Dagli ascolti che, puntuali, sono giunti sul tubo nessun può con onestà proclamare di qualità la Tosca di Anna Netrebko, debuttante nel ruolo al Met lo scorso 21 aprile.
I difetti sono quelli di sempre, diciamo consolidati a partire dalla scadente musicalità, alla voce artificiosamente gonfia al centro e la conseguente difficoltà a modulare in un brano (Il celebre vissi d’arte) dove colori e smorzature sono essenziali.
Per altro, parafrasando Rodolfo Celletti, siccome il canto non è l’arte della cabala limiti e difetti erano facilmente prevedibili perché questo è da tempo lo standard del soprano russo.
Al Met Tosca venne rappresentata nell’aprile del 1901 ovvero un anno dopo la prima romana. Protagonista Milka Ternina di cui sopravvive qualche frammento registrato da Mapleson.
Il soprano croato, che oltre tutto fu maestra di Zinka Milanov, non ha lasciato registrazioni ufficiali. Nel ruolo della isterica cantante romana Milka Ternina si alternò a decorrere dal 1902 con una delle dive del Met, che, invece, ha lasciato la registrazione del vissi d’arte: Emma Eames. Che questo vissi d’arte sia un capolavoro non me la sentirei proprio di affermarlo. La Eames usciva dalla scuola della Marchesi (che non amava e di cui non perse occasione di ricordarne avarizia ed attaccamento al danaro). Il soprano americano era assolutamente estranea al Verismo ed al gusto verista sia in senso negativo che positivo. Dell’esecuzione possiamo ammirare e contrapporre a quella della Netrebko la facilità di emissione, la proiezione del suono e qui ci fermiamo perchè la cantante è di una gelida piattezza e assoluta assenza di comunicazione. Ma era bellissima, americana ed elegante e rifulgeva da effetti di cattivo gusto. Tenne banco al Met quale Tosca quasi per un decennio e, a solo titolo di esempio venne preferita in Aida e Cavalleria e di gran lunga a Celestina Boninsegna, che, fuor di metafora era una racchiona, ma cantava ed interpretava la cantatrice romana in maniera splendida. E non lo racconta Donzelli, ma Riccardo Stracciari.