Il documento è affascinante non solo perché testimonia l’arte canora e soprattutto quella del dire di due esecutori, il cui valore è certamente superiore alla fama di cui attualmente godono, ma perché sembra provenire direttamente dagli archivi dell’Opera di Stato viennese, dagli anni (i primi del Novecento) in cui il titolo mozartiano veniva proposto regolarmente sotto la direzione di Gustav Mahler e con cast in cui spiccavano i nomi di Selma Kurz, Leo Slezak, Grete Forst, addirittura Lilli Lehmann (prossima alla fine della carriera, è vero, ma ineguagliata nell’esecuzione della prima aria di Costanza) e, per l’appunto, Hesch e Preuss. La voce profonda, ma in nessun punto bitumata e sempre perfettamente sul fiato, del primo e lo squillo insolente del secondo costituiscono una pietra di paragone impietosa per qualunque esecuzione successiva.