Ascoltiamo oggi un tenore nostrano ed ancora vicino a noi nel tempo che in carriera si assunse l’onere di dar voce, seppur con tagli di tradizione, a numerosi ruoli del tardo belcantismo, Gianni Raimondi. Giannone il bolognese, dalla voce straordinariamente bella, ampia, omogenea in tutta la gamma, facilità impressionante a reggere le tessiture acute, ma anche interprete limitato, quasi che non avesse bisogno di fraseggiare per scuotere il suo pubblico e ricevere ovazioni. Fu Arnold numerose volte, anche alla Scala, Napoli e al Colon in forza proprio della sua voce importante, degli acuti facilissimi, della sua grande robustezza fisica e saldezza tecnica. Anche in questo caso Raimondi ci dimostra che il “contraltino” non necessariamente possiede una voce modesta in volume o povera di armonici, ma, al contrario, può possedere una voce lirica, niente affatto eunucoide, anzi, decisamente maschile ed amorosa ( Raimondi fu tenore da Bohème per autonomasia, oltre che verdiano, a cominciare da Rigoletto per finire con Ballo in Maschera e perfino Otello etc), capace di gestire i momenti epici, come il terzetto del terzo atto. Di Raimondi è accattivante la perfezione della sua emissione, sempre stilizzata per l’assenza di sforzo, col suono sempre di scuola antica. Non fu certo maestro di fraseggio, ma sommo esempio di gestione del fiato, che gli consentì di cantare per tutta la vita con grandissima facilità Puritani, Lucia; Favorita. Col senno del poi e la nostra maggiore consapevolezza storica, possiamo dire che Raimondi sarebbe stato un Raoul di Nangis più adeguato di Corelli in Scala così come in disco con la Sutherland e la Arroyo lo sarebbe stato Alain Vanzo!
Un pensiero su “ARNOLD XVIII: GIANNI RAIMONDI”
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Certo, bella voce , ben emessa. Ma rimane nel gusto e nello stile un tenore verista. Approfondisce poco, non bastano acuti raggianti per essere Arnold completo. Insomma lo trovo alquanto inerte, nonostante la grande carriera e la bellezza della voce