Ogni scuola di canto, in differenti epoche, ha avuto cantanti la cui fama si è estesa su successive generazioni di artisti, ispiratisi all’indiscusso modello. L’800 parla della schiera degli emuli od imitatori di Rubini a partire da Mario, il passaggio fra ‘800 e ‘900 degli eredi o emuli o imitatori di Caruso e l’ultima fonte di ispirazione e copia rimane, per certo, Maria Callas. Rispetto al modello ci sono vari atteggiamenti, quello corretto dell’ispirazione e quello errato della pedissequa imitazione. Fra questi capostipiti o modelli aggiungerei Lilli Lehmann (1848-1929) attiva sino ai primi anni del ‘900, quindi, con carriera quasi cinquantennale e forse la più completa cantante d’opera che il disco documenti. Le sue seguaci indossarono corazza e cornuti elmi di Brunlide e Isotta, ma praticavano il canto d’agilità e, dunque, alternavano a Isotta a Dinorah e Aida a Lucia. Nessuna, ecco il caso strano, fu allieva diretta della Lehmann, ma di altri soprani, ma il mito ed il modello era così forte ed evidente tanto nella tecnica di canto quanto e più nelle scelte di repertorio.
Individuerei in due soprani ungheresi Maria Nemeth (1897-1967) e Felicie Hüni-Mihacsek (1892-1976) due fra le ultime cantanti, che si rifecero per tecnica e gusto al modello Lilli Lehmann. Il repertorio fu abbastanza simile, leggermente più spinto quello della Nemeth passata alla storia giustamente per avere cantato Brunilde, Isotta (oltre che Elsa ed Elisabetta), ma anche la Regina della Notte, Costanza del Ratto dal serraglio e il Verdi pesante oltre che Norma e Rachele di Ebrea e Valentina di Ugonotti. La Huni evitò il Wagner da hochdramatische, ma cantò molto Strauss (Crisotemide e Marescialla) oltre che Mozart, Verdi e Wagner. Maria Nemeth svolse la più parte della propria carriera nel massimo teatro viennese, mentre la Huni divise la propria fra la capitale dell’ex impero asburgico ed il capoluogo della Baviera.
Era nata a Pecs nel 1892 ed aveva studiato canto con una famosissima insegnante Rosa Papier Paumgartner (maestra inoltre della Wildbrun della von Seebok della Pauly e pure della Mildenburg) ed il debutto era avvenuto nel 1919, quindi, non giovanissima a Vienna come prima dama del Flauto e alcune della Valchirie, ma presto, nella medesima stagione, cantò Elsa sotto la direzione di Strauss, che la diresse nella successiva quale donna Elvira. Nel frattempo nel massimo teatro viennese il repertorio si era ampliato con ruoli tipici del soprano di agilità quali Costanza, Eudossia di Ebrea e progressivamente la Huni aggiunse le parti di Berta Kiurina (1882-1943) ovvero il Wagner lirico, compresa Sieglinde, che a rigore richiede un tonnellaggio maggiore di quello del lirico puro, il Verdi drammatico di Ballo, Aida e Trovatore, passò da Donna Elvira a Donna Anna ed, infine, approdò ai ruoli straussiani quali Crisotemide e Marescialla. Dal 1932 debuttò a Monaco e nel teatro bavarese, proprio con Marescialla, diede nel 1953 l’addio alle scene. La matura nobildonna viennese era per tradizione il ruolo preferito dai soprani lirici di area mitteleuropea per la fase finale della carriera, come accadde a Lotte Lehmann e di lì a poco proprio a Vienna con un’altra Marescialla di levatura storica Maria Reining.
Dagli ascolti delle registrazioni in primo luogo emerge la virtuosa era davvero cospicua e di grande scuola come documentano sia i brani brillanti e da salotto come “Voci di primavera” o l’aria di Costanza dove la scrittura acutissima ed i lunghi passi vocalizzati come quello di cui alle battute quaranta seguenti, che portano la voce sino al re nat acuto o il famoso vocalizzo di chiusura del “Martern aller Arten” sono risolti con straordinaria disinvoltura senza che la voce mostri segni di tensione o vengano intaccate fluidità e scorrevolezza di vocalizzazione o il passo sia ridotto a mera esecuzione acrobatica.
Grande cantante mozartiana forse più adatta a donna Elvira che a donna Anna (a Vienna affrontò entrambi i ruoli rispettivamente nel 1921-26 e 1924-40) se il termine di paragone nel ruolo della figlia del commendatore sono le autentiche sontuose voci di soprano drammatico molto versate al canto di agilità come Barbara Kemp o l’inarrivabile Lilli Lehmann. L’esecuzione mozartiana di Felicie Huni tocca il suo zenith nel rondò di Fiordiligi, eseguito in tedesco (come già aveva fatto la Kiurina) e dove, oggi a distanza di ottant’anni, non sai se ammirare maggiormente l’accento casto ed inspirato, la grande facilità con cui un soprano lirico scende sino al la sotto ed affronta la tessitura centro grave (che ha creato problemi alle più esimie virtuose dell’ultimo mezzo secolo) o la fluidità di vocalizzazione.
L’altro gruppo di esibizioni su cui riflettere e fare confronti con l’oggi sono quelle verdiane relative al tardo Verdi come Aida o Leonora di Forza. I brani di Aida, eseguiti sempre in tedesco, sono i due duetti con il tenore, il partner è d’eccezione trattandosi di Rosveange, il maggior cantante di quell’area capace di rivaleggiare per squillo e penetrazione con i coetanei italiani e spagnoli.
L’esecuzione dei due cantanti non teme confronti ed è modernissima ove, con tale abusato termine, si intenda che i due innamorati bandiscono qualunque accento altisonante a vantaggio di un’ espressione dolce castigata e sognante con legato e pianissimi di eccezionale nitore ed esemplare sostegno sul fiato smorzature ad ogni quota e nel contempo acuti facili e squillanti controllo assoluto del suono. Si è molto celebrato ed assunto a modello l’atto del Nilo di Lauri Volpi e della Rethberg, ma quello della coppia Rosvaenge-Huni è per certi versi (intonazione del tenore, legato di entrambi e idea del personaggio del soprano) superiore. E la medesima eleganza e perfezione musicale emerge nel duetto della tomba dove la linea di canto ed il controllo tecnico di entrambi gli esecutori, estranei a qualsiasi faciloneria interpretativa (sia nella forma della declamazione verista che di una serie di rochi e soffocati falsetti, nell’ultimo Radames discografico spacciati per eleganza e finezza interpretativa) rende quello che dovrebbe essere il senso della pagina ovvero la sublimazione dell’amore fra i due personaggi. Nelle esecuzioni delle arie solistiche verdiane della Forza siamo davanti ad un’esecuzione vocalmente impeccabile, senza difficoltà negli acuti (per altro la Huni aveva iniziato come soprano di agilità, cantando anche la Regina della Notte) e con un registro grave scevro da ogni risonanza di petto. La varietà di fraseggio, la quantità e qualità delle smorzature la capacità di rendere strazio e paura di Leonora nel “me pellegrina ed orfana” sono davvero esemplari. Testimoniano quello che colpisce oggi e non solo con riferimento alla cantante di Pecs ossia come ottant’anni fa Verdi venisse eseguito con dovizia di sfumature, piani e pianissimi che non solo rispondevano alle esigenze dello spartito, ma ad una espressività, che erroneamente o meglio con faciloneria abbiamo attribuito al post Callas e che, invece, fa parte della tradizione interpretativa forse sopravvissuta più nelle terre degli imperi che non nella Patria del melodramma, ma ampiamente documentata per aiutarci a conoscere e giudicare il presente. Triste!
duetto Aida Radames atto terzo
Rondò donna Anna
duetto Aida Radames atto quarto
aria donna Elvira
Allegre comari di Windsor
Felicie Huni – Ach_ ich fühl´s (Die Zauberflöte)
Felicie Huni – Ach_ ich liebte (Die Entführung aus dem Serail)
Felicie Huni – Frieden_ Ruhe (Die Macht des Schicksals)
Felicie Huni – Frühlingsstimmen_ Walzer
Felicie Huni – Geschichten aus dem Wienerwald_ Walzer
Felicie Huni – Ich soll ihn wiedersehen (Der Postillon von Lonjumeau)
Felicie Huni – Martern aller Arten (Die Entführung aus dem Serail)
Felicie Huni – Noch hegt mich der geliebte Ort (Die Macht des Schicksals)
Felicie Huni – O verzeih_ verzeih_ Geliebter (Cosi fan tutte)
Felicie Huni – Seid meiner Wonne stille Zeugen (Alessandro Stradella)