L’esecuzione della cavatina di Raoul di Antonio Paoli, come sempre una sola strofa e con una cadenza semplificata rispetto a quella scritta dall’autore, è esemplare per capire come venisse inteso da tutti gli esecutori il passo dagli esecutori dei primi decenni del secolo XX. Paoli era considerato un tenore di forza, esemplare quale Otello, Sansone, Jean de Leyda, Arnoldo eppure nel recitativo è sognante ed estasiato e lo può essere soltanto perchè il controllo del suono esemplare gli consente di cantare piano e con dolcezza. Quando arriva il cantabile nella prima sezione il tenore portoricano esibisce suoni dolci e sognanti, qualcuno potrebbe anche dire che hanno un vago dubbio di falsetto. Nella sezione conclusiva da “e le dicea” hanno la prevalenza lo squillo e la potenza della voce di compattezza straordinaria forse poco originale nel fraseggio, ma la qualità del timbro e la facilità della zona acuta rendono chiaro che Paoli appartiene ad un altro mondo per noi oggi sconosciuto.