Que vois-je ? Est-ce Hermione ? Et que viens-je d’entendre ?

ermione san carloÈ notte nella reggia di Pirro. Oreste si è appena sacrilegamente macchiato del sangue del sovrano su richiesta della gelosa Ermione e il fedele Pilade accorre, seguito da pochi compagni, a mettere in salvo il figlio di Agamennone dall’ira del popolo d’Epiro. Il manipolo di uomini sale di fretta la scalinata che conduce al porto: sullo sfondo si staglia, incorniciato da una maestosa apertura circolare e illuminato dalla luna, un vascello pronto a salpare. In questi momenti concitati, gli ampi mantelli degli eroi greci si agitano al vento, prima di sparire per sempre nell’oscurità, mentre in orchestra suonano, incisive, le ultime battute dell’Ermione di Rossini, e l’eroina si accascia a terra, prostrata dal dolore.
La solennità tragica della musica, il sublime della situazione scenica, la magnanimità epica dei personaggi sono così accentuati dalla bellezza del decoro e dai drappeggi dei costumi, dalla nobiltà e del pathos dei gesti, dall’uso sapiente delle luci, e viceversa. Siamo a Napoli, nel 1819? No, ci troviamo a Pesaro nel 1987.
In questo passato non lontano – ma sembrano trascorsi secoli – un regista d’opera aveva ancora l’umiltà di dire a se stesso che un’opera neoclassica basata su declamazione e arie grandiloquenti, tratta a sua volta da una tragedia del Grand Siècle francese, e che affonda le proprie radici nell’epos omerico e virgiliano, non può essere servita fedelmente ed efficacemente se non da una messa in scena capace di rievocare un mondo ideale e mai esistito, lontano nel tempo, nello spazio e soprattutto nella scala di valori – estetici e morali – che lo regge.
Di tali valori la musica rossiniana è specchio e cassa di risonanza. Niente di più sbagliato, dunque, che sostituire, come abbiamo visto ieri sera a Napoli, la reggia di Pirro con un ristorante degno di una puntata del Boss delle Cerimonie, con tanto di tavoli rotondi, sedie di plastica nera, invitati in giacca e cravatta e signore in abito lungo di satin – era proprio necessario, ci chiediamo en passant, strizzare l’opulenta protagonista in un abito che presupporrebbe quanto meno il giro vita di una silfide? Ancora più fuori luogo ci sembra mostrare al pubblico questa stessa sala nel più totale disordine, piena di cadaveri insanguinati riversi sui tavoli o per terra dopo l’intervento di Oreste, neanche si trattasse di un agguato mafioso degno di una delle scene più violente del Padrino – e sia detto, sempre en passant, che sia in Racine che in Rossini, il cieco furore di Oreste si manifesta unicamente su Pirro (Andromaque, v. 1568 «Est-ce Pyrrhus qui meurt?»; Ermione, p. 589 ed. Garzanti «e giace estinto / Quel crudel che ti oltraggiò»).
Il Classicismo e il Neoclassicismo evitano il realismo – si cerca la verosimiglianza ma non la verità – e si attengono a ideali di misura, rigore, equilibrio, simmetria: secondo Nicolas Boileau l’art deve essere judicieux (Art Poétique, III, 53). A voler essere pignoli, il mostrare cadaveri in scena non ha alcun senso, perché esso rende del tutto inutile da un punto di vista drammaturgico il racconto, fatto dallo stesso Oreste, della morte cruenta di Pirro, che evitava l’esibizione della violenza in scena in ossequio alla regola di bienséance.
La parte visiva di uno spettacolo operistico dovrebbe così a nostro modesto avviso contribuire ad esprimere la concezione estetica e musicale del compositore, del librettista e della loro epoca, elementi di una lunga tradizione che si dovrebbe cercare di preservare,
e non inutili «orpelli» come suggerito dal regista della produzione napoletana nell’intervista andata in onda durante l’intervallo. Anticipiamo le critiche dicendo che non siamo abbastanza vecchi o sprovveduti per rimpiangere i fondali dipinti o le manine sul cuore che i nostri detrattori già ci staranno rinfacciando. Ma spettacoli intelligenti e meditati, concepiti da uomini e donne di cultura, capaci con i mezzi e il linguaggio di oggi di riuscire nell’ardua impresa di ricreare le atmosfere, il linguaggio e il gusto di ieri senza stravolgimenti o riscritture, questi sì, li rimpiangiamo. – Pauline Viardot

L’incomprensione del tono grandioso della tragedia per musica risulta la cifra caratteristica e per così dire l’autentica sigla anche della direzione musicale, affidata ad Alessandro De Marchi, reputato specialista di musica barocca e neoclassica. Come se le estetiche in questione avessero qualcosa che spartire, rimanendo in ambito tragico, con i suoni esangui, slavati, la scelta di tempi più adatti a un intermezzo napoletano (concertato finale primo “Sperar, temer poss’io?”), le ridotte dinamiche e il meccanico pestare, che il direttore dispensa sin dalla grandiosa (sulla carta) sinfonia con cori e distribuisce poi salomonicamente in tutti i numeri, ma particolarmente nel duetto fra Pirro e Andromaca (“Vieni a giurar sull’ara” staccato con una mollezza tale da rendere il momento, più che drammatico, svenevole) e ovviamente nella grande scena della protagonista al secondo atto, segnatamente nelle sezioni “Di’ che vedesti piangere” e “Amata, l’amai”, ovvero nei punti in cui Ermione lamenta la propria disgrazia. Tanto il direttore quanto Angela Meade dimenticano che il lamento di un’eroina come Ermione, erede di quelle della tragédie lyrique e al tempo stesso espressione della stagione neoclassica, non può essere quello di una Mimì o di una Manon di Massenet, personaggi cui il soprano americano dovrebbe, in un mondo ideale, limitarsi. Anche tralasciando la gestione problematica del primo passaggio di registro, che rende faticoso e spesso inudibile il canto in prima ottava, e gli acuti pigolati e ghermiti nella peggiore imitazione dei vezzi e dei trucchetti esibiti da Montserrat Caballé persino nelle fasi più propizie della carriera, resta una voce che lega con difficoltà e risulta incapace di scandire i recitativi e gli andanti, che di Ermione sono l’essenza e costituiscono il maggiore fascino di questo titolo. In questo senso la signora Meade è in ottima compagnia, a partire dal Pirro di John Irvin, inizialmente reclutato quale Pilade e poi “promosso” al ruolo maggiore causa defezione del collega a suo tempo annunciato. Nelle interviste trasmesse dal sito Eurovision durante l’intervallo della diretta streaming, il tenore ha velatamente “scaricato” la responsabilità del tono dimesso, diciamo da Nemorino prima dell’ebrezza da elisir, adottato per l’occasione sul conto della visione (registica? musicale? d’interprete?) del personaggio, visto come un uomo schiacciato dal ricordo di un padre in ogni senso poderoso, quindi inevitabilmente complessato, debole e irresoluto. Il che dovrebbe, ovviamente, giustificare non solo la debolezza della cavata, ma anche l’esecuzione cempennata dei passi di agilità e, perché no, la perfetta sovrapponibilità della voce di Irvin con quella di Antonino Siragusa, cui è affidata la parte del tenore contraltino e che, come accaduto la scorsa estate a Pesaro in un’infausta edizione di Semiramide, è anche stavolta il migliore, o se si preferisce il meno peggio, del mazzo, al netto di una gestione sempre faticosa dei primi acuti (soprattutto se attaccati scoperti, come nel primo enunciato della cabaletta “Ah! come nascondere”). A un’autentica caricatura si riduce poi l’Andromaca di Teresa Iervolino, che al netto delle pose da grande attrice drammatica propone soprattutto una voce malmessa in basso (in un ruolo da autentico contralto) e suoni fissi e fischianti sui parchi acuti, gestione faticosa e imprecisa della coloratura (segnatamente nella cabaletta della sortita e alla chiusa del duetto con Pirro). Giustamente le due signore sono già state opzionate dal San Carlo per la prossima stagione: la Meade quale Norma (in alternanza con Maria José Siri), la Iervolino per il ruolo di Calbo nel Maometto II, con cui proseguirà “il vero omaggio” del teatro napoletano nei confronti del Pesarese. – Antonio Tamburini

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17 pensieri su “Que vois-je ? Est-ce Hermione ? Et que viens-je d’entendre ?

  1. Sicuramente la Meade non è adatta a ruoli di questo tipo. Poi non mi pare abbia chissà quale voce, e la trovo anche una cantante di pessimo gusto a parte i problemi di tecnica. De marchi basta tornare indietro al 2009 con la sua sonnambula. Sembra che gli attacchi delle sinfonie o dei preludi debbano sempre essere fffffff altrimenti non fa core!

      • beh la risposta è semplice, oramai basta emettere suoni ingoiati magari gridati e il contratto è assicurato. Poi se fosse karita mattila si potrebbe dire che abbia almeno la presenza scenica ma qui manco quello!

        • ma la mattila in scena era un manico di scopa (ti parlo di un don Carlos londinese ripetuto poi a Nizza) nel senso che era ferma non statuaria come al personaggio della Valois potrebbe anche addicere e poi i suoni erano fissi e calanti . Aggiungo con che la Mead sia meglio….. e poi le dimensioni e l’ingombro implementato da un costume che certamente aumentava e non conteneva la goffaggine scenica e mimica della cantante

          • in realtà io parlavo della presenza della mattila avevo messo da parte la vocalità che anche il quel caso era alquanto discutibile. Diciamo che secondo me è una bellissima donna e quindi imparagonabile alle meade. Ma sempre di interpreti limitate parliamo si intende era per dire che almeno la mattila ha fascino di suo tutto qua

  2. Avendo assistito alla recita di sabato 9 devo con sconcerto riassumere cosi:
    spettacolo imbarazzante !
    che un regista si permetta durante l aria più pregante di tutta
    l opera di far allestire un ristorante portare tavoli sedie far apparecchiare dalle signorine con via vai di camerieri che portano vasellame e quant’ altro per dieci minuti buoni e che la malcapitata cantante non abbia nulla da eccepire è semplicemente assurdo.
    Che si sostituisca un tenore all ‘ultimo minuto per indisposizione può succedere ..ma che si costruisca la ripresa di Ermione assente da decenni dai cartelloni italiani e ci si piazza a cantare come Pirro uno che forse può fare
    presenza per 5 minuti come comprimario è
    da pazzi! sia per chi lo propone sia per chi lo accetta.
    Esistono incisioni di ogni sorta, non dico leggere la partitura ma ascoltare su youtube Merrit o Ford avrebbe dovuto far desistere questo folle da accettare un tale ingaggio.. incapace per cause di forza maggiore impacciato per l incompetenza del regista.
    Un pò come andare a fare sci di fondo con ai piedi delle infradito stesso identico effetto !

    La signora Maede ha anche avuto qualche momento
    in cui avrebbe potuto fare la Sua porca figura, magari assistita da una direzione competente e accompagnata non da una banda di orchestrali …se ne sono sentite di ogni sorta a cominciare da una stecca dei fiati nell overture e poi un crescendo bandistico porcate musicali di tale portata
    si stentano a sentire persino in teatri SGRAUSI di provincia… attacchi fuori tempo del coro.. di tutto di più !!
    Su Siragusa concordo : il più rossiniano in campo con non poche difficoltà ma onore al merito.
    Tale Iervolino non pervenuta..come in Semiramide a Venezia ( carciofi senza patate!)
    Direttore De Marchi Alessandro
    regista Jacopo Spirei
    tenorino John Irvin
    segnateveli tutti e tre e teneteli ben a mente
    Marco

      • beh pazzi si ma non furiosi
        ovviamente a Napoli si va sempre con piacere…
        poi avevo un lontano ricordo di Pesaro … non è una bestemmia…!!
        In compenso visto una splendida mostra a Capodimonte
        ‘Napoli di lava porcellana e musica ‘ consiglio chi può di andarci

        • su napoli concordo da vedere sempre e ogni volta qualche cosa di nuovo e poi anche mal messa e cadente è con Torino e Palermo una capitale. Milano e lo dice un milanese non lo è, pur oggi tenuta splendidamente ed amata dai turisti.
          Quanto al ricordo pesarese se parli del 1987 confesso che rimasi a casa nonostante i due inarrivabili tenori; lo sfascio della caballè e la direzione di Kuhn (non sapevamo che cosa ci aspettasse dopo entrambi i casi sopra detti) invitarono a stare a casa.

          • E quanto é bello ed imponente il San Carlo! Da fuori sembra una grossa leonessa.. purtroppo dorme adesso.

  3. devo dire che concordo in pieno con marcermi67, anche io ero in sala sabato 9, anche io sono corso a Napoli per ascoltare quest’opera meravigliosa, una delle mie preferite in assoluto di Rossini. Ho anche io trovato insopportabile e distraente che “L’incomprensione del tono grandioso della tragedia” o più semplicemente la mancanza di buon senso e di rispetto per la musica abbiano fatto rovinare la grande scena di Ermione con quel insulso preparare la trattoria sul fondo. Sempre il solito problema che se non si capisce il momento musicale ci si sente in dovere di riempire la musica di immagini che alla fine risultano solo incongruenti. Sarà bello tacere sul livello imbarazzante dell’orchestra e del coro da quota100.
    Per le voci, una Maede più cauta e meglio guidata avrebbe potuto non sfigurare perché la voce può reggere il ruolo, per Pirro…lo stesso discorso che da sempre si fa sui ruoli Colbran credo vada fatto per i ruoli Nozzari… ma quale “uomo schiacciato dal ricordo di un padre”? Pirro è un egocentrico, onnipotente tiranno, la grandiosità, l’imperiosità del gesto vocale definiscono il personaggio, Se la voce non c’è, non c’è il personaggio; e lì la voce non c’è perché da metà platea già alla fine del primo atto il suono non arrivava (ma chi fa i cast come può pensare di sostituire un Pirro, parte enorme, con un tenore precedentemente ingaggiato per Pilade? o hai sbagliato quando lo hai ingaggiato per Pilade o stai sbagliando quando gli offri Pirro) Siracusa ha portato a casa il ruolo più che dignitosamente. Nonostante ciò, Ermione rimane meravigliosa e il San Carlo anche!

    • Ma poi aggiungo l’orchestra magari non suona bene, ma ricordo anni fa andai a vedere un concerto con maxim vengerov il quale sostituì il compianto marriner, e con tutto che non sia un direttore di prim ordine suonava incomoarabilmente meglio rispetto a quando un ferro o un de marchi la dirigono. Quindi é proprio una loro manifesta incapacità nel dirigere oltre che nel concertare perché tutte le varie parti risultavano slegate almeno da quello che si riusciva a capire dallo streaming.

  4. Io ho avuto la ventura di vedere non una recita di Ermione al San Carlo, bensì tutte e tre.
    E dico volutamente ventura e non sventura perché in piena libertà, senza alcuna costrizione e consapevole del significato della mia decisione (mi pare suonasse più o meno così una delle formule del rito del matrimonio… è un po’ che grazie al cielo non ci sono invitato) ho deliberatamente scelto di andarci.
    Forse sì, rispondendo alla Grisi, perché avevo due soldi e del tempo da buttare; poi perché assistere a una recita di Ermione è una cosa talmente rara; poi perché andare a Napoli per una persone come me -radicata nel più profondo nord – è sempre un qualcosa di significativo; e un po’ perché – diciamocelo – se dovessimo uscire di casa solo quando la locandina merita…
    Detto tutto ciò credo che il divino Maestro, che centocinquantun anni fa entrava definitivamente nell’eternità, abbia iniziato (aiutato dalla mia vecchiaia sempre più incipiente) a ricompensare la mia devozione premiandomi con il dono dell’oblio. Quindi presumo che nel giro di qualche settimana mi dimenticherò di molti dei particolari di questa orribile produzione.
    Volevo iniziare a sproloquiare su quello che penso sia Ermione… Ma mi rendo conto che forse è opportuno fermarmi qui, magari mi ci vuole ancora qualche giorno.
    Oblio, datte na mossa…
    Un caro saluto a tutti intanto.

    • Ma non sono d’accordo perché quando un opera è eseguita male almeno io esco dal teatro assonnato e scontento. Ricordo anni fa un don giovanni al comunale di bologna direttore non ricordo ma credo fosse stagione 2010 11 , mai una noia cosi ho provato con un opera come quella che la noia al limite dovrebbe lasciarla fuori in piazza verdi e scomparire nell’immediata sala del bibbiena eppure è cosi e la lista è infinita, ecco perché vado sempre più raramente. Invece ultimamente vado molto sul sinfonico..prossimo concerto a parigi con blomstedt! Un appunto netto alla qualità di piede dello streaming e della regia sia audio che video..grazie operavision

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