SOPRANO O MEZZO? il centro della voce

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In questi giorni su facebook è uscito un piccolo, poco gradevole post  nei confronti di Giovanna Casolla di recente trionfatrice e salvatrice, grazie all’ultimo treno dell’alta velocità, del don Carlo fiorentino dopo il forfait della titolare del ruolo di Eboli. In sostanza il post dice che il pubblico ha tanto denigrato Domingo ormai baritono, ridotto ad essere un baritono più propriamente, mentre esalta Giovanna Casolla ridotta anche lei a 72 anni a cantare da mezzosoprano.

Basterebbe rispondere che la Casolla ha nel proprio repertorio dal 1976 la principessa Eboli ovvero ben prima di  debuttare Turandot, ruolo di soprano “gagliardo”, che richiede prima di tutto una penetrantissima zona acuta,  da sempre il punto di forza del soprano napoletano.

E qui con un paio di ascolti di soprani nel ruolo della Eboli, magari il don fatale di Birgit Nilsson, si potrebbe chiudere la polemica.

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Polemica che non esiste perché  Eboli è una parte scritta per un soprano cosiddetto Falcon aggiungo, però, versata per il canto acrobatico a differenza dell’altra primadonna del don Carlos. Il canto di agilità, la capacità di lanciarsi in una vocalità aggressiva (terzetto del secondo atto) di sfogare la voce in zona acutissima e nel contempo di cantare legato in tutta la gamma della voce come accade nella sezione centrale dell’aria del secondo atto, che comincia con “o mia regina” rendono la parte ardua e tale  rendere difficile il reperimento di una interprete che  soddisfi tutte le esigenze della parte. Non per nulla le Eboli di assoluta aderenza al testo ed alle esigenze dello spartito si contano sulla punta di una mano. E anche qui gli ascolti potrebbero risolversi nelle sensuali esecuzioni di Grace Bumbry e Shirley Verrett e quelle di assoluto, unico splendore vocale di Ebe Stignani. Le altre un po’ dietro anche se grandi: Cossotto, Simionato, Arkipova.

Ma il problema  è un altro e la riflessione un po’ampia e variegata.

Va premesso che  il concetto di mezzosoprano,  che andiamo a considerare è quello codificato da Verdi con Amneris e la Eboli perché prima di Verdi le voci gravi femminili (denominate contralti anche se emettevano do acuti) erano rarissime e strapagate soprattutto con riferimento al  melodramma rossiniano, assai più diffuse quelle di soprano centrale cui spesso affidate le parti di antagoniste come Seymour, Elisabetta di Stuarda e per certi versi Adalgisa scritta per un nominale soprano, ma di tessitura centralizzante.

Nel melodramma dalla seconda metà dell’800 compaiono molte parti che possono essere cantate sia da soprani che da mezzosoprani. Nell’opera francese a prescindere dalle cosiddette parti Falcon (riservate alle eroine del  grand-opéra) anche per la più modesta opera-comique le parti come Mignon, Carmen possono essere cantate da soprani o da mezzi.  Carmen furono mezzo soprani contralteggianti (Schumann-Heink, Otilie Mentzger), Immagine anteprima YouTube

mezzi cosiddetti leggeri  ( la prima interprete ossia Celestine Galli-Marie, la de l’Isle, la Lussac, la Supervia, la Pederzini, la Berganza) sino a soprani che potevano essere drammatici come la Kempe, la Destinn, lirico  spinti come la Jeritza e la Price, lirici come la  Calvè o la de los Angeles.

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Questo in virtù di tessiture centrali e delle caratteristiche delle cantanti tutte ben salde in zona centrale. Preciso che per Mignon, praticata dai soprani  ancor più di Carmen, erano anche previste varianti in zona sovracuta, praticate ad esempio dalla Kurz o dalla Arnoldson. Analogo discorso nell’opera italiana dove  Santuzza e Fedora sono state eseguite sia da mezzo soprani (si pensi ad Elena Nicolai) che da soprani sino all’opera russa dove Marina, la Pulzella di Orlenas (ed anche la Liubaska della fidanzata dello zar) è il tipico “condominio” fra soprani e mezzosoprani, come accade per Venus e soprattutto per Kundry ed Ortruda appannaggio sia di mezzosoprani che di soprani sino ai giorni nostri.

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Aggiungo certe frasi di Amneris come i sol acuti da attaccare dolci e piano nel quadro del gabinetto di Amneris convengono assai più ad un soprano che ad un mezzo. Per mia esperienza le ho sentite ben eseguite in disco dalla Stignani e dalla Arkipova ed in teatro dalla Bumbry in epoca in cui faceva assai più il soprano che il mezzo e da Irina Makarova.  Preciso anche che soprani puri applicati ad Amneris sono destinate a poco successo e molte critiche come accadde a Ghena Dimitrova e per correttezza alla Casolla, che nel ruolo della principessa egizia non ha certo riscosso gli unanimi consensi, che accolgono la sua Eboli.

Generalizzo: questo tipo di personaggi richiede ampiezza e sonorità al centro dove spesso vibra la corda sensuale ed erotica della donna innamorata e non certo inesperta nel campo dell’amore, ma anche capacità di reggere passi di tessitura acutaacuti ed acuti sino al si bem ed al si nat facili e squillanti (il do è sempre una rarità, spesso una variante come accade per quello, che chiude il concertato atto secondo di Favorita o per la possibilità data a Carmen di cantare le ultime battute del soprano nel Toreador e salire al do).

Chi ascolta le registrazioni, che vado a proporre,  vuoi di una Minghini Cattaneo (che nella sezione conclusiva dell’aria di Leonora di Favorita supera forse l’esecuzione della Stignani), vuoi di una Litvinne, che in gioventù disponeva di acuti facili e squillanti, sino a quelle ben note della Stignani, della Verrett e della Bumbry sente perfettamente queste qualità. Si potrà, poi, discettare se per dote di natura straordinaria o per grande tecnica o per entrambi gli elementi, si potrà e dovrà esaltare o censurare l’interprete, ma la vocalista è sempre costante ed identica, se vuole cantare.

Il fatto è un altro e deve far riflettere, soprattutto partendo dal fatto che da decenni i soprani non cantano più Santuzza, opera un tempo diffusa nel repertorio di quasi tutti i soprani, ovvero che tutte queste voci hanno, anzi avevano un controllo della zona centrale assoluto e che mai emettono anche quelle, che si produssero nel periodo dell’imperante verismo, suoni aperti e privi di appoggio in zona medio grave, quella del cosiddetto passaggio. E’ quella medesima zona della voce che un cattedratico, che non è capace di interpretare le fonti e, quindi, racconta frottole dice che deve presentare la frattura in gergo detta “buco” o “scalino”. Altro che Ermafrodite armononica si tratta di cantanti che per dirla spiana “cantano spoggiato”.

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Per cantare legato ovvero dolente e sofferente il racconto confessione di Santuzza al duetto con compare Alfio e poi svettare ne “infame io che vi parlai così” si deve cantare con suoni legati e raccolti in zona centrale. Solo a queste condizioni soprano lirici come la Spani, la Muzio, l’Olivero e la Rethberg potevano essere Santuzza senza sfracellarsi la voce, solo a queste condizioni mezzo soprani come la Stignani (che non piaceva a Mascagni, che la considerava compassata), la Nicolai, la Cossotto, la Bumbry e persino Irina Archipova ultra cinquantenne, potevano superare la tessitura davvero sopranile dell’inneggiamo o del “No, no Turiddu” o del “Turiddu mi tolse l’onore”.

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Poi si deve aggiungere un’altra considerazione ovvero che le carriere ed i repertori vengono condizionati dal gusto del tempo e dalla richiesta dei teatri. Quando Grace Bumbry e Shirley Verrett cominciarono a cantare ruoli di soprano, drammatici (la Lady o Norma) e magari anche lirico spinti non vi erano più le vere ed autentiche rappresentati di queste categorie vocali proprio perchè si era già perso quel controllo del centro della voce, che consentiva alle voci drammatiche di cantare e di resistere nel tempo. Per contro quando si esibiva Ebe Stignani, che in concerto cantava “Pace mio Dio”, “Casta Diva”,  il rondò di donna Anna, piuttosto che l’aria del sonno di Cecchina o la grande aria da concerto beethoveniana “Ah perfido!” poteva cavarsi questi “sfizi” solo  in concerto e per preservare lo strumento, ma soprattutto perché vi era una tale concorrenza in campo sopranile autentico, che non consentiva troppe derive.

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2 pensieri su “SOPRANO O MEZZO? il centro della voce

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