Il concerto di Jessica Pratt lunedì sera alla Scala è stato un concerto, che ha richiamato concerti di altre e passate stagioni. E’ stato anche un piacevole ed interessante concerto. Concerto di altre e passate stagioni perché il teatro era pieno o quasi, salutati tutti i brani da applausi, persino i Lieder, una mezza standing ovation alla fine, quattro bis onerosi e richiesti a gran voce dal pubblico. E poi il programma dove Jessica Pratt ha proposto, in quanto rappresentate della categoria della primadonna per volontà popolare, brani come Les filles de Cadix o Villanelle, sui quali il colto e l’inclito storcono il naso e che da sempre sono il biglietto da visita delle virtuose. Villanelle e Filles de Cadix sono alcuni dei brani connotanti la primadonna di altri tempi che incontrano l’ovvia approvazione del Corriere, che deve, però, precisare che una cantante come Jessica Pratt avrebbe dovuto proporre brani ancor più forti di questa tradizione come il valzer di Venzano, il Carnevale di Venezia o le Variazioni di Proch, inserite anni fa la cantante australiana nella lezione del Barbiere di Siviglia.
Ci sono state anche scelte raffinate o quanto meno desuete nel repertorio della Pratt come i Lieder di Strauss o non comuni fra gli autori più tipici del repertorio della cantante.
I concerti di canto, sia ben chiaro, non si esauriscono negli esiti del concerto, nella reazione del pubblico e nelle scelte del programma, ma rilevano esecuzione ed interpretazione. Cauta e controllata in Donizetti e Bellini, attenta al suono ed alla posizione Jessica Pratt ha, poi, sfoggiato un’esemplare proiezione del suono nelle poche battute del recitativo di Sonnambula e nell’aria scevra da ogni affettazione vocale ed interpretativa, presente in altre esecuzioni e non è poco anche perché “Ah non credea mirarti” batte una tessitura non propizia alla Pratt.
La vera sorpresa per il pubblico è arrivata con l’esecuzione dei quattro Lieder di Strauss a motivo dell’ampiezza della voce nella zona medio-alta e dal legato. Per altro nelle tessiture propizie alla propria voce la cantante ha sfoggiato un buon legato ed una proiezione di altri tempi nella sala, evidente nel primo bis: la tirolese di Linda di Chamounix; per contro in un brano di scrittura più centrale salvo i passi vocalizzati come la follia di Ofelia si sente un legato meno fluido, che si ripercuote sugli acuti e sovracuti. Acuti e sovracuti, che naturalmente, la Pratt ha dispensato senza risparmio. Del successo riservato ad una cantante, che opera fuori dello star system abbiamo detto, e dobbiamo aggiungere proprio per le peculiarità del soprano vorremmo sentirla eseguire le arie da concerto di Mozart o certi brani come la bourbonnaise di Manon di Auber, l’Annetta del Crispino o i titoli di opéra comique di Meyerbeer come Dinorah o Etoile du Nord. Opere che con altre meriterebbero quando si dispone del cantante adatto una ripresa nelle stagioni correnti, anche perché, oggi, Jessica Pratt è una delle poche cantanti che in Italia riempie il teatro.
Luigi Arditi: Il Bacio – Jessica Pratt, pianoforte Vincenzo Scalera
Trovo che Donzelli abbia riassunto in poche ma chiare righe tutto quello che l’altra sera si poteva dire del concerto di Jessica Pratt cioè semplicemente entusiasmante. A parte le scelte sul programma che personalmente mi è piaciuto molto, avevo sentito la Pratt in un concerto dato all’Auditorium sempre di Milano alcuni anni fa. A differenza di allora, mi è sembrato il soprano in questione sia francamente migliorato, maturato nella voce e nella sicurezza del canto (anche se già allora era stato davvero un bel sentire!). La signora Pratt l’altra sera ha sfoggiato professionalità sublime per tecnica ed esecuzione nelle arie di Donizetti e Bellini. Ha poi sfoderato talento da brividi nell’esecuzione dei Lieder di Strauss che hanno costituito la parte migliore della serata. Infine, ha unito le due precedenti qualità alla bravura recitativa e allo spettacolo nei quattro bis liberando acuti e sovracuti in continuo che hanno (ma giustamente!) mandato in estasi il pubblico anche a costo di qualche “urlatina” che, a quel punto della serata, poteva essere ormai concessa dopo quanto sentito prima. Certo sarebbe davvero stupendo poterla sentire in opere del repertorio francese di Meyerbeer o altre ormai non più eseguite e/o non eseguibili per la carenze vocali note circolanti. Una nota di colore (sbiadito!) finale: a Palermo, pochi giorni prima, la signora Pratt aveva ricevuto un gran mazzo di fiori mentre alla Scala nemmeno un “fiorellino” è comparso sul palcoscenico se non altro almeno per galanteria. D’accordo la crisi, ma almeno la Scala pochi euro per pochi fiori poteva spenderli dato che il biglietto lo si paga (e non poco) ugualmente.
Buongiorno,
da un ascolto esclusivamente audio, a me la Pratt è sembrata un po’ stanca rispetto ad altre prove, con tanto di sovracuti alquanto tirati e, appunto, gridacchiati. È il timbro in generale però adessermi parso meno fresco…Colgo l’occasione: parlando di vocalità lirico-leggera, mi è parso di capire che il blog non si sia mai occupato in modo specifico di Margherita Rinaldi (se mi sto sbagliando, me ne scuso). A me farebbe piacere leggere una disamina della vocalità di questa artista, che personalmente trovo di tutto rispetto… Grazie mille
Non ho potuto ascoltare il recital della Pratt e me ne dispiace molto, sono certo che sia stato di sicuro interesse. Del suo recente recital scaligero conosco solo una registrazione audio: essendo fedele alla massima “in live veritas” mi astengo da ogni giudizio sulla serata . Ho tuttavia visto e sentito la Pratt in differenti occasioni teatrali e concertistiche: cantante che apprezzo, brava e dotata ma ,come inevitabile, con qualche limite. Mi sembra che l’articolo – in controtendenza rispetto alla severissima linea editoriale – tenda a essere un po’ di manica larga. A fronte dei molti meriti e pregi evidenziati ( che condivido ) ho sempre trovato la Pratt interprete con qualche problema di musicalità ( l’ho vista talvolta smarrita sui tempi e recuperata grazie al provvidenziale intervento del direttore d’orchestra ), di espressività ( problema peraltro poco avvertito dagli incondizionati ammiratori della Sutherland ) e con problemi nel registro grave. Nel pur pregevole articolo di Donzelli trovo traccia di certa mentalità vociomane e loggionistica: tra tutte una cantante sola è brava, bella e buona: quella che garba a me. Le altre ( e gli altri ) sono da paragonare coi massimi interpreti di cui si abbia traccia registrata e, fatto il paragone, mandare al macero. Cosa che farei anche con la Pratt dopo aver riascoltato l’”Ah! Non credea mirati” della Callas: ma che non faccio, trovando questo tipo di comparazioni prive di senso. Aggiungerei che gli applausi calorosi e il teatro pieno non sono da far risalire solo ad altri tempi : alla Scala i pienoni e gli applausi calorosissimi si sono visti anche negli ultimi anni in recital di cantanti non particolarmente amati dalla Grisi: ad esempio Kaufmann, Carreras e Florez
( in questi casi il teatro non era pieno o quasi: era strapieno ). Quello senza paragoni più applaudito il penultimo alla Scala della Gruberova. Concordo con nort345: da quel che ho sentito nel recital in parola non mancano gli acuti stiracchiati e gridati ( ma si tratta di impressioni da una registrazione, dunque da prendere con beneficio d’inventario ) .
Ora, stanno andando in tv “i Puritani” di Firenze, con la Pratt. Taccio dell’allestimento, che ho visto dal vivo qualche mese dopo, a Torino: infatti, sto solo ascoltando.
Ma se ho ascoltato tutto, e non era la prima volta, il motivo era uno solo. Perche’, per sentire “ah, per sempre io ti perdei”, “a te, o cara”, “cinta di fiori”, la chiusa del 2^ Atto, “a una fonte afflitto e solo” , eseguiti in quel modo, preferisco andare a farmi una passeggiata, anche sotto la pioggia. Ora, nella Pratt non tutto e’ perfetto, l’intonazione qualche volta lascia qualche dubbio e il suono talvolta e’ un po oscillante ma l’emissione, e segnatamente nel 3^ atto, e’ dolce, tonda, morbida: si addentra in piani e pianissimi, anche ad alta quota, con disinvoltura: a confronto del collega e’ come sentire al tatto un foglio di carta velina al confronto di uno di carta vetrata. Ora, un Comitato di esperti si potrebbe mettere all’opera per spiegarmi che cosa ci faccia Siragusa nei panni di Arturo ? Mi dispiace, non lo capisco: la mia avversione per l’emissione di Siragusa e’ forse nota nell’intero Universo e …… e in altri siti. Cavalletti forza ma e’ comunque una spanna sopra a Gianluca Buratto, che e’ pero’ vittima di un attentato: gli hanno ficcato in gola un imbuto e costretto cosi’ a ….. diciamo cantare ? Ulula e bofonchia il ruolo di sir Giorgio. Ora, di fronte a questo paradigmatico spettacolo vocale, verrebbe da pensare che, purtroppo, la signora Pratt e’ tra le pochissime creature, sarei quasi tentato di dire con angoscia che e’ forse l’unica, di questo sciagurato pianeta, una delle pochissime, dicevo, ad avere un gran difetto addosso: saper cantare: forse esagero ma non credo di andarci troppo distante. Qui 3 anni fa fece Lucia e fui un pochino deluso ma, al termine di una recita, la salutai dicendoLe che mi auguravo di ritrovarla presto in Sonnambula e Puritani: mai piu’ vista. Speriamo …. e intanto andiamo a questa Italiana in Algeri.