Pubblichiamo la lettera di Paola Zonca in risposta a Brentas.
Buongiorno, sono l’autrice del pezzo di Repubblica citato. Non credo che il cronista debba stabilire chi ha ragione o torto, ma cercare di spiegare i motivi delle contestazioni. Se la vostra recensione fosse apparsa il 13 ne avrei sicuramente dato conto: sono una lettrice attenta del blog. Grazie buona Pasqua
Riteniamo doverose talune precisazioni. La risposta oggi riservata alla penna della Repubblica è la medesima che offrimmo nel 2013 all’epoca di un ben riprovato Ballo in maschera ii cui, secondo un USATO e STANTIO cliché, la colpa dei fischi sarebbe stata di quelli della Grisi. Quattro in quella occasione, tre per questa. Se quelli che hanno fischiato alla fine della prima recita fossero solo i tre Grisini lo lascio valutare a chi fosse in sala od abbia ascoltato la diretta radiofonica.
Nessuno pretende che la stampa debba dirimere dove risieda la ragione, ammesso e non concesso che nell’arte della rappresentazione operistica posa esistere “il vero”. Esiste se mai sempre una valutazione di capacità e professionalità di chi calchi il palcoscenico, ma per valutarlo occorrono capacità, professionalità e cultura. A buon intenditor poche parole.
Al giornalista si richiede, però, l’obbligo di informarsi prima di scrivere. Molti colleghi della signora Zonca lo hanno fatto contattandoci a mezzo mail o anche con altri mezzi. Più d uno di loro ha rilevato la olimpicità delle risposte e la loro obiettiva coerenza. Preciso tutti sanno chi siamo ed avremmo dato riscontro alla destinataria di questa, come a qualsiasi altro suo collega, senza difficoltà ed, anzi, con piacere.
Se non si deve accertare la verità, educazione e professionalità impongono che prima di ripetere l’usata filastrocca “i conservatori della Grisi” si interpellino i conservatori della Grisi. Chiedere di interrogarsi in ordine ai perchè dei Grisini è, forse chiedere troppo: significherebbe interrogarsi su qualche cosa che accade da circa venti anni e soprattutto mettere in dubbio verità di fede come ” alla Scala solo il meglio, LA VERA CULTURA”, e l’obbligo (morale ed economico) di “voler bene alla Scala”.
In un sforzo maieutico, che vorremmo non invano speso, regaliamo a Paola Zonca un ascolto comparato Rossiniano ovvero: la cavatina di Semiramide. Non è, come si deve dire il confronto fra passato e presente, ma tra saper cantare e non saper cantare, riconoscerne le differenze è come “sentire” o “non sentire”, capirne l’importanza è come “pensare” e “non pensare”.
Buona Pasquetta! vado a riflettere sulla voce di Rita Orlandi Malaspina.