La Traviata alla Scala. La voce di Anna

17103812_10156005742182627_5558073420609197895_nE’ molto difficile recensire la prima recita trionfale di Anna Netrebko alla Scala, un successo a cui ho felicemente  partecipato e contribuito, ma pur sempre…..ben  presente con l’udito. Potrei descrivere il boato degli applausi finali alla sua singola, dirvi che la diva Anna si è presentata in forma e preparata meglio delle precedenti prove, stupendo il pubblico perché ha cantato davvero oltre le attese: la diva ci ha mandati a casa divertiti dopo averci obbligati ad ascoltarla con interesse fino alla fine. Credo che le riflessioni che si impongono siano, però, un poco più articolate e differenti dai toni esclusivamente trionfalistici spesi, persino, dalla prima firma della critica del massimo quotidiano milanese.

Ci sono, infatti,  due piani distinti del discorso. Il primo è quello del nostro tempo corrente, fatto di voci sempre impegnate in ruoli oltre la loro portata, sempre troppo grandi e sovradimensionati per voci limitate dalla natura ed ancor più dalla scarsa tecnica. Nella migliore delle ipotesi abbiamo soprani tecnicamente irreprensibili (Devia), ma, sempre e comunque, di caratura modesta. Potremmo anche estendere il discorso alle voci maschili aggiungendo casi e nomi che dimostrerebbero l’assunto di partenza: uno l’abbiamo anche sentito in teatro l’altra sera. In questo mondo di voci liofilizzate e di pesi specifici uniformati verso il piccolo, La Traviata è certo una delle opere più importanti sottratta di default alle voci piene e di qualità.  E non si venga a raccontare la storiella che molti soprani leggeri o poco più (in primis Olivero, Zeani e Scotto) sono stati grandi protagoniste di rilevanza storica perché quelle stesse cantanti non temevano di duettare con voci potenti come Titta Ruffo, Caruso, Martinelli.

Ecco perché non appena la signora Netrebko ha aperto la bocca  lo spettatore, abituato alle voci attuali, ha provato dapprima un senso di spaesamento, poi di grande appagamento sonoro: una voce vera, un suono dotato di proiezione, rotondità e tridimensionalità che risuona vicino al pubblico e non lontano sul palco, ha grandiosamente riempito, finalmente!,  la sala. E’ stato come se tutti ci fossimo risvegliati. La signora Netrebko, da parte sua, sa molto bene quali siamo le sue prerogative e infatti, scaltra, si è compiaciuta di aggirasi lontano dal proscenio e di attaccare di spalle il “gioir” della cabaletta stando oltre metà palcoscenico: nella sala giungeva una quantità di decibels, che non udivamo dalla notte dei tempi, diciamo dall’epoca di una Freni o di una Chiara.. La cantante russa non ha commosso, o fatto piangere o emozionato, tanto per usare l’abusato lessico corrente, cui per altro sarebbe tenuta ogni Violetta significativa. Ha stupito col suono e perciò ha riscosso un grande successo, anzi un trionfo, pur sempre commisurato ai tempi ed alle abitudini del momento.

Il secondo piano del discorso, quello dell’ascolto attento e del ripensamento, ci impone altre considerazioni. Questa Violetta voluta dalla cantante nel momento in cui ne annuncia l’abbandono, è stata più che altro una grande prova di forza fisica, di tonicità delle sue corde vocali superdotate, mentre non è stata la Violetta elegante e raffinata, che la sua posizione nello star system le impone o che la critica oggi millanta. Insomma una Violetta non comparabile con altre offerte da cantanti di pari fama e carriera in passato. I nomi: tanti. Complice anche una tradizione, che ascende dalla scuola di canto da cui proviene, il registro  grave profondamente tubato ed artefatto ha tolto al suo canto finezza ed eleganza. La voce ispessita per praticare un Verdi drammatico ( Trovatore, Macbeth..) non idoneo al suo mezzo la affatica e la appesantisce, rendendo il fiato troppo corto, come alla fine della serata ( Addio del passato )…insomma, una mutazione innaturale di tutto l’impianto vocale originario, che ha tolto qualità alla Violetta di Salzburg. Con la voce appesantito ed accorciata naturalmente ci ha dato un buon secondo atto, optando per una interpretazione opportunamente tragica e marcata dove è chiaro che si giustifica “ Dite alla giovane” cantato quasi piano, ma non certo diafano e trascolorato, caro alle più rifinite Violette. Partendo da condizioni vocali non più pienamente adeguate trovo abbia compiuto la sua più bella impresa qui a Milano, anche se non ha potuto togliere alla sua Violetta quella cifra che, in tempi passati di voci vere, era ritenuto… provinciale. Un tempo di voci che si chiamavano Maria Chiara, tanto per fare l’esempio dell’ultima vera grande voce che abbia cantato questo ruolo con una comparabile qualità vocale. I criticati tempi del maestro Santi, cui si può rimproverare solo una festa del primo atto troppo pesante e provinciale, (mentre  i due atti successivi sono stati diretti  molto bene nel solco della tradizione), hanno consentito alla diva di mascherare i propri limiti e difetti e, soprattutto, di gestire perfettamente le prese di fiato abusive, che oggi le sono necessarie per simulare una buona linea di canto ed esibire una intonazione migliore di quella mostrata in tutte le prove precedenti. Santi le ha dato il fiato dove le occorreva, e la Netrebko è uscita dagli andanti in modo convincente e non periclitante come nella Giovanna d’Arco. Per questo non condivido in nulla i fischi  rivolti al maestro l’altra sera (da sciagurati che molte volte hanno applaudito degli scandali imposti su quel podio, pure in Traviata ) mentre un signore vicino ai novanta gestiva tutto come se fosse un orologio svizzero: nessuno dei direttori passati su quel podio, salvo forse Lorin Maaazel che tanto male diresse l’opera, avrebbero portato a casa la diva così bene come ha fatto l’anziano maestro.

Quanto al resto del cast, dirò che Meli è parso più plausibile come Alfredo che non come Don Carlo. Resta il problema tecnico del passaggio di registro superiore, per cui la scena della borsa lo mette in difficoltà, come pure l’attacco del duetto finale, “Parigi o cara” croce di tutti i tenori, dove ha malamente falsettato perdendo anche la linea di canto ( e la diva pure assieme a lui ). Del signor Nucci, che ha suscitato aperte perplessità alla sua aria, dirò solo ..basta.

Un grande successo all’insegna di una cifra oggi ritenuta arcaica, che però ha funzionato benissimo, almeno stando al riscontro di pubblico, a riprova che l’opera, quando si sente qualcosa in sala, ce la fa benissimo senza i registi, il modernismo gratuito e tutte le nostre male abitudini correnti.

20 pensieri su “La Traviata alla Scala. La voce di Anna

  1. Hai colto perfettamente nel segno. Ero a teatro e ho pensato esattamente le stesse cose che tu hai espresso nello scritto (ho pensato immediatamente alla Chiara che ho sentito più volte in questo ruolo).
    Sono un po’ più severo nei riguardi di Meli che mi è sembrato messo molto male in un ruolo, sulla carta, più adatto al cantante.

    • Sono stata rapida sugli altri perché non valeva la pena parlarne. Un tenore xhe “vocia” il finale 2 al proscenio per farsi sentire, ma xhe aida vuole cantare ? Ma che aida????? Ma cantina un bel faust invece di gettare La loro.voce alle ortiche!!!

  2. Per una volta sono in completo disaccordo con Giulia Grisi. Mai ascoltata interprete di Violetta più volgare e impermeabile alle esigenze del personaggio. La Netrebko trasforma Violetta nella Maddalena di Rigoletto. La voce è artificiosamente scurita in basso, incomprensibile quanto a dizione (la famosa patata in bocca) , imprecisa nelle agilità (A se ciò è ver… Sempre libera) , opaca nei pianissimi (Alfredo Alfredo, Dite alla giovane) a corto di fiato nel finale… e tutto questo dovrebbe esserle perdonato perchè è un vocione??? Una cantante che butta via l’Amami Alfredo??? La Devia, pur nel suo solito stile frigidino, a Ge ova anni fa le era nettamente superiore vocalmente, interpretativamente e scenicamente. Vero che, come pare disse Verdi, Violetta è solo una puttana… ma trasformarla in una puttanona ce ne corre. Gli altri: Meli falsetta a più non posso, sembrava che Luigi Alva stesse cantando Alfredo… Nucci parla più che cantare ma ci regala l’unico momento veramente notevole della serata un Di Provenza cantato con tristezza infinita (scenicamente era comunque credibilissimo, un vecchio borghese fuori luogo ovunque andasse). Santi , infine, dirige con buon senso e belle tinte orchestrali, ma avrebbe avuto bisogno di una Violetta malinconica disperata, in sintonia con la sua lettura dell’opera..

    • accetto tutto fino a quello che scrivi fino a Nucci…era indecente. una “suora” ignobile, svociato, nemmeno un filo di centro e di legato. se lui tiu è piaciuto, lei era perfetta giudicata con lo stesso metro..scusa se ti contraddico
      dopo un don carlo da cinema muto, un falstaff che è meglio non parlarne ed un butterfly parlata, scusami questa signora pesante e volgare cantava….non bene, ma meglio di tutti quelli che sono venuti prima di lei in stagione ed anche prima.
      mi è parso che per la prima volta abbia fatto qualcosa per prepararsi e non dava l’impressione di abborracciato che ha sempre esibito a milano e non solo. con dei difetti, ma qualche qualità gliela devi puri riconoscere…..sarà che non avevo molte aspettative e che francamente non ne posso più della quotidiana truffa di gente che non si sente, che soffia o altro. Che la Devia sia una cantante impeccabile e superiore tecnicamente l’ho scritto ed è assodato, ma non dirmi che la sua traviata ti fa migliore effetto di questa, perchè mi pareva di una noia mortale …..

  3. Non so…la devia almeno mi ha lasciato un ricordo bellissimo nel Ah se ciò è ver fuggitemi….. un po poco forse…

    Ascoltando Santi pensavo che la sua Violetta ideale INTERPRETATIVAMENTE (che i suoi limiti vocali li conosciamo tutti) sarebbe stata una Victoria de Los Angeles, una Violetta strana, ma da riscoprire (per inciso: pochissime , Callas compresa, fanno sentire tanto nitidamente i trilli nel Sempre libera…)

  4. Anzi, ripensandoci ti dirò questa cosa.
    Un difetto su una voce grande e sonora si sente molto di più che su una voce piccola. Questo è il punto.
    Quindi su vocini sfiatati che strillacchiano, l’impatto sonoro è minore….i più non sentono, e quelli che criticano sono ritenuti eccessivi
    Sono le nostre abitudini a cantanti sovraimpegnati (nel peso drammatico) a causare una impressione molto forte di questa voce in Violetta….
    Io penso a come tutto sia relativo: sulla Traviata della Sutherland per 30 anni se ne sono dette di tutti i colori, ma su quella della Devia, che è suonata ma senza lo strumento straordinario della Sutherland tutti ci si ritrova d ‘accordo. allora vedio che qualcosa non va…
    Mi sento in una posizione paradossale perche difendo una cantante che ho sempre criticato, ma ti dirò che l’altra sera avevo iniziato la recensione scrivendo che la Netrebko aveva schiacciato il tasto del reset per le nostre attuali gerachie e categorie di voci…..poi ho pensato che non sarebbe stato capito il discorso a cui tu mi vuoi portare, e allora ho lasciato perdere. ma forse ne scriveremo diffusamente presto….Ho sentito molte critiche su questa Violetta in loggione, tutte incentrate sul fatto che non è per le la parte. ok. poi però si parlava di prestazioni interessanti ed adeguate come quella della siri in butterfly o giuù di lì, e allora le critiche sulla Netrebko mi parevano sballate.

    ti chiedo di pensare a come esegue in gravi la Damrau, ad esempio, o alle note tubate di mariellissima per fare la norma…..hanno dei bei gravi o si arrabattano anche loro come la Netrebko , solo che ce ne accorgiamo meno perchè hanno delle vocette?…. a te la parola..

  5. PS Nucci no l’ho mai amato. Detesto il suo Rigoletto.. ma l’altra sera mi faceva quasi tenerezza cosi vecchio e fragile (quando si inginocchia per raccogliere la lettera fa una fatica tremenda,..) a fianco di questa “nuova ricca” sfacciatamente compiaciuta di sé… perfetto corrispondente dei nuovi ricchi di Russia che stanno comprando a man bassa le malinconiche ville settecentesche del lago di Como…. Un abbraccio

  6. Non so… se canterà nello Chénier valuteremo, certo quell’opera le si adatta di più… Ovvio che, in confronto a certe vocette di oggi, la Netebrko faccia la figura di una “maggiorata”. Ma noi stavamo parlando di “Traviata”, tu faresti mai interpretare sullo schermo Violetta a una Anita Ekberg ???

  7. Non avendo visto la recita di Traviata, non mi permetto di fare commenti sulla stessa, ma una cosa è certa: se qualcuno trova interessante la Siri allora come dice Madame Grisi le critiche alla Netrebko sono sballate. In quanto al baritono è chiaro che egli fa parte di quella cerchia di artisti vetusti dal punto di vista vocale che ancora calcano le scene non tanto per colpa loro quanto per quella di chi li fa cantare, tanto poi il pubblico applaude tutto e tutti.

    • Sempre nelle mie divagazioni non postate perché non volevo fare confronti e nomi dicevo appunto che la Radvanovsky ed in parte la Monastyrska erano state le due sole voci femminili adeguate come peso specifico della voce a ciò che cantavano….non che cantassero bene peraltro. Hui he la ritengo la tipica sovraimpegnata che gonfia anche la voce per cantare di più del suo. Il suo massimo sarebbe butterfly mentre aida forza ballo gioconda le sta tutto al di sopra come peso specifico. Tutte queste tubato il suono in basso…tra l altro, come la Trebko, in misura differente e con vario esito, ma lo fanno.

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