Una serata di successo è stata la Tosca diretta da Chailly che ha inaugurato la stagione scaligera, in grado di cancellare l’apocalisse della precedente edizione, pur non andando oltre una mediocrità da provincia pretenziosa. Anzi, a dirla tutta ha svettato solo, perchè regina di altri tempi, la Kabaivanska, con una meravigliosa intervista Rai al primo intervallo, in cui si è elegantemente sottratta dal dover parlare della Netrebko e dello spettacolo, ricordandoci piuttosto che Tosca è diva che recita la diva e stroncando così ogni tentativo di interpretazione real psicologica ingenuamente restituito dalla Netrebko nella sua intervista di prammatica, in inglese, of course!. E così mentre la vera diva, quella anziana, decantava la cultura italiana e tutto ciò che l’Italia musicale le ha dato, la protagonista della serata, refrattaria alla nostra cultura come alla nostra lingua, ci illustrava a parole le ragioni per cui la sua Tosca sulla scena….non poteva reggersi in piedi. Si, perchè messe da parte tutte le amplificazioni mediatiche che accompagnano sempre il Sant’Ambrogio scaligero, le velleità filologiche che sono in realtà un cinico gioco commerciale privo di fondamento storico prima ancora che scientifico ( quello che si è udito di nuovo ieri sera è stato cassato dall’autore e mai è stato rappresentato per sua precisa volontà, ergo è illegittimo farlo sentire al pubblico) e lo sfarzo da allestimento inaugurale, abbiamo visto una Tosca dove la protagonista, pur cantando più degli altri, non è mai stata in grado di rendersi plausibile. Complici un costumista che ha inopinatamente pensato che il costume di Tosca potesse essere astratto, risultando solo scentrato, ed un regista che ha deciso che “la famo strana” o moderna, la Netrebko è rimasta imbrigliata o in gesti naif come al primo atto oppure ferma come al secondo, nemmeno il mitico canapè a sorreggerla nella scena con Scarpia. Anche la pantomima dei candelabri che segue il delitto, la zampata finale al noir dove la diva “allestisce” il morto e un gesto realmente ridicolo si trasforma in teatro puro, abolito a favore di una chiusa d’atto non risolta con lei al proscenio. Ci mancava solo il fazzoletto per le lacrime!
Insomma, in questa produzione non solo il soprano russo ma anche regista e costumista non hanno messo al centro del loro lavoro il nocciolo della questione, cioè che Tosca è una grandioso esempio di teatro Grand Guignol addolcito dalla passionalità di Puccini, ma che sempre Grand Guignol resta. E’ la storia di una cantante gelosa e sensuale che subisce prima l’insidia e poi il ricatto sessuale di un laido di potere i cui comportamenti portano ad una scia di morti, inclusa lei stessa, con quel finale inverosimile del suicidio dove la diva ancora una volta recita la diva, come ha ricordato appunto la Kabaivanska, mentre si butta da Castel Sant’Angelo. Un teatro lontano dalla nostra sensibilità che letto in una logica contemporanea si sbriciola in mille pezzi ed il cui senso doveva essere spiegato alla Netrebko e forse anche al regista. Puccini è micidiale perché inchioda chi mette in scena a ciò che lui vuole e che descrive con la musica, perché comincia da lì la sua magia di trasformare l’inverosimile in teatro. I luoghi, la città, le sue architetture, le atmosfere, tutto è scritto nella musica, si sente ed avvolge lo spettatore. E noi moderni, con le nostre velleità di andare oltre la tradizione, riformarla, iniettarla di altro che non c’entra nulla al cospetto di Puccini possiamo soltanto andare a sbattere. Ieri sera c’era un allestimento tradizionale caricato di inutilità raccattate qua e là, un eccesso di movimenti di macchine e palcoscenico nel primo atto, inutili tableaux vivants nel secondo, un’inutile scena di tortura portata in primo piano, un finale secondo mancato, quello dell’opera mal riuscito, la vista dal basso del volo nel vuoto di Tosca da molti scambiato per una assunzione in cielo, tutta roba costosa e lussuosa messa in campo da Giò Forma che va bene se però non manca l’essenziale restituzione del personaggio della protagonista che invece è stata per buona parte della serata fuori dallo spettacolo. Cosa pensava di poter astrarre Falaschi quando ha trasformato la Netrebko in una Moira Orfei regina degli elefanti al primo atto, con quell’abito buono per una Carmencita e quell’acconciatura ? E cosa credeva di fare Livermore nel farla uscire dopo il primo duetto col fiore in mano di spalle facendo la vezzosetta o tenendola sempre immobile per tutto il secondo atto come una bambolona inerme mentre invece sul palco si svolge una scena furibonda tra Tosca e Scarpia che sentiamo potentemente realizzata da Puccini con l’orchestra? Come deve camminare o muoversi Tosca sul palco per essere la diva sensuale e sopra le righe che è ? Se la protagonista di suo non sa perché non ha capito bene ciò che canta, devono sapere il regista e il direttore, cioè chi l’ha scelta e diretta. La signora, pur con questa emissione tubata faticosa da ascoltare, ha messo lì più che correttamente il “Vissi d’arte” ( attacco a parte..), con una bella chiusa ove ha dimostrato che può fare molto di più di quanto effettivamente faccia in termini di fraseggio, una bella “ casetta” del primo atto dove oggi tutte si impappinano, acuti facili, insomma un minimo bastevole ad essere convincente oggi come oggi, eppure pareva di vedere una aliena sulla scena, il che non è accettabile in Tosca come in ogni altra opera dove al centro ci sia una primadonna liberty. E il direttore musicale? Spettava a Chailly condurre la serata in porto come si deve, tenere la barra dritta e sicura verso ciò che è Tosca. Di nuovo, abbiamo sentito un lavoro intenso dell’orchestra, un bel suono, i dettagli di alcuni strumenti, la sottolineatura di certi momenti mai uditi prima, tutto bello ma sempre in preda alla sensazione di uno spettacolo fermo nel primo atto e noioso nel secondo, meglio l’ultimo. Ma come è mai possibile annoiarsi ascoltando la Tosca? Sempre la diva Raina, ridendo, parlava di una sua Butterfly all’arena di Verona, evocando quella provincia di un tempo dove le bacchette sapevano bene, senza possedere il genio dei Karajan, dei De Sabata, dei Mitroupolos, come si portava a casa una serata pucciniana che funzionasse davvero. Un mestiere che a Chailly manca: come gli altri, non ha mai trovato la marcia dell’orchestra, mai ha saputo mettere all’opera quel “drive” che muove il capolavoro pucciniano, nel secondo atto soprattutto, men che meno le fascinazioni, le suggestioni descrittive e poetiche di cui la partitura è densa, dove Roma, i luoghi e le atmosfere ci si materializzano davanti nelle magiche direzioni dei geni del podio. Chailly ci fa sentire amplificato ogni goccia di Spoletta, ma poi manca tutto quel climax tremendo e parossistico che è il nerbo del secondo atto: cosa me ne faccio allora di Spoletta? Sento i decibel del Te Deum ma mancano la lussuria di Scarpia e la tragedia di lei quando canta “ Ed io venivo a lui tutta dogliosa…”, una pagina intensissima spazzata via dalla bacchetta e dalla piatta protagonista che non capisce proprio che quello è un momento chiave, dove una grande Tosca mette il turbo al canto. C’erano tante cose ieri sera, tanto lavoro evidente anche nella buca che però…….non coagulava nell’essenza di Tosca, come una lezione restituita da un allievo diligente che cade alla prima domanda in cui gli si chieda di provare se ha capito davvero o solo imparato a memoria. Non solo i decibel sono parsi spesso troppi per le voci ma anche i tempi lenti, lenti, lenti, diciamo velleitari, per la bacchetta stessa e per i cantanti, gli uomini modesti ed afflitti da grandi limiti vocali. L’adeguatezza alle possibilità del palco era una prerogativa della vecchia scuola di quei “praticoni” di cui sopra, illuminati dalla saggezza della tradizione: basta risentire sul Tubo il “Vissi d’arte” di ieri sera per capire.
Quanto al cast vocale, chiudendo con le questioni più grisine, si può aggiungere poco a quanto non abbiamo già detto in passato su questi tre cantanti. La signora Netrebko, potenziale fenomenale oggi distribuito su un repertorio folle, ci impone un registro mediograve tubato molto fastidioso, a volte stonato, fiati spesso corti e smaccatissimi, come al finale primo con Scarpia, oltre ad un nuovo accorgimento che non ricordavo in passato, ossia di scoprire i denti per spingere la voce avanti nel tentativo di recuperare dolcezza e canto a fior di labbro, cosa che a volte le riesce e a volte non tanto. Ha detto qualche frase bene, ma la dinamica è stata quella del mezzoforte costante, ossia del minimo sforzo necessario per fare la sua serata. E le è bastato per essere la migliore. Il signor Meli canta more solito, il timbro piuttosto usurato, e soprattutto il centro sempre aperto e scopertissimo, davvero fastidioso assieme ai noti acuti strozzati, sempre attaccati col portamento. Improponibile il continuo falsettare al terzo atto, al limite della presa in giro. Per Cavaradossi basta il centro, come Domingo ci ha ben insegnato, e si fa successo anche nella piattezza dinamica, ma così siamo davvero oltre la decenza. Il signor Salsi, vocina nasale costantemente protesa verso la vociferazione per essere di più di ciò che è in realta, un buon erede di Enzo Dara, si è ingegnato tutta sera pure lui. Ha fatto tanto, ha studiato i recitativi con minuzia, ma, piaccia o no, per essere Scarpia, barone e laido, occorre cantare avanti, a fior di labbro ed avere dell’ampiezza vera nel mezzo per il finale primo. Nulla di tutto ciò. L’ha buttata sul satanico, complice il cappottone da pseudo Regietheatherer datogli da Falaschi e Livermore, e quindi il personaggio è diventato anche ciò che non è, tanto va bene lo stesso per questo pubblico.
Morale della favola. La Scala ha tentato di redimere l’orrore che mise in scena qualche anno fa con l’ineffabile Lissner, seguendo una via più prudente e saggia. Continua però a mancare quel focus sulle cose che era della tradizione che con tanta superbia la lirica moderna ha liquidato e grazie a cui lo spettacolo camminava spedito fino alla fine mentre sulla scena tutto procedeva sensato ed adeguato. Lo chiamavano mestiere? Manico? Know how? Ecco, oggi per fare bene siamo sempre li, alle prese con la perdita di ciò che abbiamo gettato via, come si è visto ieri sera.
29 pensieri su “Tosca alla Scala in diretta tv. Vorrei ma non posso”
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In realtà la kabaivanska non è stata così severa con la netrebko nel senso che ha detto esplicitamente che lei è una vera diva, se poi c’era della malizia io non l’ho letta. L’orchestra è vero ha lavorato con luci e ombre..il terzo atto devo dire nei primi minuti quando si sentivano le campane a volte sentivo suoni degli archi secchi e poco omogenei, poi concordo che sono andati bene. Non sono assolutamente d’accordo con la caduta del finale che mi ha fatto veramente ridere, molto goffo e di pessimo gusto sia come idea che come realizzazione. Anche i soldati che cercavano a rallentatore di afferrare tosca…le scenografie sopratutto al terzo atto le ho trovate un pò da harry potter e i doni della morte, ma secondo me finale a parte potevano andare se i cantanti fossero stati di livello..ciascuno con le sue personali pecche. E lucean alle stelle si sentiva benissimo quando saliva il ricorso al falsetto che anche se nel resto della serata riusciva a mascherarlo li è stato spudorato da lancio delle uova. Salsi l’ho trovato tutto sommato corretto anche se non entusiasmante. Ultima nota: il vestito della netrebko pare sia la copia di uno fatto per la Callas.
Ma io ho solo detto che è stata malnriuscita perché ho letto che molti l hanno capita come una assunzione 8n cielo. L ho trovata una trovata, scusa il bisticcio di parole, cinematografica poco utile se poi la realizzazione ha determinato l esito che ho descritto….mi ha fatto pensare a La donna che visse due volte di Hitch ! ☺☺
No ma quando ho detto che mi ha fatto ridere lo dico letteralmente cioè mi ha fatto ridere per davvero!
la CALLAS M A I avrebbe indossato un vestito simile. M A I
Comunque, a mio giudizio, lei è meglio in Verdi che in Puccini, perché Verdi, dal quale sarebbe più lontana, la costringe e la stimola a lavorare maggiormente sulle sue debolezze anche, anzi soprattutto stilistiche.
U
Salve, mi permetto di dissentire da questo giudizio, almeno basandomi su una registrazione della Forza da me recentemente ascoltata. La Netrebko, che pure tanti difetti ha in Tosca, come Leonora é realmente orripilante. Diversi decenni fa, quando io cominciavo a muovere i primi passi da ascoltatore di opera, soprattutto riferendosi al repertorio italiano o francese, si diceva “cantare alla russa” come esempio di cattivo gusto e di voci sparate (o gettate) via senza ritegno. Poi (grazie anche all’espansione del mercato discografico e alla possibilità di ascoltare le grandi voci) abbiamo cominciato a sentire artisti “russi” (ma in genere di origine slava) cantare con raffinato controllo dei propri mezzi e seguendo gli insegnamenti dei grandi maestri e dei grandi predecessori. Spesso si sentivano voci “slave”di eccezionale eleganza e bellezza, per colori, fraseggio e, naturalmente, intonazione. A mio parere la Leonora di Anna Netrebko riporta (per così dire) all’età della pietra. Ma non c’è qualcuno competente e sufficientemente autorevole che possa spiegarle che quello è precisamente il modo in cui NON si deve cantare? Peccato, davvero. Quindi, tutto sommato, rispetto al povero Verdi Puccini se non è proprio uscito indenne almeno non è dovuto entrare in rianimazione…
Concordo con Ulisse. E anche con la grisi per quanto riguarda salsi e chailly. Ciò premesso e fermo restando che ogni cosa è perfettibile, oltre che soggetta al gusto personale di ciascuno, mi pare evidente che nel complesso questo sia stato uno spettacolo bello e ben riuscito. Le scene molto belle, i tre interpreti principali anche se con piccoli difetti hanno cantato bene. La netrebko molto bene. Forse non sempre credibile nella recitazione, ma nemmeno malvagia. Nulla è stato fuori luogo e, nell ottica di una regia volutamente cinematografica, a me non è dispiaciuto neanche il finale al ralenty. Saluti.
Io credo che a differenza di altre produzioni questa fra un mese nessuno sentirà più il bisogno di andare a vederla. Io ad esempio. Diciamo che chailly con Puccini funziona e si contiene ma comunque ho fatto fatica a seguire perché sopratutto al secondo atto una noia tremenda complici anche i costumi da serie Netflix.
Un po’ severo come giudizio. Io credo che la netrebko sia una ottima tosca e resterà uno dei suoi ruoli di riferimento, come Aida e Giovanna d arco. Lo spettacolo si presta ad essere ripreso più volte negli anni a venire. E d altra parte non mi sembra che vi sia nulla di disturbante. Non si può cercare sempre il pelo nell uovo! Certamente si può sempre migliorare, magari riprendendo alcune buone pratiche del passato, come suggerisce la grisi. Saluti.
Anche di Bella si è lasciato scappare una più che mezza critica a meli ricordando pavarotti. Comunque assolutamente e ovviamente d’accordo sul fatto che si possa fare sempre meglio.
Ho notato ed è stata una caduta di stile assoluta. Che poi cavaradossi non è stato neanche il ruolo migliore interpretato da Pavarotti. Quindi la frase è stata due volte a sproposito…
non arriviamo fino a Pavarotti. E’ sufficiente un Labò per cancellare Meli.
MELI oggi canta perchè mancano i tenori. Un Cavaradossi senza “palle” come lui non lo si accetta.
Per me, Chailly era poetico più o meno come una relazione di bilancio, Meli si impegnava ma le note alte erano vagiti, Salsi è stato uno Scarpia bovino, volgare, rozzo, insopportabile. In quanto alla Divina, che già i turiferari online stanno celebrando, io non cambio opinione. Le ingolature della Netrebko (che io ho ascoltato diverse volte in teatro, e sono esattamente le stesse anche dal vivo), il timbro grasso, la dizione spappolata, a fronte di uno strumento che a volte dà soddisfazione e a volte si intorbida e inchiostra a causa di un ingrossamento artificiale, l’ intonazione sempre periclitante, non la rendono di certo una fuoriclasse
e si caro Mozart voce burrosa e dizione spappolata come se cantasse tutto tenendo tra i denti un tappo di sughero…
ps mentre scrivo su rai5 Giulia Lazzarini parla a dei ragazzi del centro sperimentale di cinematografia…. c’entra niente? ogni sillaba e consonante risuonano splendidamente nella sua bocca e non sta recitando
Bah, a me sta pure simpatico quel sorrisetto di lei che sembra dire: “Poveri fessi, avete distrutto la vostra tradizione della primadonna verista (molto più difficile da recuperare di quanto lo siano il barocco o il belcanto) e io perché dovrei rinunciare a questo bel boccone su questo bel piatto?”. La Netrebko è il perfetto esempio di quel cinismo imprenditoriale che risolleverà forse l’ economia, non certo la Scala
a me invece questa tosca ( con la t minuscola) non è piaciuta in nulla, regia esagitata senza costrutto, costumi orrendi e stridenti con le scene e la regia stesse ( ridicolo il costume di Tosca al primo atto). Uno Scarpia che di mellifluo, laido e di canto a fior di labbro non ha nulla, un Cavaradossi che sfalsetta e canticchia per fare il fine dicitore e che alla fine risulta un tenorino alla Rabagliati, e poi lei, la diva che di diva e di Tosca non ha veramente nulla. Voce benedetta dal cielo, bella, importante e sana nonostante la solita patata in bocca e un registro basso da contralto intubato; parola inesistente, articolazione proibita (praticamente le labbra delle Netrebko non si toccano mai) scenicamente inguardabile; confonde Tosca con una smargiassa, mi aspetto “Tosca divina” e mi ritrovo in scena la mia benzinaia, (quant’è difficile tenere in mano un ventaglio!!!) Il momento migliore ovviamente il Vissi d’Arte perché è lì che si fa serata e si porta a casa la pagnotta, non certo nel primo atto… Salvo solo la direzione pur discontinua e con tempi a tratti troppo lenti (già la Netrebko tende a tirare indietro…), anche se, come arriva a scrive pure la Moreni questa mattina, “il filone delle versioni numero 1” è logoro e questa in particolare, “sembra pure una violazione alle scelte dell’autore” e concordo; poche manciate di battute inutili quando non davvero brutte come quel melenso “é amore ” del primo atto, di cui speriamo di poter ritornare a fare a meno da domani.
assolutamente d’accordo
Per quanto mi riguarda, considerando naturalmente anche i limiti (a partire dalla prestazione della Netrebko che – a mio parere – non è stata la migliore del cast bensì la peggiore), un eccellente allestimento e una delle migliori riprese di Tosca cui abbia assistito negli ultimi anni. Mai sentito Chailly fare così bene in Puccini e ben venga Livermore, che se non le ha azzeccate proprio tutte ha comunque dato vita a uno spettacolo maiuscolo e che sarebbe sensato rivedere anche nei prossimi anni. Averne.
Carissima Giulia, da quanto leggo hai visto Tosca in tv….io ero in teatro ma posso dirti che condivido pressoché al 100% ció che hai scritto….solo una cosa ti é mancata: il pubblico delle gallerie!!! Ammetto di andare alla prima della Scala da anni perché sono un appassionato a cui piace mettersi elegante e passare se possibile una bella serata (cosa che puntualmente non succede quasi mai). Ma vedere persone di una certa età che passano gli intervalli a parlare di Callas Tebaldi Corelli Tucker Gobbi etc etc e poi come degli invasati osannano gli eroi di ieri sera mi fanno girare le…chiamamole frantocchie!!! Come affermi tu nonostante i mille problemi la signora Netrebko ha portato a casa la serata ma non é per nulla Tosca: passione e sentimento non esistono…e giustamente in questo é mancato l’apporto di scene costumi regia e direttore. Sugli altri 2, se in parte ha leggermente convinto Salsi nel primo atto, nel secondo non c’eravamo. Su Cavaradossi hai detto tutto e sottoscrivo. E sottoscrivo anche su Chailly: cosa serve recuperare forse meno di 2 minuti scarsi di musica espunta in toto da Puccini quando si perde tutto il resto? E poi lento lento lento!!! Fuoco tensione dramma: nulla di tutto questo. Lo spettacolo: inutile opulenza per un’opera dove é la recitazione ad essere la cosa principale: nel secondo atto Tosca e Scarpia mi sembravano 2 bimbi al parco giochi che a volte si rincorrevano. Sempre nel secondo atto dalla galleria nulla si capiva o quasi di quanto succedeva per colpa di un pavimento lucido che rifletteva confusamente cantanti scene etc etc. E poi sta Tosca immobile al proscenio invece di deporre candele e crocifisso…mah sarò all’antica ma mi é piaciuta ben poco. Saluti a tutti
…anche qui, prendiamone atto, la fine del novecento si fa sentire. Ancora qualche tempo fa – ormai lontanissimo – non si sarebbero fatti sconti’.
Se ne fanno.
Condivido alla sillaba, in particolare per l’orchestrazione, l’ascolto e le ‘recisioni’.
Siamo alla fine, ormai.
Godiamoci gli ultimi spazi di rigore.
Verrà, dopo, quel che verrà.
Sostanzialmente, doveva essere una Festa e ciascuno ha diritto di festeggiare quanto gli pare e piace, purche’,, come ho scritto nell’Articolo “E vai con la Tosca: centovent’anni di DIVE !!! Speciale Sant’Ambrogio: TOSCA San Carlo 1954”, non pretenda, con somma maleducazione, che tutti concordino con il desiderio di festeggiare, salvo levarsi di torno, cambiando canale, nel caso in cui non concordino e non intendano quindi festeggiare.
Non mi è piaciuta. Nel primo atto, i continui movimenti di S. Andrea della Valle fatto praticamente a pezzi era fastidioso, eccessivo. Meglio la scenografia del secondo atto tranne la visione gratuita delle torture al povero Mario. Quasi incomprensibile Castel S. Angelo nel terzo atto. La regia non mi ha convinto. Soliti movimenti anomali specie nei momenti più intensi tra Tosca e Mario che si parlano d’amore ma restano a tratti lontani o voltano la faccia. Le signorine con il velo inutili e fastidiose. Interpretazione: Netrebko nel primo atto sembrava Carmen, nel secondo statica, complessivamente non emerge il personaggio, sentimentalmente sembra sempre represso e poi assurdo il numero di pugnalate inflitte a Scarpia (la vera Tosca non sarebbe mai stata in grado di fare un simile scempio). Salsi fa il cattivo ma da film, qui oltre che cattivo bisogna essere mostro, demone come dice la stessa Tosca nelle parole dell’opera, lascivo mentre tutto ciò non emerge. Sul versante vocale: lei non è una Tosca completa (si salva solo nel “Vissi d’arte” e in parte anche in quello), forzata, ingolata, tubata come dice la sig.ra Grisi. Cavaradossi-Meli non ha il timbro, il fiato e nemmeno la potenza per fare questo personaggio come il “maestro” Puccini lo ha composto. Idem Scarpia-Salsi. Da paura il suo “Un tal baccano in chiesa” soprattutto se confrontato con certe voci (una su tutte Raimondi). Complessivamente, il solito Chailly ha cercato di salvare il salvabile riuscendovi anche bene. Certo l’anno scorso avevo critico l’Attila che poi dal vivo mi si è rivelato anche peggio. Quest’anno, viste le premesse, mi è bastata la tv.
E la Diva ha pure sbagliato battuta nel secondo atto. Secondi di panico. Salsi che guarda il direttore e la Diva, poi ci mette una pezza ripetendo anche lui la sua battuta…
Non amo l’opera in TV in quanto l’audio é pessimo, ma ho seguito questa Tosca più per la curiosità di vedere quello che aveva ideato la regia in questo caso resistendo fino al Vissi d’Arte, dopodiché ho cambiato canale.
Ho trovato il tutto abbastanza noioso, ma forse sarebbe stato diverso in teatro (???) con alcuni particolari francamente comici quali l’entrata di Tosca vestita da Cappuccetto Rosso che va avanti e indietro con l’eleganza di chi aspetta l’autobus che non arriva, nonché la tentata violenza da parte di Scarpia con i due che si rotolano per terra cosa peraltro difficoltosa vista la robustezza degli interpreti.
Mi chiedo: è ingenuo sperare che il cambio di gestione della Scala porti al rinnovamento di molti aspetti nella conduzione del massimo teatro italiano primo fra tutti la scelta degli interpreti spaziando tra le voci migliori del panorama lirico internazionale? Ci sono molti bravi e giovani interpreti in giro per il mondo e a casa nostra, basta cercarli e far interpretare loro i ruoli giusti.
Sono molto d’accordo circa la “mediocrità da provincia pretenziosa” citata da Madame Grisi.
il finale atto secondo è assurdo: tosca rimane in scena, ma senza gli atti che Puccini aveva previsto di Tosca per Scarpia, quei minuti di musica prima che lei esca servivano proprio ad accompagnare i gesti, ma senza quelli non si capisce perchè non scappi subito dopo l’omicidio e perda tempo; come sempre il dettato dell’autore non conta più ormai
Tosca pretenziosa e provinciale spacciata per grande evento. Ha il solo merito di farci capire che Puccini ha fatto bene a tagliare le inutili battute che ha tagliato. Al contrario la passata proposizione della prima versione di Butterfly era di notevole interesse perché almeno permetteva di conoscere tale versione di cui si era sentito parlare ma che non so quanti (a parte quelli che l’avevano udite in illo tempore alla Fenice negli anni ’80) avevano potuto sentire.
Nel complesso la tutt’altro che pretenziosa Tosca eseguita a Torino ad Ottobre mi è parsa migliore.
La Pirozzi ha più della Netrebko la voce adatta a Tosca. A parità di voce in fase calante, Alvarez è meglio di Meli, perché partiva già da una voce adatta a Cavaradossi e non a Rinuccio. Il baritono Gevorg Hakobyan, che ho sentito io, aveva timbro e stile da Scarpia molto più di Salsi, mentre – me lo ha detto uno che lo ha sentito – alle prime recite Maestri pare essere stato davvero bravo.
Angelotti e Spoletta scarsi, meglio il sacrestano e il carceriere.
Buona l’orchestra così come il coro, ma i tempi erano un po’ troppo lenti (forse per consentire ai cantanti di respirare?).
Messa in scena che almeno ambienta il primo atto in una chiesa, il secondo nella sala di un palazzo il terzo in una prigione, ma che, in sostanza, non dice nulla di nuovo. Almeno niente di particolarmente folle, al masso qualche movimento inutile e presenze incongrue come le tizie al secondo atto. Livermore ripete certi giochi di alzare ed abbassare i ponti scenici già utilizzati in Billy Budd al Regio di Torino oltre 10 anni fa. In sostanza messinscena troppo macchinosa. Per certe cose pareva una citazione del “vituperato” (da molti) Zeffirelli condito con altra salsa (cfr. Tosca del Metropolitan in video diretta da Sinopoli, anche qui botole, prigioni che si alzano e abbassano etc.). I costumi mi parevano, essendo a Milano, un omaggio al Milan, stante il rosso e nero dell’abito di Tosca al primo atto e i pastrani neri con strisce rosse di Scarpia & C. Il costume del secondo atto era poi a dir poco “fantasioso”. Nel coro, al momento del Te Deum mi pareva di aver visto un costume femminile che sembrava uscito dritto dritto da “Agnese di Hohenstaufen” (incidenter tantum: perché a nessuno viene più in mente di fare la bellissima – ma, ohimé, pure esigentissima vocalmente, orchestralmente e scenicamente – opera di Spontini?). Forse voleva essere una suora, ma pareva una madama del XII secolo.
Grandi complimenti ai tecnici e macchinisti della Scala per aver mosso tali e tante macchinose ed ingombranti scene, che chissà quanto saranno costate.
Nel complesso: non era da buare (si è visto e sentito di peggio), non era da applaudire ossessivamente. Certo che certe precedenti Tosche scaligere (ad es. Tebaldi, Di Stefano, Bastianini/Gobbi, Gavazzeni, Benois, Wallmann o Kabaivanska, Domingo, Zanasi, Molinari Pradelli, Benois, Faggioni, o Marton/Kabaivanska, Pavarotti, Wixel, Ozawa, Benois, Faggioni, tanto per fare degli esempi) forse erano un’altra cosa!
Io poi dalla TV tutti quegli applausi che i soliti commentatori RAI hanno sentito non mi pare di averli mica sentiti….
per me è una Tosca veramente poco bella. Lei a dirla all’emiliana è una sbraiona (urlatrice) , senza una vera personalità artistica . Meli…..poverino…….ormai….
SALSI un volgare Scarpia.
complementi vivissimi per la splendida recensione di questa Tosca scaligera. Condivido totalmente quanto scritto.