Su uno dei tanti angoli mediatici, che, all’ ombra di un nome e luogo illustre quale il teatro di san Carlo, vorrebbero occuparsi di opera è arrivato un attacco al corriere della Grisi. Non il primo e, per certo, non l’ ultimo. Ci siamo ben avvezzi e francamente delle solite contumelie un po’ (tanto) ce ne disinteressiamo, assolutamente ci fanno pena. E siccome i nostri calunniatori sono tanto attivi nel leggerci e nel ripetere la solita filastrocca quanto carenti nel motivarle, noi all’opposto, non solo per deformazione e storia, motiviamo le nostre cosiddette critiche, ma per divertimento, in attesa del treno, abbiamo la presunzione di spiegare loro perché errano, forti della urgenza di realizzare l’opera di misericordia morale: INSEGNARE AGLI IGNORANTI. Ed è presto detto. L’orecchio che consente di giudicare una prestazione va educato, cara signora o signorina Magliulo, con l’ascolto. E’ vero che ascoltare non significa sentire. Un Galeffi oggi, un Tibbett domani e magari anche uno Zanasi, un Taddei abituano al suono morbido e ben (o almeno decentemente) emesso, al fraseggio elegante, al tono aulico, al comprendere che ad ogni quota del pentagramma si deve cantare e non arrancare vocalmente ed arronzare come interpreti. Oggi questo svezzamento e questa educazione, nel vero senso etimologico della parola,sono facili ed alla portata di tutti. Basta arrivare a pensarlo, basta disporre di un pc e navigare sul cosiddetto tubo e sembra, davvero, di entrare nella stanza del tesoro. Questa disponibilità per tutti sempre ed in ogni luogo rappresenta quella che, con tanta prosopopea, si chiama offerta culturale e che aspetta di essere acquisita. Certo occorre, non per riproporre miti pascoliani, come il fanciullino, una mente sgombra dalle pirlate e dalla fandonie, che, con costante malafede, la stampa, oggi capace solo di mettere in bella le veline degli uffici stampa, propina.
Comprendo che non sia poco per chi è stato castrato nelle proprie pulsioni culturali. Diversamente non si è persone, ma numeri. Numeri plaudenti e proni preciso.
Come venne insegnato, la condanna mai colpisce l’errante, che può emanciparsi, ma l’errore. E nell’opera (e non solo) basta ascoltare. Anzi imparare a sentire.