Prosegue con i Lombardi della Rai 1951 (il famoso anno del cinquantenario della morte di Verdi) il nostro piccolo excursus nelle esecuzioni verdiane anteriori la cosiddetta Verdi renaissance.
I Lombardi sono famosi per il coro “dei Lombardi miseri ed assetati” ed un paio di numeri ossia la cavatina di Oronte le arie di Giselda ed il terzetto Oronte/Giselda/Pagano, preceduto da un ricco assolo di violino, hanno avuto fama e sopravvivenza assai superiore al titolo. Per altro il titolo conobbe nell’anteguerra alcune edizioni fra cui quella scaligera dove primeggiavano Bianca Scacciati e Nazareno de Angelis. L’esecuzione Rai del 1951 è la prima integrale documentata e lo fu anche per un lungo periodo. Diciamo subito che non è perfetta perché le parti, Giselda sopratutto richiedono esecutori di grande tecnica e qualità espressive congiunte. Inoltre non è integrale; secondo la prassi del tempo i da capo vengono soppressi e questo “vuoto” è ad esempio piuttosto percettibile nella famosa polacca “Non fu sogno”, che risulta davvero monca rispetto alla grandiosità vocale e drammatica che il brano eseguito integralmente vanta. Non sono limiti da poco, sono, in parte limiti del tempo. A questi si aggiungono anche quelli di gusto dei cantanti ben evidenziato da Maria Vitale, voce sontuosa, ricca (di quelle che oggi l’emissione gonfiata al centro e tubata nella zona medio grave distrugge in un paio di stagioni, mentre a quei tempi il rischio era l’accorciamento della gamma acuta perché l’emissione ed il sostegno erano di scuola e di tradizione), ma talvolta non ben coperta in zona di primo passaggio con conseguenti suoni dal sapore e dal colore volgare, verista si direbbe, e una difficoltà nella medesima zona al canto di agilità. Infatti le pagine meno felici dell’esecuzione sono proprio il rondò che chiude il secondo atto e la polacca del quarto. L’interprete, però, non è generica ed il temperamento e l’accento sono esatti in ogni pagina dell’opera sia che Giselda debba implorare, sia che debba piangere l’amore morente. Il tempo lento e solenne, non dimentichiamoci che è una scena di battesimo e conversione prima che di morte, del famoso terzetto trova prontissima ed eloquente la cantante napoletana. Come sempre eloquente ed alla bisogna morbido e sempre attento al legato ed all’espressione Mario Petri allora nella prima fase della carriera. Nessun Pagano delle edizioni successive (e preciso neppure Samuel Ramey) sfoggia voce ed accento del basso perugino.
L’aspetto più interessante di questa proposizione è la direzione di Wolf-Ferrari. I Lombardi abbiamo avuto già occasione di scriverlo sono costruito come i quadri che nelle chiese della diocesi di Milano celebravano la vita e le virtù del Borromeo. Questo significa che ciascun episodio di questa specie di rappresentazione sacra deve avere il proprio colore e le proprie dinamiche. Nulla nella direzione è pesante, nulla è grigio e monotono come un lavoro strutturato in questo modo corre il rischio di essere. I cori sono sempre ben differenziati dai sicari al soldo di Pagano, le claustrali subito dopo sono differenti per sonorità e dinamiche, i guerrieri alle porte di Gerusalemme non sono i Lombardi miseri ed assetati ed aggiungo nei momenti di tentazione bandistica (la più volte reiterata vanga) sono sempre grandiosi e solenni. Due momenti di vera grandiosità, elemento che i direttori di oggi hanno negletto e non sono in grado di restituire vanno segnalati per capire la rilevanza anche di queste esecuzioni, che tempo fa sono state patentate di pesantezza e verismo ossia il terzetto del battesimo e morte di Oronte ed il finale con l’apparizione di Gerusalemme. Gerusalemme con tutti i significati fisici e metafisici del caso esemplificata da Verdi pro populo.
I Lombardi alla prima crociata
Oronte – Gustavo Gallo
Giselda – Maria Vitale
Pagano – Mario Petri
Alvino – Aldo Bertocci
Viclinda – Miriam Pirazzini
Pirro – Mario Frosini
Orchestra Sinfonica e Coro di Milano della RAI
Ermanno Wolf-Ferrari
Milano, RAI, 1951.
Parte I
Parte II
Parte III
Parte IV
Speravo, sinceramente, in una chiosa su Gustavo Gallo, tenore pugliese molto apprezzato negli anni Trenta, e portatore di un’emissione e di una civiltà vocale ed espressiva che definirei di vecchia scuola.