Il Corriere della Grisi deve parlare, mentre sta per andare in scena, de ” Il pirata” di Bellini. Davanti a questo titolo classificazioni quali opera minore, capolavoro, lavoro preparatorio ai capolavori perdono qualsiasi significato davanti a quello di opera di levatura storica, sotto la particolare declinazione della storia della vocalità. Il Pirata codifica e sancisce l’esistenza del tenore romantico. Chiariamo subito che l’opera di Bellini non nasce dal nulla sotto questo profilo né tantomeno chiude definitivamente con il passato.
Non sorge dal nulla perché la contingente sebbene rara compresenza di due tenori nei cast delle opere napoletane segna, anche nell’opera seria (nel comico e nel semiserio, assai più del genere serio, votati al realismo), che l’ amoroso spetti non già al contralto, ma ad un tenore dalla voce chiara, dolce, morbida ed estesissima. Solo che il tenore del caso era Giovanni David la cui caratteristica prima e superiore alla altre citate era la facilità nel canto di agilità. Non è neppure un taglio netto con il passato perché dopo il Pirata Bellini affida ad un contralto Romeo Montecchi e la tradizione dell’ amoroso en travesti prosegue nei titoli di Pacini, Mercadante e Donizetti. Neppure la psicologia del personaggio ossia la poetica dell’esule del perseguitato dell’innamorato non corrisposto od osteggiato, cara a tutto il Romanticismo italiano, anche per la contingenza politica, rappresenta una novità. Non rappresenta una novità neppure la scrittura vocale con le lunghe e languide melodie appena fiorettate come il “cedo al destin terribile”, “vieni cerchiam pei mari”, che sono la apoteosi della tradizione napoletana di Zingarelli, ovvero dell’ ultimo baluardo della melodia italiana contro la scienza del comporre del “tedeschino” Rossini, che proprio a Napoli ebbe nel contempo trionfi ed acerrimi detrattori. Solo che queste melodie le sospiravano, in zona centrale della gamma vocale, contralti e castrati e non erano ubicate nelle zone impossibili della voce tenorile, dove chi era arrivato prima di Rubini -per ripetere Giovanni David- lo aveva fatto vocalizzando e non in scritture spianate o al più languidamente fiorettate.
Nessun nuovo ingrediente nella svolta che Bellini e Rubini posero, ma un modo differente di assemblarli. La storia del canto, se non dell’opera, piega verso un’estetica sino ad allora sconosciuta, verso un’espressione che non era mai stata così. Che gli ingredienti fossero antichi è ovvio perché Rubini era uno dei prodotti della scuola bergamasca, la medesima di Giovanni David, che era stato il modello per i primi anni di carriera di Rubini, che, sia pure rimaneggiate, aveva interpretato molte delle parti di David. Ma la dote di Rubini doveva in natura essere più importante di quella di David; questi, infatti era giudicato poco udibile nei grandi teatri come il San Carlo e, pur senza entusiasmare Rossini e per certo ricorrendo agli accomodi, aveva vestito i panni di Otello.
Rubini e Bellini inventarono, parola forse esagerata, il tenore romantico ed il canto romantico sparigliando gli ingredienti che erano della antica e recente tradizione musicale e vocale. Da allora tutti i tenori ebbero in Rubini l’insuperato modello e il Pirata rimase, più delle altre, l’opera di Rubini.
Talune volte questa frase significa, come nel caso di Armida per Isabella Colbran, che il titolo nasce e muore con il primo esecutore, con il Pirata si conferma solo in parte l’assunto non perché nessuno, dopo le molte esecuzioni di Rubini, abbia vestito i panni di Gualtiero, ma perché per i tenori del dopo Rubini, il titolo rimase un episodio sporadico nella carriera e non già un caposaldo della stessa. Eppure si tratta di molti dei grandi del tempo a partire da Giovanni David per proseguire con Poggi, Fraschini, Carrion, Baucardé e Mario, che affrontano uno o due volte nella carriera la parte.
Per questo motivo dopo il doveroso ascolto del tenore che più di ogni altro, nonostante i suoi spietati ed incolti detrattori fermi agli accidenti e non alla sostanza della Sua Arte, la prima riflessione deve investire le esecuzioni di Pirata nel trentennio successivo alla prima rappresentazione.
7 pensieri su “IL PIRATA: prime riflessioni sulla storica novità del titolo”
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Va detto comunque che anche le melodie sono insolitamente accese anche rispetto alle opere successive. Anche la parte scritta per il soprano non é da meno, ma senza dubbio il protagonista é Gualtiero stessa cosa per i puritani. Una cosa é certa il pirata é un opera che segna, e credo che Bellini essendo stato un ottimo manager di se stesso sapeva che si giocava la carriera futura e quindi occorreva qualcosa per cui farsi notare da subito.
Oltretutto non capisco perché programmare un ritorno così importante così a ridosso dell’estate. Voglio dire non c’è un periodo si e un periodo no però visto che manca alla scala da un pezzo io l’avrei rappresentata prima magari a ridosso della prima.
la stagione estiva è a limitato rischio e la avvenuta dirigenza ci mette sempre l’opera più pericolosa ossia quella belcantistica
Sul tubo si trova già la prima di venerdi. Il soprano mi sembra pessimo a corto di fiato e pure stonata….ascoltatela nel finale….
Ascoltato, ma perché il tenore dove lo mettiamo?
NEL DIMENTICATOIO, ESSENDO IN VENA DI GENEROSA BONTA’
Vi ringrazio, il sciur Donzelli per primo, per questi piccoli articoli che sono un condensato di sapienza, senso musicale e saper scrivere. Bello soprattutto il parallelo dei mirabili “adagi cantabili” di Scarlatti, Vivaldi, Caldara ed Haendel (nell’ordine scritto, i fattori non commutano…) e le espansioni liriche che poi diventeranno classiche nel tenore romantico.