Oggi ricorre l’anniversario della morte di Rossini, e vogliamo dedicare un piccolo omaggio al grande compositore e, insieme a lui, al direttore che più di tutti nel XX secolo ha coltivato, incoraggiato e praticato la ripresa di titoli rossiniani, sopratutto con riferimento al repertorio serio, in epoche in cui questi, salva l’eccezione di Mosé e del Guglielmo Tell, rappresentavano ormai solo titoli sconosciuti e confinati al mito del gusto e delle pratiche esecutive dell’800. I titoli di Rossini nel repertorio di Serafin sono stati ben 11 (di cui 6 titoli seri), con più di un approccio che definire storico è riduttivo, dalla mitologica Semiramide del 1940 di Firenze (che schierava, ricordiamolo, Gabriella Gatti, Ebe Stignani, Ferruccio Tagliavini e Tancredi Pasero come protagonisti) fino al vero Festival rossiniano apprestato sempre a Firenze nella stagione 1952, dove Serafin fece risentire Armida e Tancredi (e vale la pena ricordare anche la presenza di Vittorio Gui come direttore dell’Ory). Oggi sembra scontata la ripresa di questi titoli e la loro importanza storica, ma ricordiamo che Serafin operava in un tempo dove anche la sola conoscenza dell’esistenza di un titolo implicava cultura personale e poi fatica, nel reperire spartiti e partiture, capire le esigenze degli stessi e dell’autore ed eventualmente arrivare ad una ripresa in teatro, uno sforzo non sempre facile. È di Serafin il merito di averci fatto ascoltare la Callas alle prese con Armida e con la vocalità Colbran, tanto che tuttora quello rimane forse l’unica o quantomeno la più plausibile rappresentazione compiuta di quella vocalità, e di cosa risulta dall’applicazione di una voce e tecnica simili al canto d’agilità di forza, ed è senz’altro suo il merito di aver fatto anche rinascere un interesse nei titoli seri di Rossini poi culminati nella cosiddetta Rossini renassaince degli anni 80. Proprio a Rossini e ad Otello era dedicato l’ultimo progetto teatrale di Serafin nel 1964, purtroppo non realizzato a causa della scomparsa del direttore, la ripresa dell’Otello rossiniano, e sempre a Rossini è dedicato l’ultimo suo disco inciso nel 1963, dedicato ad una serie di Ouvertures rossiniane, alla guida dell’orchestra del Teatro dell’Opera di Roma. Celebriamo Rossini dunque, e celebriamo anche il Maestro di Cavarzere, cui tuttora dobbiamo dire Grazie se possiamo ritenerci fortunati di sapere cosa sia la musica e l’essenza del Rossini serio.
4 pensieri su “Omaggio a Rossini: Tullio Serafin e Semiramide.”
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“I titoli di Rossini nel repertorio di Serafin sono stati ben 11 (di cui 6 titoli seri)”.
Se non sbaglio mi vengono in mente Guglielmo Tell, Mosé, Semiramide, Tancredi, Armida, La donna del lago, Barbiere, Italiana, Cenerentola, Signor Bruschino. Quale è il titolo mancante?
Concordo sulla storicità delle riproposizioni del ’52, in quel maggio in cui, se non erro, c’era pure il Tell con Tebaldi, Baum e Rossi Lemeni e la regia di Grundgens, sempre diretto da Serafin.
L’Armida, pur con tutti i tagli, pur con tutti i problemi che un opera simile poteva avere dal punto di vista dei tenori, in un epoca in cui si era perduta l’idea di cosa fosse il vero tenore da opera seria rossiniana (oggi si sa cosa fosse, ma molti se ne fregano…o non se ne trovano…?) è sempre un documento eccezionale.
La successiva Donna del lago con la Carteri e Valletti (se non erro del ’56), pur interessantissima come idea di riproposizione di un’opera sotto un certo punto di vista ancora più desueta di Semiramide, di cui almeno, la sinfonia continuava ad essere eseguita con regolarità da tutte le orchestra, pur con tagli di ogni genere (O fiamma soave cantato da Valletti è solo uno stralcio dell’aria integrale) ma che in parte si possono capire con il fatto di adattare le aspre parti vocali alle voci che si avevano a disposizione, è inficiata dalla orrenda riscrittura perpetrata nel finale, in cui un revisore che evidentemente credeva di saperne più di Rossini, sopprime “Tanti affetti” con quel che segue, per sotituirlo con una scena insipida latamente ispirata alle musiche del primo atto. Non mi ricordo (poiché è da qualche anno che non sento più il disco) se anche in questa sede era utilizzata la musica di Bianca e Faliero che si è sentita nell’edizione della RAI con la Caballé, prima del finale, quasi a compensare il taglio della scena di Malcom del secondo atto.
Però la Carteri era brava e Serafin sapeva dirigere davvero…
utilizza il quartetto del falliero che era un fisso nella donna e se ti può interessare la carteri fu un ripiego. era prevista la cerquetti
Per l’epoca sicuramente un avventuriero visto che non c’era la facilità nel consultare le fonti che si può avere oggi in un epoca in cui le edizioni critiche erano fantascienza. E credo che tutti oggi debbano qualcosa a serafin. Anzi molto.
L’undicesimo titolo é il Conte Ory, che Serafin diresse per 3 recite nel 1959 a Torino.
Per quanto riguarda la Donna del lago del 1958, trovo innanzitutto molto bello il tratteggio dell’ambientazione romantica e scozzese che Serafin rende subito palpabile e poi la consueta grande maestria nel saper fare rendere al meglio i propri cantanti, se non erro infatti Valletti e la Carteri si scambiano la linea vocale ad un certo punto del duetto del primo atto (mi sembra in Cielo in qual estasi), troppo acuta per lui quella del tenore, troppo bassa per lei quella del soprano, allora meglio invertire la linea (prassi che si è sempre effettuata anche in Sonnambula nei duetti Amina-Elvino). La Carteri poi ha il pregio di farci sentire O mattutini albori con vera voce importante e bella. Invece per quanto riguarda il finale di Vito Frazzi mi sono sempre chiesto se fosse nei progetti fin dall’origine o se sia stata una soluzione dettata anche dal non avere una protagonista molto a suo agio col canto di coloratura (alla Carteri Serafin taglia anche la non complicata cabaletta di Adina nell’Elisir e nella Linda non la ricordo proprio a suo agio nel canto di agilità) e se in presenza di una protagonista più duttile come la Cerquetti, la Stella o la stessa Callas avremmo avuto anche il rondò finale.
Per esempio nell’incisione del Mosè per la Philips, pur praticando tagli, incide comunque i Balletti e una versione accorciata del duetto Amenofi-Faraone, sempre tagliato in teatro in quegli anni.
L’apporto di Serafin alla riscoperta e alla comprensione del Rossini serio rimane per me unica, è lui che ha mostrato la strada da seguire e ha sperimentato quanto più ha potuto per riscoprire davvero il Rossini serio.