie impressioni del concerto di Fabio Bonizzoni con il suo gruppo, La Risonanza, dedicato a Bach e alla memoria di Harnoncourt. Tuttavia il tempo trascorso – quasi due mesi dal 26 di maggio – non mi ha fatto mutare opinione su ciò che si è sentito e su ciò che è mancato: un sentimento misto di delusione e soddisfazione, infatti, accompagna il ricordo della serata. Innanzitutto voglio muovere una critica all’organizzazione del Festival che, se è da elogiare per lo sforzo (ripagato dal successo, ma sicuramente non dai fondi che uno Stato sempre più sordo e cieco ai bisogni della cultura dispensa col contagocce e su base di criteri che con la qualità dell’offerta c’entrano assai poco), quest’anno ha mostrato più di una pecca, a cominciare dall’assurda e punitiva gestione degli spazi in Cattedrale in occasione del concerto finale offerto da Gardiner. In questo caso la locandina (e il programma preliminare, distribuito sin da febbraio) recitava “Concerti Brandeburghesi”: occasione imperdibile per chi ama la musica di Bach di ascoltare il suo più celebre ciclo concertistico, inteso come campionario di virtuosismi attraverso l’uso dei più diversi intrecci strumentali nell’esplorazione – una vera e propria summa – di scrittura orchestrale e solistica. Tutto faceva pensare ad un’esecuzione completa: e invece no. Con l’approssimarsi dell’inizio del Festival il dettaglio dei concerti rivelava che sei 6 lavori ne sarebbero stati eseguiti solo 3 (il n° 3, il n° 5 ed il n° 6) con l’aggiunta della Suite Orchestrale n° 2, lavoro di stile e struttura completamente differente dai Brandeburghesi. Le ragioni di tale scelta – deludente – risiedono nella scelta di eseguire solo i concerti che non necessitassero l’utilizzo di ottoni e altri strumenti a fiato (salvo il flauto), perdendo così il senso complessivo di quell’enciclopedia strumentale che è, a tutti gli effetti, il ciclo dei Brandeburghesi. Digerita malvolentieri la pillola, il concerto ha regalato comunque degli splendidi momenti, tra cui non si può non citare la splendida esecuzione del n. 5 con la sua celebre e travolgente cadenza per cembalo. La Risonanza si dimostra compagine di gran livello sia nella cura del suono, sia nella ricerca di varietà ed espressività, molto lontana, dunque, da rigidità e meccanicità dimostrate spesso da altri interpreti bacchiati. Certo non tutte le ciambelle riescono col buco, e così accanto alle ottime esecuzione dei concerti n° 3 e n° 5 e della Suite in Si Minore, si è ascoltato il difficile concerto n° 6 – con quel delicato equilibrio tra l’ostinato ritmico, il colore scuro e l’accompagnamento vellutato alle viole da braccio (protagoniste del brano, in cui spicca l’assenza di violini e strumenti “soprano”) – compromesso dall’evidente scordatura di una delle due viole che, per tutto il concerto, ha suonato non intonata al resto con l’immaginabile e sgradevole effetto dissonante che ha fatto mormorare la sala ed ha comportato, al termine, del pezzo, pochi ed imbarazzati applausi di mera cortesia. Davvero intollerabile che accada uno svarione del genere, soprattutto in un’esecuzione che, generalmente è stata ottima. Con l’amaro, dunque, per il programma dimezzato e l’incidente della viola stonata, pur compensati dal resto, propongo tra gli ascolti, alcuni esempi recenti e risalenti nel tempo dell’intero corpus dei Brandeburghesi (e della Suite): rinnovo i complimenti – comunque sia – al Festival Monteverdi e buon ascolto!
Gli ascolti:
Concerto brandeburghese n° 1 in Fa maggiore BWV 1046 (Claudio Abbado)
Concerto brandeburghese n° 2 in Fa maggiore BWV 1047 (Karl Richter)
Concerto brandeburghese n° 3 in Sol maggiore BWV 1048 (Nikolaus Harnoncourt)
Concerto brandeburghese n° 4 in Sol maggiore BWV 1049 (I Musici)
Concerto brandeburghese n° 5 in Re maggiore BWV 1050 (Christopher Hogwood)
Concerto brandeburghese n° 6 in Si bemolle maggiore BWV 1051 (Raymond Leppard)
Suite n° 2 in Si minore BWV 1067 (Ton Koopman)
Bonus:
n° (Fritz Reiner)
n° 2 (Otto Klemperer)
n° 3 (Sergiu Celibidache)
n° 4 (Benjamin Britten)
n° 5 (Wilhelm Furtwängler)
n° 6 (Herbert von Karajan)
Suite n. 2 (Busch Chamber Orchestra)