Adriana Lecouvreur fra i titoli del melodramma italiano del ‘900 non ha conosciuto all’estero la fama di quelli pucciniani e dell’accoppiata Cavalleria-Pagliacci. Il motivo è facile. Adriana celebra nella forma più elegante e sofisticata il mito della prima donna verista: Femme fatale, seduttrice, riversa su canapè, aggrappata alle tende, agonizzante fra singulti e sospiri, seduttrice e sedotta, che ebbe in Magda Olivero, icona stessa dell’opera verista, la sua più alta celebrazione e completa rappresentazione.
Per il pubblico straniero, che non padroneggia la lingua italiana e soprattutto è culturalmente lontano da questo mondo, assai negletto da critici e musicologi italiani medesimi, Adriana non possiede la facilità di impatto di altri titoli già citati, che agli occhi del pubblico straniero, sopratutto nel primo Novecento, ben rappresentavano l’Italia. La circostanza ha comportato sino agli anni ’60 la sostanziale assenza del titolo dal Met, che vide fra il 1907 ed il 1963 solo tre rappresentazioni affidate al fascino scenico, alla fama di seduttrice ed ai mezzi vocali non eccelsi, ma educati e musicali di Lina Cavalieri.
Dell’esecuzione della Cavalieri non esistono, nella limitata discografia della sciantosa trasferita all’opera lirica, testimonianze. Ci sono invece del suo partner: Enrico Caruso, che fu anche Maurizio alla prima assoluta a Milano nel 1898. Il capolavoro di Cilea e del cosiddetto nobile attese ben oltre mezzo secolo prima di essere riportato sulle tavole del Met, negato persino a Rosa Ponselle, diva per antonomasia del teatro americano.
Onore ed onere della riproposizione toccò a Renata Tebaldi, che nel 1963 era la diva italiana di stanza al Met. Esiste la registrazione dell’intera serata, dove fra portamenti e smorzature da sogno messe in atto da una voce maschile e poderosa il vero trionfatore è Franco Corelli. La Tebaldi ripropose per anni al Met l’attrice della commedie française, sempre con successo da parte di un pubblico, che la adorava. Poi all’esito dell’ascolto di questa esecuzione la prestazione della Tebaldi desta perplessità.
Nel 1963 la cantante non era più al massimo della forma vocale, che si manifestava in difficoltà a partire dal mi4, con suoni spinti, talora di dubbia intonazione e tendenzialmente fissi. Poi c’era la voce aurea, la dizione precisa e la possibilità appena la cantante si moderava sul mezzo forte e piano di sfoggiare ancora un timbro privilegiato, davvero unico nella storia dell’opera
L’impressione generale, che si ricava da questa Adriana è che ci sia tanta, anzi troppa, Tebaldi con i suoi pregi,i suoi difetti, che al di là dello stato vocale, sono un accento generico, un limitato gioco dinamico ed agogico, che non rendono la figura di diva innamorata pensata da Cilea. Il problema è che Adriana per un soprano lirico o lirico-spinto non presenta difficoltà vocali, ma impone doti di sensibilità e fraseggio, estranee alla voce privilegiata della signorina Renata. Quando nel 1959 la Tebaldi si ripresentò in Scala, dopo quello che i suoi fans chiamavano esilio, i fans della controparte (ormai animata da altri interessi ed in conseguenziali condizioni vocali) le gridarono in milanese “renata hai la colla sotto i piedi”. Frase esemplare nella sua popolare spontaneità non solo perchè la Tebaldi fosse una attrice mediocre, ma perchè la colla riguarda più il canto e le intenzioni interpretative, che non la padronanza scenica. Insomma non possiamo affermare che quella di Renata Tebaldi sia una realizzazione “brutta” di Adriana, ma incompleta certamente.
In questo le tiene ottima compagnia e la supera nella incompleta realizzazione Montserrat Caballe, protagonista nel 1978 di una nuova produzione del titolo. La Caballe aveva eseguito già altre volte il titolo, che vocalmente le conveniva assai più delle parti verdiane, che in quegli anni stavano sfinendo la cantante catalana. Come nel caso della Tebaldi, Adriana non deve solo essere cantata, ma soprattutto detta e, trattandosi di una ripresa video recitata. La Caballe, siamo nel 1978, abusa di piani e pianissimi secondo il suo costume piazzati non dove lo richieda l’autore o la frase musicale, ma dove la senora lo trovasse più consono a fare risaltare il suo mezzo o suggerisse la comodità della frase. Basta la sortita o i “poveri fiori” tanto ricamati quanto anti musicali ed anti espressivi.
In più le dimensioni e la goffaggine mimica peggiorano la situazione. Agitarsi e scomporsi può convenire a donne dalla figura alta e slanciata, diciamo liberty, non alle forme mediterranee della Caballe. Ed anche qui come nel caso della Tebaldi non si può parlare di cattiva o brutta realizzazione, ma di un personaggio portato a compimento in maniera parziale. A questo punto credo di poter affermare che Adriana a differenza di un’altra parte della prima donna verista, come Tosca, abbia un binario interpretativo ben determinato dall’autore e dal quale, a differenza di Tosca, le deviazioni portano ad una parziale realizzazione del personaggio. Sembra quasi paradosso dirlo perché la diva verista è sinonimo di iperbole, ma se ti affidi nei panni di Adriana alla sola grande sontuosa voce sei limitata, come le esecuzioni Tebaldi, Caballe ed ancora più Mirella Freni (Adriana al Met nel 1989) testimoniano, seppur ad altissimo livello. Altrettanto non sei completa se, come Renata Scotto (Adriana nel 1978 e nel 1983), pigi il pedale sulla diva e sulla diseuse cesallando ogni frase, restituendo al pubblico significato e significante di ogni parola, magari per occultare un registro acuto mal fermo e stridente, ma alla fine Adriana suonerà leziosa e troppo ricercata. Poi siccome è giusta la punizione oggi abbiamo una protagonista vocalmente in difficoltà, piatta ed inespressiva, che canti o peggio ancora che finga di recitare. Ma questo è altro argomento.
7 pensieri su “Adriana al Met”
Lascia un commento
Devi essere connesso per pubblicare un commento.
La Tebaldi ebbe il merito di imporre a Rudolf Bing – per oltre 20 anni direttore artistico del Met – un titolo che egli detestava. Erano anni in cui il repertorio verista era sottoposto a pregiudizi e ostracismi degni di miglior causa e oggi in parte – specie fuori d’Italia – superati ( proprio a New York, nel settembre scorso, è avvenuta la ripresa di Gloria, l’ultima opera composta da Cilea ). Tebaldi, Caballé, Scotto: interpreti comunque di gran rango anche se trovo reali i limiti segnalati da Donzelli. Ma non si tratta certo una brutta storia interpretativa: tutt’altro. Ho trovato meno felice l’Adriana della Freni, lontanissima dalla sensibilità e personalità che il ruolo richiede ( e fu anche, a mio avviso, incolore Fedora ). La Kabaivanska, che non cantò Adriana al Met, fu a mio avviso l’unica grande e vera Adriana post-Olivero.
beh il titolo è impegnativo senza dubbio. secondo me l’opera verista avrà un suo nuovo periodo di riscoperta molto più di quanto accade ora, anche se alcune incisioni vedi opera rara con zaza già fanno ben sperare. In ogni caso anche la olivero era scettica riguardo alcuni manierismi presenti in queste opere vedi intervista con la casolla ma consapevole del loro grande valore artistico e storico culturale. Puccini diciamo fra tutti è quello più fuori dal coro e per questo vanta più esecuzioni oltre al merito musicale ovviamente.
Antonio
Da tanto tempo (anni)non vi scrivo. Ma vi leggo spesso. Ma ora mi sento di dirvi che ci vuole un bel coraggio a scrivere delle interpreti di Adriana e citare (oltre alla Olivero) solo la Caballé, la Scotto o la Freni e non citare Raina Kabaivanska che, dopo la Olivero, è stata la massima interprete di questo ruolo per decenni.
Che ci sia qualche pregiudizio? Da anni me lo chiedo. Non è che molti vi detestano anche per questo? Non per i pregiudizi nei confronti della Kabaivanska che, credo, se ne sbatte altamente di quello che voi scrivete, ma perchè molte volte voi vi dimostrate di parte nei confronti di molti, a me pare.
Nonostante questo io, ogni tanto, vi leggo ugualmente perchè, comunque ammiro, la vostra competenza, anche se detesto i dischi antichi che invece sono la vostra passione.
Viva Verdi
Se uno parla delle Adriane del Met, scrive di chi l ha cantata al met. La kabaivanska non si esibi in quel teatro in adriana. Ci vuole un po di coraggio e leggere anche il titolo dell articolo ☺
La tua sceneggiata è del tutto fuori luogo …..
lo sbattimento è assolutamente reciproco. ho ascoltato e visto spessissimo la kabaivanska sia nel suo specifico repertorio (Adriana, Francesca Tosca) che fuori di esso (Roberto Devereux) una delle cantanti più rappresentative della sua generazione, una indefessa lavoratrice, sempre attenta al fraseggio e preparata, raramente, però, mi viene voglia di sentirla. Mentre la Magda non mi stanco mai di sentirla e risentirla come la Muzio, la Farneti. quanto alle voci CD d’oro non ascolto mai la Tebaldi o la Ponselle; sempre la Cerquetti, la Rethberg e magari Antonietta Stella
….sono quello di prima.
Naturalmente tra le cantanti citate ho dimenticato la Tebaldi che reputo una pessima interprete dell’Adriana, come del resto di tutto ciò che ha interpretato (a parte naturalmente “la voce” d’oro”.)
Dopo di lei e forse peggio di lei c’è stata solo la Freni (sia pure anche lei dotata di “voce d’oro”).
Purtroppo la Kabaivanska non era dotata di “voce d’oro”….
non è una pessima Adriana. È la Tebaldi con la sua strepitosa qualità vocale, sempre che non forzi e che non spinga e la sua inerzia interpretativa.