Il recente Assedio pesarese, la circostanza che il titolo rossiniano abbia avuto nei teatri italiani circolazione almeno sino al 1860, che i maggiori cantanti di quel periodo lo abbiano avuto in repertorio, le censure, puntuali ad ogni ripresa del titolo, di anti filologia della versione, che trionfò in Scala nel 1969 e che rappresenta uno dei punti iniziali e nel contempo più alti della rinascita rossiniana, hanno mosso la curiosità di Adolphe Nourrit e, poi, mia nell’indagare come e quando Assedio sia stato proposto nei teatri italiani dopo la prima parigina del 1826.
In primo luogo il titolo venne proposto, come prassi del tempo nei teatri della penisola, in traduzione italiana a poco più di un anno di distanza dalla prima parigina e non tornò quale semplice traduzione della versione francese, quella con il monumentale secondo atto che il Rof ha proposto quest’anno. Venne proposto spogliato delle danze, che non facevano parte della tradizione del gusto e, buono non ultimo, delle disponibilità economiche dei teatri italiani ed approdò dapprima al teatro ( non di primaria importanza e con cantanti non certo di grande fama) degli Accademici dei rinnovati di Roma. Non solo privo delle danza, ma con il primo taglio importante e costante ossia la sezione centrale dell’aria di Pamira mutuata dal “si ferite il chieggo il merto” del Maometto ed anche della stretta del duetto Pamira-Maometto “gli estremi istanti ascolta”, propria del lavoro napoletano.
Va precisato: con l’apparire di Assedio di Corinto, Maometto II, che per altro non aveva ricevuto molte rappresentazioni in Italia (e sia quella veneziana, per mano di Rossini medesimo, che quella milanese del 1824 avevano subito amplissimi tagli) sparì dal repertorio dei teatri italiani. La sparizione è sorte comune a molti lavori napoletani: Mosè circolò in Italia come traduzione della versione francese di Moise et Pharaon.
Da tutti libretti esaminati, che pure testimoniano come la maggior parte degli interventi e dei cambiamenti riguardi proprio la parte di Pamira emerge che la sezione di moderato, proveniente da Maometto non sia mai stata eseguita. Anche in Francia l’esecuzione di “O patrie infortunée” sembra essere stata legata alla presenza nel ruolo di protagonista femminile di Laura Cinti Damoreau, francese, ma di scuola e gusto italiani. I motivi possono essere vari: la struttura drammaturgica e musicale del Maometto napoletano fosse squisitamente napoletana con l’alternarsi di sezioni in tempi differenti, troppo differente da quella del recitativo-aria-cabaletta, propria (particolarmente quella di sortita) dell’opera italiana oppure che l’ardua scrittura di Anna Erisso, poi, trasferita a Pamira fosse ardua e praticabile dalla Colbran o da pochissime altre cantanti di scuola italiana e della qualità, davvero straordinaria, della prima esecutrice.
Va anche precisato che un lavoro sui libretti non può e non deve avere presunzione di completezza ed esaustività per il semplice fatto che il libretto, conservato nelle biblioteche spesso in esecuzione di disposizioni normative, che cominciavano a tutelare il diritto di autore può, nella migliore delle ipotesi, rivelare al melomane, allo studioso, al curioso che cosa in quell’occasione avrebbe potuto essere eseguito, compreso di tagli (spesso virgolettati) di eventuali inserimenti di pagine di altre opere oppure predisposti ad hoc. A nostro avviso è un principio di lavoro non è un punto di arrivo perché il libretto non ci rivela un’altra cosa essenziale ovvero gli eventuali trasporti ed accomodi che in quella sede furono eseguiti. Gli accomodi i trasporti erano essenziali ed irrinunciabili in un’epoca in cui le parto erano sempre scritte ad personam e che venivano proposte spesso con cantanti dalla caratteristiche differenti dal primo esecutore.
Questo secondo punto è, a parere sommesso di quelli della Grisi il punto più difficile di questi lavori e dovrebbe rappresentare la nuova frontiera della ricerca filologica. Difficile per un motivo pratico perché gli accomodi e gli aggiusti nascevano talvolta in sede di esecuzione o di prove talvolta ad opera dell’autore, più spesso ad opera di un soggetto differente. Nel caso di Assedio esiste, ed è quasi una costante delle esecuzioni italiane, un accomodo di mano di Donizetti, che nel 1828 inserì per una rappresentazione al Carlo Felice, dove Pamira e Maometto erano due grandi nomi quali Antonio Tamburini ed Adelaide Tosi; non è la sola, ma è il segno più tangibile della sopravvivenza di un costume molto diffuso cui un musicista quasi famoso come il Donizetti del 1828 si adattava, come molti prima di lui (non escluso Rossini, anzi) si era attenuto.
Spesso puoi accomodi e modifiche erano patrimonio esclusivo di due categorie di persone i copisti che in ogni teatro provvedevano ad effettuare la prima copia dall’autografo o dal testo che veniva fornito al teatro e poi dei cantanti. Nulla è più volatile degli archivi dei teatri che nella più fortunata delle ipotesi non sono catalogate e nella normale distrutti, ma questo difetto è ancor più evidente negli archivi dei cantanti, che seguivano il cantante , che spesso moriva in miseria, dimenticato perché altri nomi ed altri repertori erano in voga o nelle migliori delle ipotesi vedeva i propri spartiti versati in qualche fondo e lì aver sorte identica a quella degli archivi dei teatri.
Comprendiamo che questa strada sia impervia e dai risultati potenzialmente più incerti, che certi, ma lo studio, quello autentico non può accomodarsi sul mito del primo spartito , dello spartito della prima esecuzione, concetto assolutamente idealista e che rappresenta con buona pace di bolsi filologi ed allievi di identica tempra il primo passo per poter restituire al pubblico una credibile ed esauriente immagine di un’epoca. Poi a dimostrare che dubbi e lamentele sopra esposti non sono la regola costante può anche capitare che nelle biblioteche di qualche italico conservatorio in una sala dove si celebra una cantante si trovi uno spartito ad uso del teatro locale di una cantante ben più grande della dedicataria della sala e che, sotto il profilo della conoscenza, ti schiude mondi ed universi insperati.