Nel 1977 quando si presentò a Chicago nel ruolo di Manon, Maria Chiara non aveva ancora debuttato Aida, ossia il personaggio cui ha legato la seconda parte della propria carriera. In quel momento Manon con Butterfly rappresentavano i ruoli forti per il soprano di Oderzo, che era e resta uno splendido soprano lirico, che aveva dato il meglio di sé come Violetta e Manon di Massenet.
Quella di Maria Chiara è, prima di tutto, una Manon cantata splendidamente con voce nobilissima e femminile, grande morbidezza e legato esemplare, intenzioni interpretative, che se non hanno la peculiarità dell’Olivero, sono tante e sempre aderenti alle indicazioni dell’autore ed al momento drammatico e scenico. La circostanza che la voce sia di grande qualità, sontuosa, ma non certo matronale e solenne agevola l’aderenza al personaggio della giovane appassionata e sconsiderata. Non solo la qualità timbrica aiuta anche a non fare di Manon una navigata prostituta, nella realizzazione della Chiara, infatti, mancano quelle connotazioni di esperta sensualità o di autoriprovazione, che sono la sigla dell’Olivero. La facilità degli acuti estremi e la flessibilità della voce nella prima parte del secondo atto sono, però, esemplari e la Chiara è, forse, superiore alla Manon erroneamente definitiva belcantista della Caballé. Entrambe sono cantanti vocalmente integre, tecnicamente preparate e in quella parte dell’opera non patiscono difficoltà.
Certo completa Butterfly la Chiara esegue un primo atto dove è evidente che la ragazza non conosce il mondo, mentre nel terzo lo splendore dell’ottava superiore non ancora provato dai concertati verdiani eseguiti in Arena svetta assai più facilmente che non anni dopo a Torino, dove si percepivano oscillazioni e durezze di suoni, che furono il prezzo pagato alla assidua frequentazione verdiana.
Quanto al tragico epilogo del quarto atto,alla facilità ed al turgore della voce in ogni zona, che rende giustizia alle difficoltà dell’assolo “sola perduta abbandonata” si associa la dolcezza e il tono dimesso e rassegnato delle ultime frasi dal “fra le tue braccia amor”. Mi permetto una notazione: la dinamica del soprano veneto nel finale è una delle più esaustive che la registrazione documenti, ben superiore a quella di altre cosiddette voci d’oro, assai prossima a quella insuperabile dell’Olivero, eppure risponde ad una idea e realizzazione opposta a quella del soprano di Saluzzo, per inciso venerata dalla Chiara, a riprova che la tecnica di canto non è fine, ma irrinunciabile mezzo espressivo.
Manon Lescaut – Maria Chiara
Des Grieux – Giorgio Merighi
Lescaut – Timothy Nolen
Geronte – Paolo Montarsolo
Edmondo – James Hoback
L’oste – Bernard Izzo
Il maestro di ballo / Lampionaio – Florindo Andreolli
Un musico – Kathleen Kuhlmann
Un sergente degli arcieri – Edward Huls
Un comandante di Marina – Julien Robbins
Orchestra e Coro della Lyric Opera di Chicago
Nino Sanzogno
Chicago, Lyric Opera, 09 Novembre 1977.
Parte I
Parte II
Gran bella voce. Ultimo atto splendido e Sola, perduta, abbandonata indimenticabile.
E dicevano con supponenza “provinciale”
Ricordo una registrazione di Aida del 1992 in Arena: la voce era gia’ disgregata. D’altro canto, negli Anni ’80 in Arena non fece solo varie Aide, ma nel 1985 fu Odabella: c’e’ un filmato. Poi nel 1989 o 1990 fu Leonora della Forza (io c’ero). Ma poi, tra l’altro, fu Amelia del Ballo nel 1986 o 1987 a Torino, e poi, se la memoria non m’inganna, l’altra Amelia non ricordo piu’ dove.
A Firenze fece il Simone
Nel 1987 a Torino aveva fatto Aida sotto la direzione di Santi con Lucchetti / Garaventa e Baglioni / Cossotto.
Qualche anno dopo sempre a Torino fu pure Leonora nel Trovatore.
Anni prima era stata Anna Bolena ed Adriana Lecouvreur (si racconta con la benedizione della Signora Magda).
Nel 1989 a Bologna fece Amelia con Pavarotti. Io c’ ero, a due recite