Piacevole serata mozartiana quella di domenica 13 novembre al Théâtre des Champs-Elysées che ha offerto un’esecuzione del Ratto dal Serraglio non del tutto priva di elementi interessanti. Il singspiel è stato rappresentato in forma di concerto limitatamente alla sua parte musicale in quanto i dialoghi in tedesco sono stati omessi e sostituiti da un narratore che riassumeva in francese quanto accade in quelle sezioni; i cantanti, invece, si sono esibiti senza leggii o spartiti muovendosi davanti all’orchestra e recitando, chi con più energia chi meno, le rispettive parti.
Maxim Emelyanychev, che sostituiva il delirante Currentzis ritiratosi in un eremo dopo l’ultima – pessima – fatica discografica, ha diretto con energia e una certa esuberanza l’orchestra la Scintilla di Zurigo scegliendo tempi mediamente rapidi e non sacrificando mai la teatralità della partitura. Si sarebbero graditi più corpo e morbidezza nei momenti più drammatici dell’opera, in particolare Martern aller arten, ma credo che la colpa sia da imputare al complesso orchestrale che si avvale di strumenti antichi e tende un po’ troppo a un suono barocco piuttosto che al direttore. Quest’ultimo ha ben accompagnato i solisti e cercato di lavorare sulle dinamiche, quantunque le voci, specie quelle maschili, ne risultavano a tratti un pelo coperte. Qualche imprecisione di archi e fiati non inficia un risultato finale tutto sommato positivo.
Il cast è stato nel complesso ben bilanciato e tutti, con l’eccezione della Peretyatko, sono stati sufficienti. Pavol Breslik in una parte estranea al repertorio italiano che non comporta vette proibitive se l’è cavata piuttosto bene sforzandosi di gestire al meglio la sua voce non grande, ma dal timbro gradevole, ricercando i colori e mostrandosi attento anche alla recitazione; il problema maggiore del tenore slovacco è il passaggio superiore che è risolto alla come mi viene con suoni bassi di posizione, quindi poveri di squillo e faticosi. Più sonoro, ma anche più legnoso e meno rifinito il Pedrillo di Michael Laurenz che, però, si disimpegna senza troppi problemi nei pezzi d’insieme e nella sua serenata. Positiva anche la prestazione di Nahuel di Pierro nel temibile ruolo di Osmin: il giovane cantante ha un bel timbro, una certa morbidezza al centro e una certa facilità negli acuti, ma la parte a tratti è davvero troppo profonda e a risentirne sono gli estremi della tessitura con dei gravi deboli e gli acuti via via più faticosi; il materiale c’è, la voce (seppur non grande) e un’impostazione non squilibrata anche, ma sarebbe opportuno si dedicasse a parti meno gravi che non comportano una così grande autorevolezza.
Claire de Sévigné ha risolto con spirito e piacevole voce da soubrette una parte adatta a questo genere di vocalità; la voce ha una certa sonorità e si espande in acuto, la fonazione è abbastanza corretta e la cantante a suo agio in tutta la tessitura, nonostante la durezza di due estremi acuti. Il confronto con questa Blonde è stato penalizzante per la protagonista Olga Peretyatko in Mariotti che conferma, ancora una volta, il suo mal canto. Mal canto applaudito dal pubblico, purtroppo. La signora canta di pura strozza con una voce rigida, dura e innaturalmente ispessita nei centri e gravi gutturali e prossimi al parlato. Negli acuti la voce si espande, trova il suo colore naturale, quella della soubrette, ma la voce è perennemente spinta e lanciata senza il minimo controllo, strillata e quasi sempre stonata. Il canto sul fiato non esiste e l’espressività è quella di un bastoncino Findus, come dimostra ampiamente la seconda aria, mentre la coloratura è una sorta gorgoglio (perché di gola) non ben controllato come dimostrano la prima e la terza. La freschezza la avvantaggia nella prima aria, pur se risolta senza pathos e senza reale virtuosismo, mentre già fatale è l’esito della terza in cui le note calanti e gli strilletti non si contavano… si aggiunga che l’autorevolezza è quella di una Despina e si ha il ritratto completo di questa bella donna che pratica per il mondo, sponsorizzata senza posa, il peggior malcanto.
“e l’espressività è quella di un bastoncino Findus”
Bellissimo!!!
Ascoltavo giusto oggi dei pezzi dal suo nuovo recital Rossini da un podcast della radio spagnola….inutile! E l’aria di Fiorilla (pur se migliore della esecuzione estiva) lasciava già prevedere le future catastrofi…
Enrico, purtroppo ho presente il recital di cui parli (sta nella bella compagnia delle uscite recenti: Fagioli, Kaufmann canzonettaro, la stonata Yende et.) e devo concordare sull’inutilità totale di questi prodotti che, oltre a non dire nulla di nuovo, non sono neppure esempi di sano professionismo, ma semplicemente di malcanto.
Ma possibile che alle case discografiche non aprano le orecchie ma solo gli occhi?? Piuttosto facciamo un lifting ai cantanti bruttarelli, però ascoltiamo con le orecchie (e non con…)
In tempi neppure troppo remoti i direttori d’ orchestra, anche in provincia, alla terza o quarta nota calante cominciavano a parlare di protesta. Oggi le case discografiche fanno incidere dischi a cantanti come la Yende, perennemente stonata, o la Netrebko, completamente incapace di intonare correttamente un intervallo superiore alla terza maggiore. “Tal dei tempi è il costume”, commenterebbe il cittadino Gerard…