Per le cantanti proposte oggi nella scena iniziale del secondo atto proponiamo alcune diversi esempi di cantanti formatesi alla scuola di canto italiana, iniziando con Olimpia Boronat. Nella prima sezione dell’aria si ammira la capacità della Boronat di essere espressiva attraverso la linea vocale. Il timbro è bello e il centro appare molto sicuro e avanti, ma ciò che colpisce è l’espressività con cui si snoda la linea vocale, di grande eleganza ma molto brava a suggerire l’atmosfera sognante del brano, sfoggiando una dinamica quanto mai varia ma dosata con maestria, come ad esempio nel pianissimo sul secondo “qui murmure” e la messa di voce sulla frase seguente, ma anche il sapiente effetto di imitazione dell’eco nella parte finale del brano. La cabaletta conferma la stessa maestria espressiva unita al virtuosismo della cantante, che esibisce dapprima dei bellissimi trilli e un’ottava acuta sicura proseguendo con dei rallentando di bellissimo effetto su “la terre, les ondes” fino alle scale discendenti di “nos chants”, eseguendo la prima con un rallentando e poi a piena voce e mordente nel canto di agilità, potendo rintracciare l’unico difetto forse nella mancanza di varianti nella ripresa della cabaletta, fatta eccezione per la cadenza.
L’esecuzione della Tetrazzini è caratterizzata da un tempo veloce, probabilmente dettato da ragioni di spazio al fine di contenere l’intera esecuzione in una facciata. La prima cosa che colpisce dopo l’ascolto della Boronat è come l’interprete sia meno varia nel fraseggio e nella dinamica, pur essendo la cantante dotata di una voce dal timbro bellissimo, ricca al centro e di eccezionale ampiezza nell’ottava alta, dal suono pieno ma omogeneo con la parte centrale della voce. Nella cabaletta la Tetrazzini fa sfoggio di tutto il proprio bagaglio virtuosistico attraverso trilli perfetti, agilità di forza nell’affrontare le scale discendenti di “nos chants” e le successive frasi, con facilità e precisione nei picchettati alle varianti di tradizioni nella parte finale dell’aria.
Infine una testimonianza storica molto interessante, ossia il cilindro Mapleson in cui si ascolta la cabaletta di Marguerite “A cet mot”. Disco che negli anni è stato al centro di dibattiti al fine di stabilire se la cantante proposta fosse effettivamente Nellie Melba, oppure che si trattasse di Suzanne Adams, altra cantante formatasi alla scuola di Mathilde Marchesi, fornendo a riprova di questa tesi l’esecuzione della cabaletta in francese, mentre la Melba avrebbe affrontato il ruolo al Metropolitan solo in produzioni in italiano. Personalmente propendo nel pensare che si tratti di Nellie Melba, soprattutto considerando come non fosse raro assistere ad esecuzioni in cui un membro del cast cantasse in lingua diversa dal resto del cast. Quello che si ascolta è però impressionante in ogni caso, infatti, pur nella difficoltà di questo tipo di ascolto, sentiamo una cantante dal centro sonoro e ampio, dal timbro bellissimo e dalla voce avanti e di suono scintillante fino agli acuti, a loro volta di grande ampiezza, seppur leggermente fissi, doti che si sommano con le capacità virtuosistiche dell’interprete che mostra trilli bellissimi e roulades assolutamente scintillanti.