Si deve dirlo chiaramente che la sera del 15 novembre la radio (Rai tre quella che brilla per pessima qualità di riprese e suono) trasmettendo il Sansone e Dalila ha recapitato nelle nostre case alcuni splendidi momenti orchestrali e corali grazie a Pinchas Steinberg ed alle masse corali ed orchestrali del Regio. Questo Sansone si è aperto con la lamentazione del popolo ebreo solenne, dolente ed angosciosa nel contempo. Altrettanto disperata, aulica e misurata la scena della macina sotto il profilo di orchestra e coro. Poi si può discutere se l’ispirazione di Saint-Saens siano i Troiani o, più semplicemente trattandosi di popolo ebraico, il Moise rossiniano, ma resta che abbiamo sentito il perfetto equilibrio fra melodramma e oratorio, genere cui il capolavoro inclina. Altri momenti altissimi: il coro che precede l’ ingresso di Dalila, dove il sapore e colore d’Oriente era giustamente misurato senza eccedere nel bozzetto consono ad altri generi di melodrammi non quelli della cosiddetta Academie, ma della salle Favart. Alla stessa misura di colori si ispirava l’ esecuzione del baccanale. Mai clangori inutili, un ritmo piuttosto serrato ed una dinamica quanto mai varia. Credo sia doveroso ricordare che la direzione di lavori come Sanson, per molti aspetti uno degli ultini titoli del genere grand-opera, debba obbedire all’esigenza di tenere uniti la vicenda sentimentale, quella storico-politica e gli elementi esornativi e di colore. Con riferimento ad un episodio come il Baccanale, forse la pagina più famosa dell’opera insieme alle arie di Dalila l’esecuzione all’interno del melodramma durante la rappresentazione scenica deve equilibrare gli elementi senza indulgere al facile folklore alla ricerca del colore fine a se stesso. Meno particolare la direzione di Steinberg nei momenti più concitato quali l’insurrezione degli ebrei, il duetto Dalila e sommo sacerdote e la chiusa del secondo atto dopo la grande aria della seduttrice filistea. Poi ci sono i cantanti e qui nè il braccio sicuro nè le idee chiare sul titolo e sulla sua realizzazione da parte del direttore nè orchestra e coro possono rendere Daniela Barcellona una protagonista decente e ciò che resta di Gregory Kunde un sufficiente Sansone. Basta sentire la voce traballante e senescente con cui la Barcellona parla le prime battute dell’ ingresso di Dalila, i suoni maldestramente di petto, ma in realtà di gola, quelli al centro vuoti e assai prossimi al parlato oltre che le urla scomposte in alto nei pochi acuti ( sezione centrale di amor i miei fini proteggi dove Dalila sale ad un si bem o finale secondo dove la tensione drammatica chiama un causa anche questa zona della voce) per rendersi conto che la cantante triestina è improponibile ed impresentabile come Dalila, con queste mende vocali la seduzione della sortita e del “s’apre per te il mio cor” non esistono o diventano la caricatura del canto erotico ed amoroso della voce grave femminile. A riprova del fuori ruolo vocale (e aggiungo che la Barcellona non può certo giovarsi della presenza scenica) propongo tre differenti protagoniste una Conchita Supervia, che di Dalila non aveva la voce, ma lo charme; un’altra Alice Cucini che fa sentire la vera voce di mezzo soprano e le autentiche note di petto e non di strozza ed una terza Elena Nicolai, che mezzo acutissimo per non dire soprano Falcon e non certo irreprensibile come una Stignani sotto il profilo tecnico, viene a capo della scrittura vocale senza emettere suoni malmessi e scomposti. Poi come sempre gli slurpisti celebrino il timbro della cantante. Per altro le celebrazioni saranno condivise con quelle per ciò che avanza di Gregory Kunde. Lo abbiamo detto e non temiamo di ripeterci che un tenore contraltino che per il decorso del tempo si accorci non diventa automaticamente un tenore centrale, diventa solo un tenore vecchio. Basta sentire l’apostrofe “Arrêtez mes freres” per sentire la voce vuota e “buca” del tenore vecchio. Qui Kunde sembra la caricatura di Lauri Volpi quando si esibiva negli anni ’50 e della strepitosa organizzazione vocale erano rimasti i soli acuti. Poi ogni tanto infila anche gli acuti e probabilmente la scena della macina gli riesce meglio per la scrittura vocale che richiede canto legato e raccolto e non iperboli ed apostrofi. Ma è, come da tempo accade al tenore americano, un cosiddetto “combatter corto”.
13 pensieri su “Sorella radio: Sansone e Dalila da Torino”
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Ho ascoltato in diretta solo il primo atto ma la senescenza di Kunde era evidente; comunque, per i 2 protagonisti sentiro’ dal vivo sabato prossimo, nel frattempo, mercoledi’ pomeriggio, ho ascoltato, e visto, il 2^ cast in cui, in realta’, cambiano solo i 2 protagonisti: quindi, la Krasteva, che ha peraltro fatto annunciare prima dell’inizio un’indisposizione, e’ di volume abbastanza limitato ma dal punto di vista tecnico nettamente la migliore, poi che in alcuni momenti fatichi a passare la buca e’ abbastanza evidente, piu’ sonori ma molto meno apprezzabili tutti i componenti maschili del cast, ivi incluso il giovane Kristian Benedict nei panni di Sansone. Gli altri c’erano anche al primo cast e fra di essi darei forse la sufficienza solo ad Andrea Comelli nei panni di Abimelech. Ma dal coro e dall’orchestra le cose migliori. Mi ha particolarmente entusiasmato il Finale II e il terzo atto con un baccanale fantastico, da sentire; per quanto riguarda il vedere, parliamone: siamo anche ad assistere, nella scena conclusiva, a dei sacrifici umani: ragazze semi-nude uccise in onore a Dagon, immagino. Ma, alle ultime battute, una Dalila si direbbe in preda al rimorso. Per il resto, nulla di particolarmente sensazionale ed originale: penso soprattutto al 2^ atto.
P.S.: in questi giorni sto decisamente apprezzando la Ludwig e King nell’edizione di Patane’
La Barcellona canta ancora?
Ho assistito alla recita di Domenica 20 Novembre. Bell’effetto vedere il Regio di Torino praticamente pieno e con un’atmosfera di attesa palpitante per quest’opera.
Sono quasi d’accordo con tutto quello che ha scritto sopra Donzelli. Avevo ascoltato alla radio la “prima” di alcuni giorni fa. Dal vivo, Kunde è parso un poco meglio rispetto alla radio pur con i limiti suddetti dallo stesso Donzelli. Idem per la Barcellona che, al contrario, rispetto alla radio, mi è parsa anche più in grave difficoltà con la voce (ero abbastanza in platea alta e talora la voce si percepiva appena ma si sono percepite bene un paio di urlate fastidiose all’orecchio).
A me è piaciuto Sgura che, anche in questo caso, mi è parso meglio che alla radio.
Riguardo all’allestimento, decisamente belli i costumi.
La messa in scena del primo atto mi ha convinto comprese le proiezioni. Dal secondo atto in poi queste proiezioni sono diventate eccessive a mio parere sia talora per una netta incomprensione delle medesime sia per il fastidio che arrecavano durante il canto e la recitazione specialmente nel duetto Samson-Dalila con relativo senso di disattenzione dello spettatore dalla musica stessa. Ho trovato abbastanza “pirotecnico” il finale dello stesso secondo atto con lance di luce rossa che scendevano da ogni parte sul povero Samson, queste ultime di significato chiaro ma di effetto un po’ “stellare”. Nel terzo atto (proiezioni a parte ormai davvero fastidiose), assolutamente assurdo il baccanale. Se baccanale deve essere, siamo d’accordo, ma un tale “casino” di persone con movimenti di braccia, gambe e corpi talora convulsivi o da qualche psicosi schizofrenica, mi è parso francamente fastidioso oltre che, anche qui, a togliere molto l’attenzione sulla musica. A mio parere, una maggiore armonia e coordinazione, senza togliere la finalità erotica e sessuale dell’evento, avrebbe consentito una migliore resa della scena (da notare che, al termine del baccanale, qualche buu… è partito!).
Invece, l’effetto un po’ direi “chiaroscurale” che il regista ha voluto dare alla messa in scena del baccanale mi è parso riuscito.
Anche l’efferatezza realizzata nella scena dei sacrifici delle donne ebree in primo piano sul palcoscenico scatenata dal sacerdote di Dagon prima del finale dell’opera mi è parsa esagerata anche se sono note le violenze perpetrate a quei tempi (ma anche oggi…).
Infine, per concludere, le note migliori al direttore, orchestra e coro davvero esemplari.
Quella di Domenica e’ stata un’eccezione, perche’ alla prima c’erano oltre 200 biglietti invenduti, circa 360 sia alla 2^ che alla 3^ recita e quasi 600 a quella di sabato. Al momento, quasi 500 disponibili per domani sera.
Un vero peccato, perchè nel complesso lo spettacolo merita, anche perché il Sansone e Dalila non è opera che si sente troppo spesso. Orchestra, coro e direzione formidabili. Ieri ero pure io a teatro e mi riprometto di fare a breve i miei commenti (non troppo dissimili da quelli del Dott. Dulcamara, con cui già ci siamo scambiati le opinioni negli intervalli ed alla fine dell’opera), non avendo avuto finora tempo di scrivere.
Come ho scritto ieri, domenica ero pure io al regio per la recita di Sansone e Dalila.
Le mie impressioni sono in gran parte simili a quelle di Donzelli in relazione all’ascolto radiofonico (dopo il quale pure io la pensavo quasi allo stesso modo) e del Dott. Dulcamara.
Devo però notare, con un certo piacere, che nel complesso l’ascolto dal vivo è stato decisamente migliore di quello radiofonico (c’entrerà la qualità delle trasmissioni RAI di cui Donzelli scriveva o, invece, un miglioramento delle condizioni della compagnia di canto?).
Difatti la compagnia di canto mi ha fatto nel complesso (non tutta, però) un’impressione migliore, in primis Kunde. Ovvio che è un buon cantante ormai anziano con evidente stanchezza, ma è sicuramente migliore lui vecchio che tanti altri più giovani, ben più scassi e con nemmeno una piccola parte della sua tecnica. Pur con la stanchezza voclae di cui si diceva che lo faceva giocare in difesa per la prima parte dell’opera è riuscito a disimpeganrsi tutto sommato onorevolmente, soprattutto nell’ultimo atto. Il timbro non è quello usuale per Sansone (vedasi Del Monaco, Vickers o anche Cura che a Torino 19 anni fa aveva dato una delle prove migliori, a mio parere, della sua carriera), ma ricorda quasi certi cantanti francesi di una volta che affrontavano Sansone avendo in gola il repertorio francese e non Siegmund, Otello e Tristano.
Chi invece è poco difendibile e Daniela Barcellona. La voce c’era, qualche volta veniva fuori una bella nota di petto, ma per il resto è tutto quello che ha scritto Donzelli, secchezza, aridità e poi assoluta carenza di sensualità nella resa del personaggio. Una Dalila fredda come un surgelato. Direi che la Verrett in quanto a sensualità era altra cosa…
Sgura e Comelli rendono pure loro meglio dal vivo che in radio.
Incredibile la differenza fra l’ascolto live e quello radiofonico per il vecchio ebreo di Jaiani. Alla radio sembrava uscito da un gerontocomio per centenari mel ridotti e faceva esprimere auguri per un pronto nuovo ricovero con il divieto di aprir bocca; dal vivo non che fosse esaltante, ma almeno era decisamente decente.
Fenomenali orchestra e coro, meritatamente applauditissimi, e splendida la direzione di Steinberg, applauditissimo, il più applaudito assieme a Kunde (la Barcelleona ha avuto meno tributi del collega).
Messa in scena di De Ana in puro stile De Ana, molto spettacolare, belle scene, bei costumi, un misto di oriente vicino e lontano, come nela mitica Semiramide di Pesaro del 1992, che mi veniva in mente all’ingresso di Abimelecco, su un trespolo trasportato dai suoi soldati come Semiramide allora nel tempio di Belo.
Alcune proiezioni talvolta azzeccate, talvolta un po’ troppo invadenti.
Molto bella la scenografia del primo atto, e spettacolare il finale.
Mi pare che alcune idee derivino da precedenti messe in scene dell’opera dello stesso regista, come i bastoni luminosi dell’ultimo atto in mano ai filistei, che ricordano (stando alle foto di quella non recente edizione, da me vista solo in foto) la messa in scena di Macerata di circa 20-25 anni fa.
Nel complesso una delle cose migliori che si sono viste al regio in quest’anno solare.
Non ho sentito la diretta, ma dal vivo la Barcellona quasi parlava nel I atto, niente sensualità, niente colore, pienezza, ecc. (e la fine del I atto per Dalila è proprio un gran bel pezzo). Poi si risolleva un po’ ma non può essere certo una grande Dalila.
Lo spettacolo non mi è piaciuto, avevo preferito quello di Ronconi-Palli. Ad esempio il II atto non si è capito, il duetto d’amore senza sensualità, il finale (?), ecc.
Quanto alla direzione, forse sarò io abituato a Sansoni più sensuali, ma questo mi è parso un po’ freddo e meccanico.
il canto rossiniano è un esercizio che può essere assimilato al ballo sulle punte. Puoi affrontarlo magari con mezzi vocali modesti o limitati (vedi Horne, Ramey, Cuberli) ma con una tecnica perfetta ed una dedizione assoluta. In difetto da ballo sulle punte si trasforma un danza con gli zoccoli da bella olandesina
Bellissimo questo paragone!!! Ma si riferiva al mio altro commento, vero? 😉
Ieri ultima recita, con il primo cast. Mettendo insieme anche la recita di 10 giorni fa (2^ cast), in un giudizio complessivo a mio parere un bel passo indietro rispetto alla Bohème del mese scorso. La messa in scena e’ nel complesso una serie di banalita’: bei costumi, magari, ma questo non basta a convincermi. Se non deve essere classica, almeno qualche idea stimolante, per me non lo era. Rifare elogi a direzione, orchestra e coro (soprattutto femminile) significa sfondare una porta aperta: almeno il prezzo del biglietto a qualcosa e’ servito. Ma a questo punto incominciamo le dolenti note a farmisi sentire: rispetto ad altri pareri qui espressi il mio giudizio e’ piu’ negativo: questo Samson et Dalila e’ stato cantato decisamente male, e a mio parere nel 1^ cast nessuno e’ sufficiente. La Dalila del 2^ cast era chiaramente migliore della Barcellona, quest’ultima vuota in basso, priva di morbidezza, soporifera nell’aria del ! atto, a tratti spariva all’inizio del 2^, migliorando un po solo nel duetto con il sacerdote. Kunde non e’ a mio parere difendibile: il suono traballante soprattutto nel 1ì atto, l’emissione dura e legnosa: la fatica nel simulare un’ampiezza e sonorita’ che non ha (o non ha piu’), vero che forse migliora nel 2ì atto salvo un semi naufragio all’ultimo “Dalila, Dalila, je t’aime” per poi sparire nella fossa orchestrale assieme alla Barcellona nel convulso finale 2. Canta molto male nella scena della macina con evidenti slittamenti d’intonazione e suoni urlati, arrivando poi quasi decorasamente alla fine. Sgura e’ di emissione pesante e di linea vocale esagitata e vociferante; insomma, per farla breve, secondo me Sgura canta male e se Sgura canta male, Comelli non canta bene anche se e’ forse il pu’ vicino alla sufficienza. Sul basso Jaiani concordo nel giudizio radiofonico con Don Carlo di Vargas ma non sull’ascolto dal vivo, fermo restando che abbiamo assistito a recite diverse. Nelle 2 recite a cui ho assistire (tranne i 2 protagonisti i 2 cast erano identici) jaiani ha confermato la pessima impressione avuta per radio: ingolato e parlante, ieri alcuni suoni (suoni ?) mi hanno amaramente ricordato il famigerato Richard Van Allan, tristemente noto frequentatore (il motivo non lo si e’ ancora capito, credo) di sale d’incisione degli anni ’70’ con il riuscitissimo intento di funestare edizioni discografiche per altri versi ragguardevoli: a mio avviso meritevole di essere buato, se n’e’ beccato uno, di “buu”, all’uscita singola finale, ovviamente annegato nel plauso e che, qualora notato, passerebbe agli annali del Regio dove si festeggia sempre e comunque, in onore al principio che la recita e’ una festa e come tale deve essere vissuta e goduta, anche se in una misera soffitta la vigilia di Natale ci fossero Al Bano e Romina. Per la cronaca, il “buu” alieno e’ pervenuto dal non estimatore di Richard Van Allan. Entusiasmo finale per tutti, soprattutto per Kunde, per il quale si potrebbe auspicare un ben mertato riposo, solo che se poi Samson ce lo fa Antonenko verrebbe da sperare che il tempio venisse giu’ al primo atto. Ora,, speriamo di risalire con Pagliacci.
Dunque…come previsto.
ultima recita 26nov
Assai titubante se andare a Torino dopo aver letto le vostre” impressioni” sono invece tornato (Milano ) entusiasta.
Lo spettacolo più bello della stagione
Grandiose scene d insieme unite ad una opulenta eleganza dei costumi..un mix tra una cina delle grandi dinastie Ming e un aurea orientalleggiante un binomio
anomalo ma intrigante!
Una messa in scena che ricorda la migliore scuola ‘zeffirelliana ‘…grandiosità, stile , movimenti scenici encomiabili!
un coro superlativo una direzione eccelsa….
Vero è che sia Kunde che la Barcellona siano stati non sempre ‘perfetti’ però aiutati dalla parte visiva e musicale si poteva tranquillamente soprassedere
Il finale del II atto è stato emozionante ed è tutto dire viste le evidenti difficoltà sia di Kunde che della Barcellona che malgrado tutto riescono ancora a cantare a ‘pieni polmoni.’ ..
Il baccanale del III è stato coreograficamente, visivamente ed emotivamente il vertice dello spettacolo.
quando c’è una grande idea registica e una messa in scena altrettanto grande , un competente direttore d orchestra (per inciso con crescendo di consenso del pubblico dopo ogni atto ) …che lavorano all unisono
avvengono rari miracoli come questo.
Non capisco perchè non vi sia piacuto Sgura che mi sembra essere uno dei migliori baritoni in giro !
Meritatissimo successo, pubblico generossisimo di applausi
Marco
Ma, a dire il vero, negli ascolti dal vivo pare che solo a me non sia piaciuto Sgura: forse saro’ io che chiedo troppo.