L’esecuzione della sortita di Raoul a opera del tenore lettone (1877-1953) è, con fondata ragione, ritenuta uno dei migliori dischi del copioso lascito del cantante (in uno con la serenata del Conte d’Almaviva e “Fuor del mar”) e una delle interpretazioni di riferimento del brano. E questo nonostante venga proposta (secondo un procedimento peraltro usuale, per le registrazioni più antiche) la sola prima strofa.
Fin dall’attacco (ancora in recitativo) “Ah quel spectacle enchanteur” con messa di voce sul re centrale colpisce la perfetta scansione del testo francese, così come la dolcezza e morbidezza di una voce che non ha nulla di linfatico, ma anzi esibisce un timbro virile e un’ampiezza, che sono, assieme allo squillo sugli acuti, l’autentica sigla del tenore da grand-opéra. Nell’Andante cantabile le frasi sono cesellate con una sicurezza che ha pochi termini di paragone, i preziosismi prescritti dall’autore sapientemente incrementati (come nell’inciso “qu’un jour de printemps”, con mordente sul sol acuto), lo slancio esibito su una frase (scomoda per la necessità di conciliare canto in zona centrale e salita agli acuti) “Beauté divine, je t’aimerai toujours” assolutamente esemplare, al pari della cadenza conclusiva (che rimpolpa, come sempre dovrebbe avvenire, quanto previsto dallo spartito e finisce per assomigliare al momento finale di un primo tempo di concerto solistico, chiudendosi, infatti, con un impressionante trillo sul la naturale). Nonostante i tagli, il personaggio (nobile, altero, sognatore e sensuale al tempo stesso) emerge senza difficoltà.