Quella scaligera è stata un’Ariadne tremenda sia per la direzione che per le voci. Soprattutto per le voci. La Stoyanova la ricordavo più solida e composta. In realtà ha la voce spezzata in due tra centri e acuti, e quel che è peggio, tutta ferma sul palco: zero proiezione, nessuna espansione per la sala. Imbarazzante la sezione conclusiva – quella con le invettive “Du nimm es von mir” – della grande scena iniziale, senza slancio né carica emotiva, ovvia conseguenza del lamentato vizio della inesistente proiezione. Oltre al (cattivo) gusto da sciantosa di pianobar, Sabine Devieilhe ha meno voce di una soubrette. Ha avuto giusto un paio di acuti buoni, peraltro presi col solito appoggio mancato che produce quella fissità orrenda di quelle cantanti che inspirano alla Gruberova e approda in zona Rancatore. Bacco (Michael Koenig) inqualificabile: voce secca e sabbiosa, traballante, anche lui zero quanto a proiezione. E questo sarebbe un tenore da titoli wagneriani, come peraltro attesta la sua agenda (giocata in massima parte nei teatri della provincia tedesca e francese, al cui livello la Scala attuale precisamente si colloca)? Se questi sono i protagonisti, immaginate Arlecchino… Il mezzosoprano che interpreta la parte del compositore (Daniela Sindram) è una voce con timbro orrendo, mai sostenuta. Che poi la voce sia orrenda perché non sa sostenere o per natura matrigna è un problema che non ci riguarda affatto. Monologo e duetto con Zerbinetta buttati via. Stimbra e quasi parla. La direzione di Franz Welser-Möst cerca di imitare i tempi slentati di Böhm, ma senza polso, cavata né dinamiche. E, per dirla tutta, con vizi inaccettabili per un professionista quali la confusione nei momenti di insieme. Far suonare l’orchestra nel finale dell’opera di certo non basta a salvare la prova di questo millantato professionista del repertorio straussiano. La regia è debole, ma accettabile. Il prologo è un’insensata scena con due roulotte parcheggiate in un salotto bene (mi rifiuto di pensare a un’allusione ai fatti delle periferie capitoline, ma ormai…). Scarna, ma coerente la scena dell’opera: è come se i protagonisti si trovassero immersi in un’onda screziata. La caverna è una botola bianca ovoidale al centro. Bello il finale, con Bacco che entra da una scalinata, che arriva sulla botola, a richiamare quasi la profondità scenica del finale dei Contes firmati da Robert Carsen. Ma una bella trovata scenica non basta a riscattare una serata di ordinaria noia e sciatteria di quella routine da teatri di mezza classifica svizzeri, francesi e tedeschi, che sono sempre stati i luoghi di lavoro dell’attuale responsabile artistico. Di comprimari e comparse si deve tacere, pertanto non riferirò delle pagliacciate del signor sovrintendente, che si presenta sulla scena in vesti, che ricordano più un domatore che non un maggiordomo. Il circo, metafora sempre pericolosa…
7 pensieri su “Ariadne auf Naxos alla Scala”
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mi sono fatto una domanda -magari cretina- leggendo le osservazioni della rediviva marchisio ossia che fra treni di manon e autobus di ariadne possiamo pensare che la scala sia un deposito vario di mezzi di trasporti usati e dismessi o in dismessione
Magari nell’imminente Idomeneo arriveranno i cantieri navali…
Dopo moltissimo tempo si legge una recensione di Carlotta , fa piacere
Le roulottes nell’Ariadne si sono viste, in modo molto molto simile alla Scala, il luglio scorso a Holland Park : con la differenza che a Holland Park la regia, magistralmente costruita sulla recitazione, era semplicemente strepitosa, una delle cose più belle, divertenti e anche commoventi dell’anno. Alla Scala invece la regia era asfittica e desolante, malgrado il prestigioso ( e fortunatamente gratuito ) cameo di Pereira. Se il prologo dell’Ariadne scaligera è stato asfittico l’atto unico si è distinto, a mio parere, per vacuità e cattivo gusto, kitsch a 24 carati. Effettacci luminosi per nascondere il nulla dell’invenzione: insopportabile per un opera meravigliosa. Sono in completo disaccordo sulla Stoyanova: a parte qualche incertezza nel registro grave l’ho trovata interprete maiuscola.
Spettacolo veramente brutto, recitazione inesistente. Sono d’accordo sulla Stoyanova, mi é piaciuta molto visto anche il deserto che la circondava. La Sindram ha effettivamente un timbro brutto: l’avevo sentita in altre occasioni (pure in Ariadne) e non era stata cosi malvagia come in questa produzione. Zerbinetta…non era Edita Gruberova! Produzione: prima parte orrenda, l’opera : le luci camuffavano le poche idee e la conchigliona apriechiudi. Direzione d’orchestra non pervenuta: noiosissima. Perché???
Se non erro, direttore e regista sono gli stessi già responsabili del massacro, qualche stagione fa, delle povere Nozze di Figaro.
In questo caso si dovrebbe parlare, per la direzione scaligera, di recidiva specifica. O no?
Ma in quanto a recidive, semplici, reiterate o reiterate specifiche, in Scala vanno bene, se hanno affidato la regia di Idomeneo allo stesso regista che già aveva dato prova di sè con un risibile allestimento del Franco cacciatore.
Specifica o generica che sia sempre recidiva, quindi fatti penalmente rilevanti 😁