Il corriere della Grisi vuole riflettere e celebrare Hilde Zadek appena scomparsa alla età, davvero venerabile, di 101 anni. Il ricordo della cantante tedesca, naturalizzata austriaca, ma prima di tutto ebrea è l’occasione per riflettere su un mondo musicale ed operistico perduto. Perduto quel mondo, quel modo di rappresentare il melodramma ed a monte di scegliere e prepare il repertorio, devo concludere che sia perduto il melodramma. Forma di arte, che, passando attraverso la rappresentazione, non può essere apprezzata come una pittura od una scultura mediante la semplice esposizione. Il fatto è che per continuare a rappresentare il melodramma ci vogliono in ogni grande teatro tante artiste come la Zadek. La vicenda della cantante è esemplare. Nasce, ebrea, in Germania e dalla patria fugge con l’avvento di Hitler, ripara in quello che fu il primo nucleo dello stato di Israele, lì inizia a studiare il canto con Rose Pauly, in Israele per le medesime ragione della giovane Hilde, che esercitava la professione di infermiera. Si intuisce che la voce fosse spontanea e di qualità, di quelle “naturalmente impostate”. Tornata in patria prosegue gli studi con Ria Ginsberg, una delle più complete e raffinate cantante di area mitteleuropea. Nel 1948 in una settimana impara e debutta a Vienna, al teatro allora in funzione (l’An der Wien), Aida. Canta da quel momento a Vienna per un ventennio e più, nei maggiori teatri tedeschi con puntate in Italia e negli Stati Uniti. Il repertorio quello del soprano lirico e lirico spinto di area tedesca ovvero Elsa ed Elisabeth e poi Senta ed anche Sieglinde, Verdi (Trovatore, Aida, Ballo, Forza, Simone), Puccini, Andrea Chenier, eseguiti in lingua tedesca, molto Mozart anche con titoli allora desueti come la Vitellia di Clemenza di Tito, e quelli più consueti come Contessa, donna Elvira e donna Anna. Molto Strauss, in particolare Marescialla, Ariadne, Crisotemide. Nella carriera ci sono anche esecuzioni gluckiane e di titoli contemporanei. In buona sostanza la cantante si trova con Sena Jurinac di qualche anno più giovane e dalla voce un poco più lirica ad essere la colonna portante del repertorio nel più importante teatro austriaco. La solidità tecnica, la musicalità, la preparazione sono il presupposto per gestire sempre con buoni od ottimi risultati un repertorio che oggi nessuna cantante può vantare. In questo senso prima di lei Vienna avena avuto cantanti come Maria Reining e dello stesso tipo era stata Elisabeth Rethberg, che da Dresda era approdata negli Stati Uniti. Per altro in tutti i Paesi vi erano cantanti di buona od ottima voce, tecnica e gusto in grado di reggere con assoluta costanza repertori onerosi. Pensiamo in Italia ad una Stella, alla Ligabue e forse ultima rappresentante di questa esimia categoria Maria Chiara. Oggi i soprani lirici o lirico spinti o cantano in gola come Anja Harteros (che proverebbe ad emulare il repertorio delle Reining, Zadek, Jurinac) o dopo sei recite di Attila arrancano miseramente sulla Maddalena di Coigny. Ovvio che accada: non hanno la tecnica di una Zadek, la quale che canti la Messa da Requiem, la Marescialla, Aida, Crisotemide esibisce un suono sempre sul fiato e dal centro agli acuti saldissimo ed ampio, che consente smorzature e sfumature e da un senso di “libertà” del suono di “galleggiamento” che sono i termini che la vecchia scuola (LA SCUOLA DI CANTO) indicava quali sinonimi di canto professionale. La voce forse suona un poco chioccia ed ingolata alle prese con frasi di scrittura bassa come accade in Clemenza di Tito ed in Idomeneo, ma sono dettagli davanti ad una voce sempre morbida per natura e per saldezza di emissione, sempre rispettosa del legato ovvero del senso della frase (che canti Mozart o Verdi cambia poco) sempre pronta a smorzare e sfumare, ovvero a cantare piano senza che il suono “vada indietro” ovvero a cantare con impeto le frasi arroventate, come accade nel Requiem piuttosto che nelle tragedienne mozartiane. Il Requiem di Verdi del 1949 diretto da un Karajan ante fama planetaria è la declinazione degli assunti, ma lo stesso accade con le scene di Crisotemide dove il timbro freschissimo, splendente la facilità con cui senza intaccare la qualità del suono regge tessitura ed ordito orchestrale rende quello che Strauss vuole ovvero la creatura prigioniera della reggia atridica che vaneggia libertà e felicità. Insomma e non per l’età della defunta, ma per il mondo di cui la stessa faceva parte, una lezione dal passato. Purtroppo, mi permetto di aggiungere.
5 pensieri su “Hilde Zadek (1917-2019)”
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Dovrò riascoltarmela un po’, e magari sentire la sua Anna incisa con Moralt.
Lo dico perché conosco un’altra sua Vitellia, ripresa in un’edizione della Clemenza data nel ’55 o ’56 alla Radio di Colonia con la direzione di Kleiber, i recitativi secchi sostituiti da un narratore che riassume gli accadimenti in tedesco (l’opera è cantata in italiano), il personaggio di Annio trasposto in voce di tenore e tagli e taglietti vari per semplificare certe arie, vista l’inabilità assoluta di quasi tutto il cast a destreggiarsi con colorature, agilità e diavolerie simili. La Zadek mi era piaciuta poco. Di quella collezione di registrazioni di Colonia pubblicate dalla Capriccio ho anche un’Ariadne auf Naxos che schiera sempre la Zadek come protagonista, ma che ancora non ho sentito. Vi farò sapere…
Pardon, il direttore non era Kleiber ma Keilberth.
aspetto il “responso”
Buongiorno a tutti. Mi scuso per l’ intervento, ma il nome della cantante insegnante della Zadek è Ria Ginster, non Giensberg. Vale la pena ricordarla per la sua intensa e raffinata attività concertistica…Buona domenica!
grazie credo sia stato un errore di correttore ciao