Cecilia Bartoli ritorna al Théâtre des Champs-Élysées con un recital interamente dedicato a G.F. Händel donandosi con generosità a un pubblico che da anni la adora incondizionatamente. Un teatro gremito fino all’ultimo posto e un’atmosfera di fermento e curiosità hanno caratterizzato fin dal principio la serata, la cui vera sorpresa è stata l’esibizione al naturale della celebre cantante romana senza l’ausilio di amplificazioni – seppure non invasive – come era stato per la Norma di ottobre e gran parte della sua carriera. Il programma, non molto ampio e da lei già più volte proposto, prevedeva l’esecuzione senza soluzione di continuità (applausi a parte) di brani orchestrali e arie di Händel che si sono venuti a configurare come una sorta di doppio medley operistico. Più che un recital di canto la Bartoli pare condurre da onnipresente (anche quando assente) protagonista uno show studiato con maniacale minuzia al fine di produrre con certezza pressoché matematica l’effetto desiderato in un pubblico che, di fatto, è un complice che pende dalle sue labbra. Ecco perciò i mormorii suscitati dagli abiti: uno splendido vestito blu con il busto ricoperto da una cascata di brillanti all’altezza del décolleté nella prima parte e un’abito di ispirazione maschile che risale al suo tour sui castrati nella seconda. Ecco quindi la poltrona e il tavolino idromunito posti al lato del sipario da cui la nostra assiste, sempre sorridente e plaudente, alle pagine orchestrali senza uscire di scena quasi mai. Ecco dunque i continui ammiccamenti all’orchestra, il suo seguire il ritmo musicale come trasportata da una forza interiore e, soprattutto, i suoi manierismi facciali, posturali ed espressivi che permettono di catalogare il genere del brano che si appresta ad affrontare fin dalle prime note. Ecco poi il suo modo di flirtare con il pubblico e di concedere i bis con ben studiata simpatia e generosità annunciandoli con la sua vocina da topolina. Ecco, infine, quelle furbissime trovate che le consentono di distrarre l’auditorio dall’esecuzione meramente vocale, trovate di cui la Bartoli è vera maestra e che sono spesso caratterizzate da elementi surreali e grotteschi. Ne citerei almeno tre: il primo bis col tamburello suonato da lei stessa e arricchito da una mini-coreografia; la splendida aria dalla Semele trasformata in un siparietto comico in cui Cecila si produce in espressioni e posizioni sempre più buffe e ridicole con l’ausilio di uno specchio nella prima parte e, nella ripresa, con un cellulare offertole dal primo violino mentre ricerca in un parossismo di inopportuna ilarità la posa giusta per scattarsi un selfie; infine, nell’ultimo bis si segnala nella cadenza finale un duello con il trombettista che è sfociato nel varietà vero e proprio mediante una scenetta che vedeva il solista, esasperato dalla bravura della cantante sempre in grado replicare quanto appena suonato, lanciarsi in un ardito passo Jazz che spinge la Diva, fintamente piccata, a rispondere con Summertime cui segue la coda dell’aria di Steffani. In questo tripudio d trash la Bartoli è stata adeguatamente accompagnata da Les Musiciens du Prince-Monaco, piccolo complesso fondato nella primavera di quest’anno dalla diva in persona che ha voluto mettere insieme i migliori elementi che ha incontrato nella sua carriera ricreando un’orchestra su modello di quelle delle corti del XVII-XVIII secolo. Pur essendo stata di qualità, l’esecuzione musicale – ovviamente con strumenti d’epoca – mancava di una cifra ben precisa che sapesse andare oltre la compitazione della splendida musica händeliana lasciando il segno e ricreando vivide atmosfere.
E il canto direte voi? Si tratta dell’elemento marginale della serata, un accessorio in queste esibizioni-show, affascinanti e divertenti per certi versi grazie alla presenza carismatica e non di rado caricaturale della Bartoli (se non si pensa ai danni immensi che questa donna ha prodotto nel mondo musicale), che hanno però ben poco a che fare con l’opera. Due parole per dovere di cronaca: la voce senza amplificazione spiazza perché è letteralmente uno spillo udibile a fatica nonostante le dimensioni dell’orchestra e l’interdizione del forte. Lo strumento della Bartoli non conosce espansione di suono in alcuna parte della gamma, le note sono come sfiorate e sembrano provenire da un luogo remoto posto al di fuori dal teatro: di fatto si è spesso costretti a immaginare il suono aguzzando incessantemente le orecchie e basta un respiro pesante di un vicino di posto per coprire quel poco che arriva. La Bartoli non rinuncia alle dinamiche e ai manierismi che caratterizzano le sue esecuzioni in studio, ma la voce è talmente debole da vanificarne gli sforzi, le agilità sono risolte alla sua maniera ma senza il piglio spavaldo di un tempo, la fonazione è quella che tutti conoscono; solo nelle arie elegiaco-patetiche, eseguite quasi sempre in un pianissimo impercettibile da parte dell’orchestra, la cantante riesce a trovare i suoi momenti migliori. A conti fatti, però, l’esito più soddisfacente della serata resta il primo bis vivaldiano eseguito con quel piglio soubrettistico che resta la cifra di più vera di ciò che sarebbe dovuta essere Cecilia Bartoli.
Programma:
Arrivée de la Reine de Saba, extrait de Solomon
«Chiudi, chiudi i vaghi rai», « Questa è la reggia mia», Sinfonia, «Un leggiardro giovinetto», «Lascia la spina», récitatifs et airs extraits du Triomfo del Tempo e del Disinganno
Concerto pour Hautbois HWV 287 (soliste Pier Luigi Fabretti)
«Verso già l’alma col sangue», air extrait d’Aci, Galatea e Polifemo
Sinfonia de Rinaldo
«Oh sleep, why dost thou leave me», «Oh ectasi of hapiness… Myself I shall adore», airs extraits de Semele
Bataille de Rinaldo
«Mi deride… Destero dall’empia Dite», air extrait d’Amadigi
«Felicissima quest’alma», air extrait d’Apollo e Dafne (flûte solo Jean-Marc Goujon)
Sinfonia et Entrée des songes funestes, extraits d’Ariodante
«E vivo ancora?… Scherza infida in grembo al drudo», air extrait d’Ariodante
Concerto grosso HWV 313
«Ah, che sol per te, Teseo… M’adora l’idol mio», air extrait de Teseo
Bis
Antonio Vivaldi
« Sventurata navicella », air extrait de Giustino
« Sol da te mio dolce amore », air extrait d’Orlando Furioso
Agostino Steffani
« A facile vittoria », air extrait de Tassilone
Les Musiciens du Prince-Monaco
Splendida evocazione dello strumento vocale bartolesco: unica costante nella carriera di questa bizzarra entertainer.
Bravo Giovanni!
Grazie mille Lily