Con la rappresentazione di Torvaldo e Dorliska ieri sera si è conclusa la serie di première radiofoniche dal Rossini Opera Festival, fino a ieri sottotono per quanto attiene allo sfoggio di divi e agli eventi mediatici. Non poteva quindi mancare il consueto sfoggio di pesaresità cui il Rof ci ha abituato in questi anni, e dunque abbiamo assistito alla rappresentazione evento di questo Rof, che tanti superlativi e cori entusiastici probabilmente richiamerà nella stampa nostrana. La serata sostanzialmente è servita come conferma del lancio del soprano georgiano Salome Jicia, ex allieva dell’Accademia di Pesaro, già Elena ne La donna del lago della passata edizione, tanto che oggi, con tanto di comunicato stampa e intervista rilasciate all’Ansa, la stessa ha annunciato di essere la Semiramide delle future rappresentazioni evento del 2019. La notizia, in realtà, non giunge inattesa, poiché, già in occasione delle rappresentazioni monacensi di Semiramide (con altra star, la Di Donato), Michele Mariotti aveva espresso la sua ammirazione per il soprano georgiano, e poiché la stessa interessata, in occasione delle interlocutorie recite di Nancy, durante un’intervista, ha tenuto a precisare come avesse preparato l’impervio ruolo della regina babilonese per ben tre anni insieme ad Alberto Zedda (oltre a specificare anche un periodo di studio con Renata Scotto), quasi a volersi candidare quindi come possibile Semiramide di riferimento dei tempi moderni. Il tutto però doveva passare da questa ripresa di Torvaldo, come occasione foriera di conferme. E le conferme puntualmente sono arrivate, sia per addetti ai lavori del Festival e stampa, sia per chi finora non abbia trovato altrettanti motivi di entusiasmo nella vocalità del soprano georgiano.
Ma procediamo con ordine. Il titolo è alla seconda rappresentazione a Pesaro, si riprendeva infatti lo spettacolo del 2006 per la regia di Mario Martone e, pur senza vantare la popolarità di altri titoli, ha avuto una discreta circolazione nella prima metà dell’800 oltre a qualche ripresa moderna. Principale protagonista delle riprese ottocentesche è stato Filippo Galli, primo interprete del Duca d’Ordow a Roma nel 1815 e impegnato in svariate riprese del titolo a Barcellona nel 1818, a Napoli nel 1820 (in compagnia di Isabella Colbran e Andrea Nozzari), a Milano nel 1824, e a Madrid nel 1828. Galli aveva modo di dare sfoggio nel ruolo del malvagio Duca del proprio virtuosismo vocale unito alle doti di interprete, riuscendo a coniugare malvagità e imperiosa arroganza ai sentimenti d’amore mostrati verso Dorliska, passando per le scene col servitore Giorgio, tipico contraltare dei protagonisti nel genere semiserio e nelle pièces à sauvetage. Nicola Alaimo alle prese con il monumentale ruolo sfoggia canto di agilità poco fluido e sgranato, tutto uguale, già dalla prima aria, linea di canto monotona, quasi sempre relegata al forte, ad onta di un registro acuto facile e sicuro (tranne che in alcuni momenti del II atto, come ad esempio il duetto con Giorgio, forse per stanchezza) e ciò non permette all’interprete di poter essere vario nella dinamica vocale e di adattarsi a tutte le sfaccettature del personaggio. Delle sporadiche inflessioni amorose nei confronti di Dorliska nel corso dell’opera si perde così traccia, mentre al cospetto del servitore Giorgio l’accento dei due è quasi identico, rendendo difficile cogliere l’ironia del confronto fra il torvo Duca e lo spaventato servitore.
Carlo Lepore nei panni del servitore Giorgio cerca invece una vocalità, almeno nelle intenzioni, più vicina al genere serio, evitando di far scendere il personaggio in una parodia da farsa, in questo aiutato dalla buona dizione, ma è penalizzato dal canto di agilità, quasi sempre aspirato.
Raffaella Lupinacci nel personaggio di Carlotta mostra una vocalità che più che di mezzosoprano appare essere quella di un soprano poco sfogato, nonostante il registro acuto risulti più sicuro della protagonista, mentre l’interprete è spesso caricaturale, a danno della caratterizzazione del personaggio, che nel genere semiserio non scende mai ad essere farsesco, come dimostra la vocalità della propria aria nel II atto.
Il migliore della serata in scena sembra dunque essere Dimitry Korchak, che mostra una vocalità poco sicura quando è alle prese con il passaggio di registro e una coloratura non sempre fluidissima, risultando però l’unico a tentare di avere una linea di canto varia e sfumata, provando anche il canto a mezzavoce nei suoi momenti solistici e disimpegnandosi bene nei difficili ensemble, dove Torvaldo è chiamato a svettare su lunghe e difficili frasi legate. Si ha purtroppo la sensazione che il modello resti sempre Florez, anche nei difetti, ma in quest’occasione l’interprete si è mostrato intelligente, disegnando un personaggio abbastanza completo e soddisfacente.
Per quanto riguarda la protagonista possiamo dire che da una grande Semiramide è lecito attendersi una Dorliska impeccabile, mentre in quest’occasione la cantante ha mostrato una vocalità non ancora matura e sicura, rifugiandosi in alcune occasioni nel mezzoforte a fingere dolcezza di emissione, senza riuscire però a mascherare suoni aciduli e forzati nella zona del passaggio e nel registro acuto, dove ogni puntatura è risolta con suoni duri, poco piacevoli all’ascolto (l’apice in questo senso si è avuta nel finale della seconda aria, tanto da lasciare interdetti all’ascolto per radio). Per quanto riguarda il registro grave, dove Dorliska gravita spesso, si sentono suoni gonfi e spesso di petto, che nel II atto risultano spesso vuoti e difficoltos, mentre il canto di agilità è spesso a macchinetta, privo di vera fluidità e morbidezza, con un effetto di nevrosi che è improprio al personaggio. In altri momenti invece, come nella prima aria e nella cabaletta del duetto con il Duca, manca completamente l’abbandono della linea di canto che una vittima da pièce à sauvetage dovrebbe avere, che una grande virtuosa dovrebbe saper rendere pienamente per dare piena esecuzione a tutti gli stati emotivi del personaggio attraverso la linea di canto.
Corretto, ma un po’ stanco nella sua aria, l’Ormondo di Filippo Fontana.
Alla guida dell’Orchestra Sinfonica “G. Rossini” Francesco Lanzillotta si mostra come il direttore più interessante, e di fatto migliore, delle tre serate pesaresi, guidando l’orchestra in modo piuttosto sicuro e imponendo alla serata un buon ritmo, purtroppo con qualche pesantezza di troppo, a causa delle quali si tende a perdere il particolare clima delle opere di genere semiserio, sempre più lontano dalla sensibilità degli interpreti moderni e, in apparenza, impossibile da capire e rendere pienamente.
Gli ascolti
Gioachino Rossini
Torvaldo e Dorliska
Atto I
Dove son? Chi m’aita?…Tutto è vano…Ah! Torvaldo! Ah! mio diletto!
Lella Cuberli (dir. Alberto Zedda – 1976)
Darina Takova (dir. Victor Pablo Pérez – 2006)
Ah! Son pur infelice!…Olà!…Ella! Oh ciel!…Quel torbido aspetto…Del tuo sposo
Lella Cuberli & Sigmund Nimsgern (dir. Alberto Zedda – 1976)
Darina Takova & Michele Pertusi (dir. Victor Pablo Pérez – 2006)
Atto II
Non più: di mie sventure…Ferma, costante, immobile…Ah! Morir per caro sposo
Darina Takova (dir. Victor Pablo Pérez – 2006)
Dunque invano i perigli e la morte – Stefano Antonucci (dir. Massimo De Bernart – 1992)
Ella! Oh ciel!…Quel torbido aspetto…Del tuo sposo – Fiorella Pediconi & Stefano Antonucci (dir. Massimo De Bernart – 1992)
Non più: di mie sventure…Ferma, costante, immobile…Ah! Morir per caro sposo – Fiorella Pediconi (dir. Massimo De Bernart – 1992)
Questo post mi ha fatto venire in mente la Takova, cantante troppo prematuramente ritiratasi….qualcuno sa il perché? Non mi pareva essere così malmessa da doversi ritirare nelle ultime prove, soprattutto visto il viale del tramonto che hanno intrapreso le sue “coetane” Dessay, Ciofi, Mei, ecc.
Chi l’avrebbe detto che di tutte le giovani cantanti italiane (o assimilabili) lirico-leggere (per semplificare) attive all’inizio del millennio, Mei, Ciofi, Takova, Bonfadelli, Esposito, sarebbe stata la più minuta e piccolina a resistere, pure alla Dessay, che ormai è passata al musical.
La Ciofi ancora dispensa la sua aria, pardon arte, nei teatri franco tedeschi, ben sapendo che se tornasse in Italia non la passerebbe tanto liscia (vedi Oscar scaligero di qualche anno fa), a meno di trovare titolo adatto (opera contemporanea o qlc di sconosciuto o simili). Dovrebbe aver cantato Corinna Spertichini a Lione ma non ho trovato testimonianze audio e – udite udite – è annunciata debuttare Norma a Liegi!! Invece di cantare Adalgisa come aveva fatto la Mei (quel disco lo risento solo per lei, peccato una Norma tanto scadente) prova Norma!
La Mei si è un po’ ripresa dopo qualche anno di silenzio, tuttavia non saprei dire con che risultati; nella Rosmonda era fuori parte e pure dolorante a Bergamo (nel primo atto cantava ferma dalle quinte).
Una persona che conosco ha sentito la Corilla di Lione. Sul commento che mi ha fatto il tacere è bello….😱 ci possono essere minorenni che leggono queste pagine….😆😆😆