Per una volta la puntata non è centrata sul canto ma sulla direzione d’orchestra. Non che i cantanti convocati a Glyndebourne (allora veramente festival d’avanguardia e vetrina dello stato dell’arte) nel 1935 non fossero eccellenti professionisti e in almeno un caso (Domgraf) interpreti di riferimento per l’autore non meno che per il ruolo, ma è la bacchetta di Fritz Busch a regalare a questa pagina (uno dei tanti brani d’assieme, che costituiscono l’ossatura della commedia umana più amara ideata dal duo Da Ponte-Mozart) l’ambiguo incanto dei sogni premonitori. La disperazione autentica delle sorelle e quella simulata dei loro fidanzati, il malinconico distacco di Don Alfonso si fondono in maniera esemplare, mentre l’orchestra mantiene una levità e una trasparenza assolute, senza perdere di vista la tensione drammatica.