In questi giorni, in grazia del fatto che alla scala si siano date due opere di cosiddetto bel canto e che in terra francese si sia osato proporre Semiramide con un falsettista in luogo del contralto previsto da Rossini e che la critica abbia avuto la faccia di bronzo di non rivoltarsi perchè è assai più importante compiacere che piacere sono stato costretto a concludere che ormai le orecchie del pubblico sono totalmente lontane dal percepire e capire il canto di scuola. Questa non è nè una battaglia di retroguardia, nè passatismo, nè mania da adoratore dei morti o cassamortari quali, ad ogni cenno di disapprovazione i Grisini, vengono indicati. E’ più semplicemente richiamare a sè stessi il canto non fine a sè stesso, ma quale strumento e mezzo per esprimere una forma d’arte: il melodramma e relativi succedanei quali il canto da camera o da salotto. E da questo genere deteriore, affidato alla deteriore voce del soprano cosiddetto leggero inizio proponendo una romanza di Tosti ad opera ed arte di Regina Pacini Alvear, grande soprano portoghese che dimostra come anche il soprano leggero canti con voce sonora e piena in tutta la gamma della voce, all’evenienza utilizzi il registro di petto che, sostenuto dalla respirazione, non è sbracato o di cattivo gusto, salga e leghi il suono, con cospicue capacità polmonari ad ogni quota della voce mantenga il suono sempre rotondo e morbido. Il tutto per rendere quel clima languido e salottiero che è la sigla di ideale di Tosti.