Chateaubriand è sepolto in una tomba senza nome su di una piccola isoletta nel mezzo della baia su cui si affacciano le mura di Saint-Malo, che quando si alza la marea diventa irraggiungibile. Solo il vento e il mare interrompono il silenzio che accompagna il riposo del grande scrittore. Ecco credo che il miglior omaggio a Mariss Jansons sia il silenzio ed il ricordo già ricolmo di voci, suoni e melodie. La notizia della morte del grande direttore lettone – nato a Riga 76 anni fa – non arriva certo inaspettata: i suoi crescenti problemi di salute erano noti e le ultime e frequenti cancellazioni e sostituzioni (anche nel corso di concerti ed esibizioni) non lasciavano prevedere nulla di buono. Soffriva di cuore Jansons e da quasi 20 conviveva con un defibrillatore impiantato nel torace. E nonostante tutto, il cuore lo metteva – e quanto! – nella sua musica. Non ha senso, oggi, ripercorrere una vita e una carriera straordinaria e nota a tutti, né fare l’elogio del grande musicista (della stessa schiatta di Karajan, Boulez, Carlos Kleiber, Furtwängler e pochi altri): voglio solo raccontare due episodi. Due concerti. Due ricordi indelebili. A Milano, alla Scala, con l’Orchestra Radiofonica Bavarese (forse la compagine più intimamente legata al direttore). Ricordo due monumenti della storia della musica: la Nona di Mahler e l’Ottava di Bruckner (le ultime due composizioni compiute e ultimate dei due compositori atteso che Decima e Nona non furono completate). Ricordo la perfezione nel gestire le immense – e diversissime – architetture sinfoniche dei due capolavori: le ondate monumentali di Bruckner giustapposte all’espansione lirica dei dettagli solistici strumentali e la rincorsa di particelle sonore, crescendo e inquietudini velate di malinconia di Mahler. Culmine dei due indimenticabili concerti i monumentali Adagi: in Bruckner prepara il gigantesco finale, mentre in Mahler chiude la sinfonia spegnendosi poco a poco, divenendo impalpabile come un sospiro, come il battito del cuore che lentamente trova, finalmente, pace nel silenzio.
Bruckner: Sinfonia n. 7 (Monaco 2007)
Accidenti, che notizia ferale…era davvero un grande direttore, uno dei non moltissimi che valeva sempre la pena di ascoltare, anche nelle esecuzioni magari non particolarmente ispirate.
Per parlare di opera, ricordo due sue strepitose esecuzioni (in orchestra…sulle voci, meglio stendere un velo pietoso) del grande repertorio russo: un’asperrima “Lady Macbeth di Mzensk” e una “Dama di Picche” al calor bianco, nonostante una messinscena incomprensibile.
Grazie del ricordo e del bellissimo ascolto!
Volevo condividere il piccolo rammarico di non averlo potuto ascoltare questa estate a Salzburg. Giustamente per problemi di salute aveva cancellato la sua partecipazione ad un concerto che prevedeva una sinfonia di Sibelius (che amo molto) e che volevo sentire nella sua interpretazione.