E così l’altra sera la Scala ha celebrato il rito di suffragio della Callas con le presenza di pochi sopravvissuti di quella stagione del melodramma italiano. E’ stata un celebrazione nell’attuale stile Scala anche perché del periclitante italiano di Pereira, delle ave maria pre terzo atto della Callas, dei polsi di visone dei tailleur Biky (bellissimi, naturalmente e accuratamente descritti per la gioia di una parte del pubblico, che vorrebbe indossarli) la memoria della cantante non può giovarsene e nulla è stato aggiunta a quanto si sapeva o si dovrebbe sapere. L’unico intervento, che ha celebrato la cantante e la sua qualità, è stato quello di Filippo Crivelli, che ha avuto (e mi dispiace dirlo) il contraltare nelle antistoriche affermazioni di Luisa Mandelli, che ha proclamato la usurat tesi del prima e dopo Callas. Mi sia concessa una osservazione: se dopo la Callas è partito un nuovo corso della vocalità femminile, questo è stato un breve corso perchè dopo la stagione delle quasi coetanee e di alcuni soprani per lo più legate alla rinascita del repertorio rossiniano siamo nella palude Stige delle vocalità femminile. Le prove di queste sabbie mobili della seconda/terza generazione del dopo Callas possono avere molti nomi. Invito, a solo titolo di esempio, ad ascoltare la comica cadenza che Pretty Yende soprano corto e con problemi di intonazione ha esibito in una recente Lucia berlinese per capire la situazione. Davanti a questo: evviva le cadenze floreali della Tetrazzini, gloria sempiterna alle esuberanze veriste della Carelli, che, se decideva di smorzare “ i fiori agli altar” del vissi d’arte sovrapponendosi ed incrementando le indicazioni di Puccini, esibiva suoni da manuale.
Devo dire che abbiamo avuto la solita serie di svarioni dei cosiddetti giornalisti od esperti della vocalità, che hanno proclamato davanti ad un fortunoso video della Callas nella Medea del 1961-’62 (ultima apparizione del soprano greco in Scala) “guardate la Callas vestita di bianco” e si trattava come facile comprendere, conosciuta la trama di Medea, di Ivana Tosini nei panni dell’infelice Glauce. Questo è il livello di chi dovrebbe insegnare e stimolare alla riflessione ed allo studio di questa forma di cultura, che ier sera somigliava assai più ad un serraglio.
In compenso davanti ad alcuni ascolti, che assurgono alezioni di canto e di professionismo il silenzio. Non posso tacere che la capacità della Callas, giovane e corpulenta, di reggere il tempo lento della cabaletta della Lady “or tutti sorgete”, comprova una consistenza tecnica straordinaria tenuto conto della fermezza di suono e del legato e del rispetto della linea musicale. L’esecuzione del vissi d’arte dell’integrale diretta de Sabata va nella stessa direzione. Il suono galleggia alto sul fiato, la dizione della cantante è esemplare, il legato anche. Possiamo, anzi dobbiamo dire, che il Vissi d’arte non è certo la pagina di Tosca che meglio testimoni le qualità della cantante greca perché altre colleghe hanno sfoggiato timbri caldi, sontuosi, sensuali o assai più singolari ed altre ancora intenzioni interpretative e finezza di fraseggio di gran lunga superiori a quelle della Callas. Ma la conoscenza del mestiere, che le consente di essere una Tosca di rilievo (per la cronaca il meglio della Callas Tosca è la concitazione del secondo atto, il racconto dell’uccisione di Scarpia ed in “non la sospiri” che richiede eleganza e levità belcantistica trattandosi di opera scritta per un soprano, che dalle file del canto ottocentesco proveniva) sono il motivo autentico per celebrare la Callas, non gli amori o i vestiti indossati o lasciati nel guardaroba. Se ascoltiamo il passo “soffriva nel pianto” di Lucia il colore ed il peso della Callas sono, sia rispetto alle interpreti del periodo precedente che di quello successivo, più adatti a Stuarda o Borgia, la dinamica non compete con quella di una Sills o di una Scotto, ma la cantante monta in cattedra alle frase “l’istante di morte è giunto” dove, ad onta di suoni non bellissimi e un po’ forzati, sfoggia fiati spettacolari, strumantali a dar il senso più esatto e più pregnante alle parole ovvero al dramma del disinganno della giovane fanciulla. Questa è la lezione della Callas; che avesse tanti vestiti, che li indossasse bene ad onta della caviglia poco formata, che fosse dimagrita per forza di volontà (lo hanno fatto molte persone e non solo la Callas) personalmente non importa niente!