I grandi cantanti del passato, soprattutto quelli fra fine Settecento e primo quarto dell’Ottocento dovevano per essere tali emergere nel genere tragico ed in quello patetico e non solo, dovevano essere capaci di dire. Capacità che si estrinsecava sia nei recitativi secchi che in quello accompagnati. Mozart, specie nel genere serio è figlio fedele al gusto ed agli usi del proprio tempo ed a Sesto, come a Tito e Vitellia, impone di esprimersi in grandi recitativi. A Sesto, fallito regicida, tocca quello che dà principio al finale primo di Clemenza, cui segue un arioso, prima dell’intervento degli altri personaggi. Qui la dicitrice è Martine Dupuy, che nella propria generazione fu l’unica a cantare Mozart con grande tecnica, quella italiana, che le consente suoni morbidi e rotondi in tutta la gamma della voce e effetti del dire preclusi a tutti gli altri cantanti che hanno affrontato il pudibondo e timido personaggio mozartiano.