L’Enigma della Boninsegna. Prima parte

L’Enigma della Boninsegna.

di Max de Schauensee
Traduzione di A. Nourrit

Celestina_BoninsegnaFra i collezionisti di dischi di voci famose del passato nessuna cantante è più popolare e allo stesso tempo più controversa di Celestina Boninsegna, il soprano drammatico italiano. Vi sono diversi dischi long playing dedicati a questa enigmatica cantante; la si può ascoltare in recital operistici della durata di circa quaranta minuti su dischi Eterna, Scala, Delta e Olympus. Sono disponibili altri estratti, disseminati in varie collezioni miste, troppo numerose per essere menzionate. Così in questo recondito mondo dedicato al passato abbiamo la strana situazione che prime donne immensamente famose e popolari come Geraldine Farrar, Emmy Destinn, Maria Jeritza e Rosa Raisa siano rappresentate in LP commerciali in modo sparso, mentre la Boninsegna, attraverso la mediazione del microsolco, gode di una vita postuma che non mostra segni di cedimento.
Considerato che la Farrar, la Jeritza, la Destinn e la Raisa erano superstar, che godevano del plauso internazionale nei più grandi teatri d’opera del mondo, i trionfi della Boninsegna sembrano essere stati raggiunti più solidamente in sala d’incisione. Ciò ha portato molti a pensare che fosse una sorta di caso discografico e che la sua voce fosse paradisiaca in disco ma probabilmente inferiore a quanto si poteva ascoltare in teatro. Un’opinione simile viene avvalorata dal fatto che le poche esibizioni della Boninsegna al Metropolitan nella stagione 1906/07 risultarono un insuccesso. Senza dubbio fu incapace di affermarsi con il pubblico di New York davanti alla popolarità di Marcella Sembrich, Emma Eames, Geraldine Farrar, Olive Fremstad e Lina Cavalieri. La Boninsegna cantò solamente sei volte al Metropolitan – due Aide, due Santuzze (una a Philadelphia), un concerto della domenica sera e un concerto misto che precedette la storica prima americana di Salome. Non più tardi del 1963 un lettore ha osservato su OPERA NEWS “Le registrazioni di Celestina Boninsegna suggeriscono una grandezza forse mai realizzata, poiché da uno studio degli impegni del soprano si rileva come nei suoi giorni non fosse considerata un’artista di primo piano”.
Per compensare opinioni simili, ho sentito da due fonti attendibili che la voce della Boninsegna era eccezionale. Romano Romani, amico di lunga data e maestro di Rosa Ponselle, a sua volta compositore operistico, disse che i due eccezionali soprani drammatici che ricordava della sua gioventù erano Eugenia Burzio e la Boninsegna. Non erano belle o affascinanti, ma la Burzio aveva una presenza scenica monumentale congiunta a una voce che la rendeva l’artista drammatica predominante del suo periodo, mentre la Boninsegna, con poco talento per il palcoscenico, possedeva uno degli strumenti più eccezionali che avesse mai sentito.
Questo parere mi è stato confermato quando ho intervistato Riccardo Stracciari per OPERA NEWS a Roma nel 1954. “Per quel che ne so”, disse il grande baritono, “solo una donna ha cantato la musica di Aida nel modo che io ritenevo dovesse essere cantata, e quella era la Boninsegna. La sua voce era così grande e bella, tutta argento e velluto. Ma non aveva grazia o eleganza come persona. Quando si è esibita con me nel suo debutto al Metropolitan, con i suoi ampi contorni fasciati in una sottoveste color cioccolato, nonostante una voce unica in questo ruolo, il pubblico e i critici non la apprezzarono. D’altro canto il Metropolitan aveva Emma Eames – una bellissima donna! (in italiano nel testo)”.
La Boninsegna si esibì alla Scala durante l’inverno del 1905 in alcune recite di Aida, in cui ne venne riconosciuta la potenza vocale. Ma con questo si riassume la sua carriera alla Scala. Nonostante le limitate presenze al Metropolitan e nei principali teatri d’Italia, godette di momenti in cui la sua carriera sembrava sbocciare. Durante le stagioni autunnali del 1904 e del 1905 al Covent Garden, fu ascoltata in Aida, Un Ballo in Maschera e Il Trovatore, con pieno apprezzamento della sua magnifica voce. Nondimeno non fu invitata a prendere parte alla stagione principale, dove avrebbe ottenuto un prestigio anche maggiore. E’ piuttosto plausibile che una nuova stella, Emmy Destinn, non gradisse una rivale così potente.
A Boston, dove la Boninsegna fu presente nella stagione 1909-10 come principale soprano drammatico del repertorio italiano – Aida, La Gioconda, Cavalleria Rusticana, Mefistofele (Elena), Il Trovatore e una produzione in italiano di Huguenots – fu accolta molto meglio che a New York. Fu in questo periodo che incise i suoi migliori dischi per la Columbia, risultato del suo successo.
Nata a Reggio Emilia nel 1877, la Boninsegna studiò al conservatorio di Pesaro sotto l’egida di Pietro Mascagni. La sua insegnante fu Virginia Boccabadati. Dopo tre stagioni di esibizioni giovanili, emerse al Teatro Costanzi di Roma nel 1901 nella prima mondiale de Le Maschere di Mascagni, sotto la direzione del compositore stesso. Questo le valse un posto nel mondo operistico. Ma la cattiva sorte tormentò la sua carriera. Potrebbe essere stato un caso in cui “il carattere è il destino”, perché questa placida, grande donna dalla splendida voce era incapace di avere a che fare con gli intrighi dei teatri d’opera e con le liti per un posto di primo piano sotto i riflettori.
Da ragazzo, ammiravo moltissimo le note di petto da tigre della Boninsegna nel duetto del Trovatore con Francesco Cigada. Così fui più che intrigato quando il compianto William H. Seltsam, compilatore degli annali del Metropolitan Opera, mi pregò di andare dalla Boninsegna e convincerla ad autografare le etichette per una futura uscita del suo International Record Collectors Club. Navigai verso l’Europa nell’estate del 1937 con le etichette al sicuro nella mia valigia. Dopo essere arrivato a Milano in settembre, scrissi al soprano, chiedendole un’intervista. Ricevetti una pronta risposta, a caratteri grossi e semplici, indicando il giorno, il luogo e l’ora.

(… segue)

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3 pensieri su “L’Enigma della Boninsegna. Prima parte

  1. Salve, potrei sapere qual’è esattamente la fonte di quest’articolo? Vedo che è una traduzione da Max De Schauensee ma poiché vorrei citarne una parte nella mia tesi di dottorato, dovrei sapere a quale rivista appartiene, volume, numero e data per favorissimo.

    Mille grazie,
    Barbara

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