Domenica scorsa Olga Peretyatko si è proposta in Scala come concertista. L’ultima apparizione ambrosiana, quale Desdemona rossiniana, non era stata quel che suol dirsi un trionfo e quindi il concerto del primo luglio era in primo luogo un’occasione di riparazione per l’artista, chiamata a prodursi in un repertorio affatto differente e auspicabilmente più affine alle sue corde.
La riparazione può dirsi riuscita sotto il profilo dell’assenza di riprovazioni. I trionfi sono altra cosa e presuppongono un pubblico più numeroso (abbiamo contato, fra un Lied e l’altro, almeno quaranta palchi vuoti) e meno distratto, o almeno in grado di comprendere come la pausa al termine della prima parte del concerto fosse, per l’appunto, soltanto una pausa e non segnasse la conclusione della serata (parlo de visu et de auditu).
Il concerto era dedicato nella prima parte a brani di musica da camera francesi, tedeschi e italiani e nella seconda ad autori russi, limitando alla sezione dei bis (tre in tutto) i brani d’opera e i topoi dei soprani di coloratura, alla cui schiera la signora appartiene. Essere un soprano di coloratura non esime però dall’esibire una voce con un minimo di espansione anche in zona centrale, ovvero quella in cui i brani selezionati per la maggior parte insistono e quella in cui l’esecutrice è chiamata a dire, cesellando e scandendo il testo, poetico non meno che musicale. E qui la Peretyatko mostra fin da subito la corda, visto che la piacevole voce di soprano lirico leggero (la voce di Musetta o di Susanna, anche della Manon di Massenet, magari in un teatro di dimensioni più contenute rispetto al Piermarini) risulta incapace di legare, di articolare con chiarezza le parole (soprattutto nei brani in lingua tedesca) e di esibire una dinamica varia e sfumata, atteso che da un piano larvale si passa, senza soluzione di continuità, a suoni striduli e sforzati (sebbene di poca “punta”). In quanto ad incapacità di evocare atmosfere ora brillanti e salottiere, ora drammatiche e occasionalmente tragiche, la cantante risulta eguagliata, se non superata, dal pianista Giulio Zappa, le cui meccaniche e grevi esecuzioni ricordano quelle dei dileggiati pianisti da saloon. In più, quando la tessitura abbandona il medium per approdare alla regione dei primi acuti, l’intonazione si fa, con il progredire della serata, sempre più incerta e faticosa. I problemi in questo senso culminano nell’abborracciata esecuzione di Villanelle di Eva dell’Acqua, straordinario catalogo dei virtuosismi della chanteuse à roulades in salsa tardo ottocentesca (staccati e trilli in primis), nella scolastica proposta del valzer di Juliette (forse il brano più riuscito del concerto, nonostante le cempennate agilità) e in un Improvviso di Corinna dal Viaggio a Reims infarcito di fioriture che vorrebbero essere sognanti e sono semplicemente la sigla della distanza dell’esecutrice da una parte, concepita per Giuditta Pasta e consegnata da certa deteriore tradizione, in primis pesarese, alle soubrette, ovvero a una categoria vocale che in Rossini può, forse, trovare adeguata collocazione solo nelle farse giovanili (e anche in questo caso, con la necessaria prudenza).
E siccome quelli della Grisi criticano per preconcetto e senza argomentare, ecco alcune esecutrici davvero GRANDI (non sempre e non solo appartenenti alle schiera delle colorature) alle prese con alcuni dei brani del concerto.
Lily Pons Sings Gabriel Fauré’s “Les Roses D’Ispahan.” 1938
Elisabeth Schumann; “Gretchen am Spinnrade”; Franz Schubert
Beverly Sills Sings Franz Liszt’s “Oh, Quand Je Dors”
Zara Dolukhanova. Liszt. Loreley
Antonina Nezhdanova, Rimsky-Korsakov: “The Rose and the Nightingale” (rec. 1914)
La Peretyatko è un disastro su tutta la linea. Niente tecnica, canta di bocca, gli acuti sono ingolati e calanti, l’interprete è generica e poco preparata, le fioriture sono approssimative, il timbro spesso è pettegolo e “vecchio”. Le sue ultime apparizioni sono disastrose e cerca sempre giustificazioni alle sue performances – mi rispose direttamente dicendomi che purtroppo era allergica al polline e in quei giorni era sotto cortisone e non poteva cantare ma lo aveva fatto per il suo pubblico e che tutti potevano avere serate no; le risposi che tutti possiamo avere giornate no, ma non chiediamo cachet alti e soprattutto se ci dicono che abbiamo fatto schifo lo accettiamo e, in soldini, le dissi di non raccontare minchiate perché esattamente pochi mesi prima un altro concerto era stato uguale ed eravamo in autunno). Ogni volta ha un abbassamento, un’allergia, un’influenza… Ormai è stra finita e consiglio di sentire le sue perle su YouTube sul canale di “paminam”, accompagnato dopo da ascolti veri e “antichi” come dicono.
Adoro “Paminam”!!! Che risate mi faccio!!!Pensa che a questa perla hanno affidato la nuova produzione di Lucia a Vienna nella prossima stagione….ma un ‘ascolto delle miserie di New York non bastava per rispedirla al mittente?
Beh a Vienna non mi stupisco più di niente ah ah ah!!! facevano fichi secchi con le grandi ed ora applaudono le Damrau o le Peretyatko… tra l’altro per la qualità odierna anche dei Wiener la Peretyatko va benissimo. Ho ascoltato alcune registrazioni ultimamente e devo dire che quasi li superano gli orchestrali della Rai… con un buon direttore sono meglio, ma rispetto ad una volta… Io vorrei sapere chi è l’agente della Peretyatko perché per me è Mastrota travestito!! È un genio se riesce a far passare le sue orripilanti serate in perle rare di inusitata bellezza!!!
Come no! A Vienna tutti idioti, Wiener compresi. Deve essere senz’altro vero.
Semplicemente…..squallida. Sotto ogni punto di vista..
Si squallidissima davvero! Poi le foto che fa sono di una volgarità unica, anche se facesse la modella… Vidi per sbaglio una sua intervista col Maestro Campanella e lei si dava Delle arie da Diva come se fosse una grande cantante. Campanella era un ottimo direttore, forse si dovrà adattare a ciò che passa il convento o l’età avanza ineserobilmente…
A mio modesto parere, ci vuole molto coraggio a definire Campanella un buon direttore.
Secondo me, invece, Campanella è un buonissimo direttore. Trent’anni fa, quando c’era lui sul podio, l’orchestra del Regio di Torino sembrava quasi un’altra orchestra (in meglio). E chi – come me – frequenta da oltre trent’anni la sala di Mollino sa che il percorso che ha portato l’orchestra del Regio ai notevoli livelli attuali è iniziato proprio con Campanella direttore stabile. Poi sapeva concertare e dirigere quelle favolose voci rossiniane che in illo tempore il Regio offriva ai suoi spettatori (Dara, Blake, Valentini, Serra, Montarsolo, Corbelli, Pertusi etc.)
Per tacere di Devia e Dupuy in Bellini o Massenet…
Non sapevo che la Peretyatko lavorasse con Campanella. Secondo me, Lorenzo Mariani ha sbagliato il nome.
Dove lavora adesso dopo quella Infelice sovrintendenza a Palermo, signor Mariani?
Guarda che lui è proprio un altra persona ……non c entra nulla col regista.
Si esatto purtroppo – o per fortuna dipende dai punti di vista, ah ah ah!!- sono un omonimo…se fossi lui e volessi continuare a lavorare in questo mondo, direi che la Peretyatko è fantastica e farei solo le pernacchie alla finestra come Totò quando lei canta!! Come fanno in molti eh…