A commento e ristoro di quanto offerto ieri sera da Radio3 in diretta dal Teatro Comunale di Bologna abbiamo pensato di scegliere un’edizione del titolo poco blasonata, ma nel pieno della tradizione operistica che faceva capo proprio alla RAI e al suo offrire, almeno fino agli anni 70, stagioni varie per titoli e artisti proposti, finalizzate al proporre al pubblico radiofonico un repertorio che per titol, varietà e vivacità culturale fa impallidire quello di qualsiasi teatro odierno. Occorre poi dire che nelle suddette stagioni Don Carlo non era una rarità ma un titolo eseguito con una certa frequenza, per la precisione nel 1931 a Roma, nel 1934 a Torino, nel 1937 a Roma, nel 1951 a Roma, nel 1955 a Torino, nel 1961 a Torino e, infine, nel 1969 a Roma. Tralasciamo i cast. L’edizione del 1961, che proponiamo, affiancava divi di grande carriera quali Ettore Bastianini e Boris Christoff, che replicano due personaggi di grande successo per entrambi, a nomi emergenti del panorama lirico dell’epoca come il tenore Luigi Ottolini, Margherita Roberti e Anna Maria Rota, e forse proprio in questi ultimi risiedono i maggiori motivi di interesse dell’edizione. Luigi Ottolini sarebbe oggi un modello per voce libera e sfogata, facile nelle frasi sul passaggio di registro, dotato di solida tecnica che lo rende capace di essere eroico e di sfumare ove richiesto, come ad esempio nei duetti con Elisabetta. Anna Maria Rota è un’Eboli eccellente, cantante oggi purtroppo poco nota ma di grande interesse poiché associava ad una voce piena e di bel timbro, facilità in acuto e una ottima propensione al canto di agilità, basti sentire a tal proposito la fluidità della coloratura nella canzone del velo e la precisione delle note staccate o il trillo su “questa santa novella” e fare un parallelo con il triste presente e chiedersi che voce verdiana o che belcantista possa essere la prescelta Eboli bolognese davanti ad una cantante dall’organizzazione vocale del calibro di Anna Maria Rota. Di grande interesse anche l’Elisabetta di Margherita Roberti, malinconica senza svilire il personaggio, che rimane una Regina e non una sartina alla corte del Re, sfoggiando infatti fraseggio sempre nobile e una linea vocale sicura che le permette di alternare il canto spiegato al canto lirico, come nei già citati duetti con Don Carlo o nel III e IV atto. Infine la direzione di Mario Rossi, considerato negli ultimi anni, ovviamente a torto, uno dei tanti vituperati “battisolfa” che avrebbero ammorbato il mondo dell’opera prima dell’avvento dei moderni divi della bacchetta. Mario Rossi dirige invece con piglio sicuro, chiaro senso del dramma, e molta attenzione al colore delle varie scene, che non può essere genericamente pesante e nevrotico come spesso capita di sentire, ne sia esempio il coro d’apertura della II scena del I atto, leggero e frivolo, il clima da grand opéra del terzetto fra Eboli, Elisabetta e Posa, l’atmosfera notturna dell’introduzione al II atto, che precede l’incontro fra Don Carlo ed Eboli o tutta la scena dell’autodafé. Un’edizione eccezionale perchè normale in fondo, dove l’impegno di tutti è profuso a rendere omaggio al compositore rispettando pubblico e, soprattutto, la musica.
4 pensieri su “Don Carlo – RAI 1961”
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Sono molto contento che abbiate menzionato con ammirazione Anna Maria Rota cantante ingiustamente sottovalutata. Chi non la conoscesse corra ad ascoltare questa splendida esecuzione di Cenerentola!
https://www.youtube.com/watch?v=NWpO9DLyUMc
La Cenerentola di Anna Maria Rota è magnifica, da annoverare senz’altro fra le migliori, specie se si considera la qualità del mezzo vocale e la grande abilità nel canto di agilità. La Rota canta anche una splendida Emma nella Zelmira di Napoli, e ne rimane tuttora l’interprete migliore.
Ieri sera, per puro caso, ho attaccato la radio su Radio 3 ed ho sentito un pezzo del Don Carlo che ora so proveniente da Bologna; ho resistito solo pochi minuti, per curiosità, ma di più non ce l’ho fatta. Avevo attaccato dopo l’inizio del duetto Filippo-Inquisitore e poi ho sentito più solo l’ingresso di Elisabetta. Non sono riuscita a resistere di più. Mai sentito un Inquisitore peggiore di quello bolognese; dove sono mai andati a pigliarlo? Il Filippo, tutt’altro che esaltante, anzi!, al confronto era un modello di belcanto. Il soprano mi ha fatto venir voglia di riascoltarmi di fila Caniglia, Stella, Cerquetti, Jurinac, Tebaldi, Caballé, Freni, Ricciarelli, Millo, tanto per limitarmi alle edizioni dell’opera che ho a stretta portata di mano. Di più non ho resistito. Povero Verdi!
Bello invece il Don Carlo diretto da Rossi, che, checché dicano o pensino certi Soloni, era un grande direttore, sia lirico che, forse persino di più, sinfonico, dato che per oltre vent’anni era stato il direttore dell’Orchesta Sinfonica di Torino della RAI, che aveva portato anche più volte in tournée all’estero con grande successo. Quanto alle sue capacità di direttore lirico basta sentire la sua incisione del Don Pasquale con Bruscantini.
A seguito di quanto scritto sopra, mi è venuto in mente quanto scrisse anni fa Giorgio Gualerzi in relazione ad una passata edizione felsinea del Don Carlo. Evidentemente deve essere una tradizione del Comunale bolognese scegliere dei pessimi inquisitori. Infatti all’epoca Gualerzi scrisse, più o meno – non ricorso, ovviamente, le parole esatte – che se Celletti aveva coniato l’espressione “scuola del muggito”, per il basso che allora aveva “cantato” al Comunale l’inquisitore, si sarebbe dovuto parlare di…. “scuola del rutto”.