La morte di Jessye Norman sarà per alcuni melomani, soprattutto francesi, un esacerbante dolore ed una perdita paragonabile a quella di Maria Callas. Questa è la cronaca, poi vi è, assai differente, il giudizio storico sulla cantante. Quando alla fine degli anni Sessanta la già voluminosa ragazza di Augusta inizio’ a calcare i palcoscenici internazionali si parlava e con fondati argomenti di una erede della Price sulla scia di altre voci colored come la Verrett e la Bumbry. Una registrazione di Nozze di Figaro conferma la prima opinione; un po’ meno lo confermarono le numerose Aida, cantate anche alla Scala, riprendendo la Arroyo, perché l’estensione era limitata e in zona acuta si avvertivano suoni ingolati e stimbrati. Il meglio in quegli anni di carriera fatta, come per tutte le cantanti, calcando i palcoscenici, fu una Africana fiorentina. E non poteva essere diversamente perché il ruolo di Selika conviene tanto ad un mezzo che ad un soprano cosiddetto Falcon e poi il timbro lussureggiante della cantante ben si addiceva al personaggio regale . Poi madame Norman prese altra strada ovvero quella della cantante intellettuale. Vi fu costretta perché pesare 200 Kg o poco meno non solo costringe all’immobilità scenica (che per inciso Pierluigi Pizzi sfruttò in occasione di Hipolyte ed Aricie a Aix en Provence) ma rende difficoltoso reggere qualsivoglia titolo del repertorio anche in esecuzione concertistica. E allora i discografici trasformarono la cantante, il cui timbro era fonogenico, e le sue apparizioni in un concentrato di cultura, esegesi testuale e disamina semantica del testo di cui furono capaci, sempre sull’onda della fama discografia, la signora Legge e Fischer Dieskau, ogni giorno più affettati nell’espressione. Siccome per cantare i Lieder basta l’ottava centrale e la cantante sembrava compiacersi della qualità del proprio timbro i suoni divennero sempre più indietro ed ingolati ed anche il volume ogni volta che appariva sempre meno, perché a questo risultato porta quel modo di cantare. Le poche volte che la Norman affrontava l’opera era per ricordare e celebrare le proprie qualità di tragédienne con personaggi come Alceste, le protagoniste dei Troiani, la Margherita di Berlioz, dove la fanciulla diventava distrutta dall’amore una straordinaria primadonna dalla sontuosa voce. Avventure discografiche come Santuzza, Carmen, Salomè furono esercizi d’accademia cui non seguirono neppure esecuzioni in forma di concerto
. Aggiungo che le tragédienne cui la Norman si rifaceva fossero la Flagstad, la Litvinne o la Caron, sino a Régine Crespin di ben altra proiezione della voce e sonorità disponevano. Un’esperienza, però, deve segnalata e ricordata ossia la statuaria sia in scena che nell’esecuzione Fedra di Rameau. Ormai abituati a suoni fissi e fischianti l’emissione tradizionale della cantante statunitense rappresentò un modo alternativo di affrontare quel repertorio. E per quelli della Grisi il solo modo. Naturalmente il pubblico di quelle che oggi sono le prefiche non se ne accorse, estasiato dalle posture statuarie della cantante, statua celebrativa di se stessa.
Sicuramente il fisico la aiutava tanto, però che fascino che aveva!
Può darsi sia vero quanto sostenuto nell’articolo, tuttavia non posso fare a meno di ammettere che pochissime sono le cantanti che hanno saputo emozionarmi così profondamente come è riuscito a Jessye Norman.
ci sono dati oggettivi e dati soggettivi. Oggettivo che la cantante non fosse un modello di tecnica sopratutto da un certo punto in poi della carriera. Soggettiva l’emozione. Penso ai fans di di Stefano.
La tecnica non è tutto…e poi bisogna intendersi sul termine (a cui non darei valenze oggettive, dato che – come ogni cosa – si evolve e muta). La Norman fu una delle più grandi cantanti del secolo passato. Punto.
Finalmente parole sagge .
Peccato che il repertorio di cui parliamo é stato scritto per un modo di cantare( a messo che ve ne siano altri). Quindi se ci si avventura fuori dal selciato al più si possono portare a casa i passi più semplici e quindi musicalmente piani. Ma se affronti la scrittura vocale delle regine di donizetti con altri mezzi, se arrivi sano a fine recita già e straordinario, ma li siamo al masochismo. Poi che tutto scorre lo sapevamo già da tempo. Io non discuto che Riccardo cocciante canti con il fumo alle orecchie, ma se si vuole cantare correttamente senza distruggersi certo repertorio, allora la strada da seguire é quella di coloro che in passato erano dei maestri. Quello che può cambiare é il modo caso mai di interpretare il modo addirittura di sentire quindi senza che l’interprete si sposti da dove è, e quindi il nostro modo si ascoltare sonnambula o ernani é diverso dal pubblico per cui sono stati scritti. Ma la tecnica non può essere differente, perché non siamo dei mutanti l’apparato vocale é sempre quello e a meno che le partiture non si autoscrivano e cambino da sole anche la musica.
Cosa c’entra?????? La Norman non cantava mica Donizetti… Breaking news (per tutti): esiste altra musica (anche vocale e operistica) oltre al melodramma italico o a Rossini!
Vorrei anche ricordare badura Skoda che ci ha lasciati visto che se ne sono andati a distanza di poche settimane.
Ascoltata dal vivo nel 1992 a Munich nei Vier letzte Lieder , diretta da Celibidache ; una delle grandi emozioni musicali della mia vita .
C’ero anch’io e concordo.
Veramente il mio era un discorso in generale non strettamente riferito alla Norman visto che il tuo commento parlava in generale della tecnica vocale che cambia nel tempo. Il mio commento riguarda ovviamente quel tipo di repertorio ovvero il melodramma italico, poi il contemporaneo facciano quello che vogliono, idem cocciante et simila. Buon fine settimana
Poi se devo dirla tutta io non sono di quelli che pensa che esiste solo l’opera italiana. Apprezzo Wagner Strauss ma sempre con il confine critico che non sfocia mai quindi nella stima incondizionata, e lo stesso vale per Gioachino e i colleghi di prima e dopo. Perché è vero che i melomania alle volte fanno squadrismo specie i rossiniani ma non è il mio caso!
Lo squadrismo musicale mi diverte, siccome per motivi anagrafici la cd. Rossini renaissance l’ho vissuta dall’origine ( assedio della scala, che fu il mio primo spettacolo operistico) Rossini è uno dei miei autori preferiti ed i cantanti rossiniani dei grandi spettacoli sono al 1995 i miei “idoli” di giovinezza. Però, nonostante questo, spero di non avere atteggiamenti squadristi. In caso contrario devo mutare il nickname in altro tipo Roberto Farinacci o saccheggiando Pratolini il Malesci. ,😄😄😄😄
Caro dd lo squadrismo io non lo demonizzo, dico solo che non ho un compositore preferito, quindi non mi vedrai mai con la felpa e il cappellino con la faccione del cigno di Pesaro. Il caso peró vuole che stia ascoltando il suo bellissimo coro per voci miste. Saluti e buona domenica
https://youtu.be/pnRhw762BhU
Quelli con felpa e faccione di Rosso sono quelli che credono alla favoletta della terza e quarta generazione di cantanti rossiniani come migliori di quelli della prima (Sutherland, Horne) e della seconda (Ramey, Blake cuberli). Quelli non sono squadristi, ma pecore