Sembra che Semiramide, l’ultimo lavoro italiano di Rossini, stia riprendendo a circolare con una certa frequenza dopo una decina di anni di lontananza dai teatri. Recenti le due esecuzioni in forma di concerto della scorsa stagione con Jessica Pratt, che a breve riproporrà il ruolo a Firenze. Ai Proms di Londra l’opera è stata proposta sempre priva della sua veste scenica e trasmessa in streaming radiofonico: il risultato è un assaggio piuttosto esemplificativo della registrazione effettuata da Opera Rara e prevista in uscita l’anno venturo. Proprio il 2017 vedrà anche il turno in febbraio di Monaco di Baviera, dove dovrebbe debuttare nel ruolo eponimo ruolo la di Donato con la Barcellona, e in maggio quello di Nancy con la “coppia iniqua” Jicia-Fagioli.
Le prospettive di questa Semiramide ai Proms non sono delle migliori salvo qualche eccezione. A fronte dell’esecuzione di domenica mi interrogo sull’opportunità della scelta, non tanto perché il titolo non debba rientrare stabilmente in repertorio, ma per le difficoltà, insormontabili e non circoscritte alla sola scrittura vocale, che lo stesso comporta.
Questa esecuzione ha dimostrato ancora una volta che, oltre alla mancanza totale o parziale di cantanti adatti a questi titoli, è la capacità di preparare ed eseguire siffatti titoli ad essersi perduta. La qual cosa, va detto, è assai più grave del resto. Non mi scandalizzo né mi straccio le vesti se l’edizione proposta ha contemplato cospicui tagli, salvo errore: i cori dei Magi sia alla scena seconda del primo atto che al finale primo, la prima aria di Idreno (nell’800 quando non si disponeva di un tenore acconcio si tagliava anche la seconda… talora gli esempi del passato sarebbero da ripristinare); eseguiti, di contro, i cori dei Magi alla cosiddetta scena del tempio e nel finale dell’opera, il che significa che la scelta non era dovuta a ragioni drammaturgiche o a carenze di organico.
Sull’esecuzione e sulle modalità dei tagli: ai miei tempi (e con ciò intendo quando dal 1980 il titolo circolò per un buon decennio con esecutori globalmente più adeguati alle difficoltà vocali rispetto ai moderni epigoni) i tagli riguardavano ora interi numeri (come la prima aria di Idreno) o, più spesso, sezioni di un singolo numero. Questa seconda prassi riguardava solitamente: i da capo del duetto Arsace/ Assur, del finale primo (“Atro evento! prodigio tremendo!”), del duetto Semiramide/Assur, della scena del tempio “Sì vendicato”, del secondo duetto Arsace/Semiramide (che anche mutilo andava prossimo quanto a durata a quello del Tristano) e dell’aria di Assur, oltre ad alcune sezioni di cori (quelli dei Magi in particolare).
Oggi si preferisce sopprimere per intero un numero e non procedere a qualche sforbiciata interna al singolo: la scelta privilegia l’architettura del singolo numero a discapito di quella dell’opera. Come sempre c’è un ma…. a lato pratico i tagli riaperti sono, in questa esecuzione ed in altre, quelli del da capo di numeri solistici o duetti, cioè quelle strutture che prevedono fra il primo ed il secondo enunciato le cosiddette battute di conducimento ed alla chiusa della ripetizione le cosiddette “code”. Normalmente i maestri del passato eseguivano la seconda sezione, omettendo, quindi, il conducimento e rispettando, salvo qualche sforbiciata, le code, che per loro stessa caratteristica impongono o variazioni o cambi di linea. Con riferimento a quest’ultimo aspetto preciso che gli archivi italiani conservano diversi esempi di come si operasse nell’800. Chi cerca, e sa dove cercare, trova.
Certo, non è facile soprattutto in orchestra decidere sui tagli, ciò nonostante le modalità di esecuzione siano largamente documentate anche dalla prassi di direttori come Bonynge e Zedda, i quali per motivi anagrafici si riallacciano alla tradizione del passato. È più semplice sopprimere sezioni di coro “dal Gange aurato dal Nilo altero” oppure “ma se alfin placati numi”, solo che poi con queste scelte i discorsi sul rispetto della struttura drammaturgica e musicale vanno a puttane. Quindi, ancora una volta, bisogna concludere che ci troviamo davanti a scelte di comodo o, peggio, ignoranza contrabbandate per filologia. Siffatte modalità maldestre e incongrue di tagliare (a prescindere dalla valutazione in generale sui tagli) sono uno dei sintomi dell’attuale andazzo, della preparazione dei cantanti, e, prima ancora, di direttori e ripassatori di spartito riguardo questi titoli. Questa, spiace constatarlo, è stata la linea seguita in questa esecuzione, ma va anche riconosciuto che i tagli sono stati imposti dall’alto per questioni di durata al direttore Sir Mark Elder, che da par suo avrebbe desiderato proporre l’opera nella sua integralità (come sarà nel cd).
Non dirò, con riferimento alla rappresentazione del 4 settembre, delle condizioni penose e ridicole nel contempo dell’esausta Daniela Barcellona, che riesce persino a sbagliare l’attacco del recitativo (per poi scusarsi e ricominciare daccapo), che non presenta altra difficoltà se non quella, da sempre insormontabile per la cantante triestina, di passare dal centro al grave, dell’inesistenza di Barry Banks o della velleità di Mirco Palazzi.
Mi soffermo, invece, sulla prescelta protagonista Albina Shagimuratova, l’unica del cast a poter pensare di cantare Semiramide. Precisazione: Semiramide in un teatro di quella che un tempo si definiva provincia, o, al più, in secondo cast poiché il confronto con due o tre protagoniste del recente passato la schiaccia senza prova di appello. Tuttavia, la cantante russa potrebbe essere Semiramide perché la voce è sonora e penetrante al centro, pur se nel genere del soprano leggero o lirico-leggero (quale Semiramide a rigore non è), a condizione di disporre di direttori e ripassatori di spartito che:
a) Le spieghino ed insegnino che accomodare la parte non significa trasportare quinci e quivi senza un preciso e coerente progetto e che, pertanto, predispongano, in difetto del cantante il cui mestiere è cantare e non altro, il progetto di trasporti. Un tempo si diceva “passare la parte”.
b) Prevedano varianti omogenee e per tutti i numeri. Ciò significa che non basta una riscrittura, pur se bella, come accaduto per il da capo del secondo duetto in cui la cantante si trovava praticamente da sola considerato lo stato della Barcellona, come neppure le parche e antimusicali puntature proposte al “dolce pensiero”, biglietto da visita di una Semiramide soprano d’agilità. Le agilità di forza, come quelle del duetto con Assur, costano molta fatica a voci leggere, controprova, semmai ve ne fosse bisogno, che il ruolo richiederebbe una voce di natura differente per rendere al meglio alcuni passaggi.
c) Le proibiscano di emettere, per simulare ira e furore, suoni aperti in zona medio grave dove una voce come quella della Shagimuratova dovrebbe evitare di avventurarsi o, al limite, farlo con cautela.
Queste operazioni, almeno teoricamente necessarie, servirebbero a dare la parvenza di un’interpretazione vocale e drammatica, a evitare che il pubblico si trovi a pensare che la parte è mal preparata o mal pensata. Il repertorio belcantistico richiede, oltre che predisposizione e preparazione tecnica da parte del cantante, direttori E CONCERTATORI (termine sparito dai cartelloni e defunto nella realtà), un’adeguata conoscenza di una certa tecnica di canto, di stile e gusto. Da qui non si scappa! Preparare un titolo di bel canto quando il cantante non è autosufficiente e non ha alcuno che lo supporti significa realizzare quanto sopra elencato, così come riciclare le variazioni di Tizio per Caio e viceversa senza una precisa idea della portata e della qualità degli interventi lascia irrimediabilmente il tempo che trova.
Peraltro, alla luce delle considerazioni sul cast assemblato, sull’inadeguatezza di parte dello stesso e sul mancato sostegno all’unico elemento potenzialmente adeguato, sul modo in cui non si sanno predisporre i tagli, preparare gli accomodi e si obliano prassi e tradizione esecutiva (che non sono inviolabili, ma rappresentano un punto di partenza), va riportato per tragico dovere di cronaca che il beota plaude comunque a quattro sgallinacciate agilità di una decotta Barcellona suggellando definitivamente l’inutile velleitarietà del riproporre così Semiramide.
L’opera belcantistica, di cui Semiramide è paradigma, non richiede solo grandi cantanti ed interpreti, ma pretende, in un’epoca che non è più quella di produzione e rappresentazione di quei titoli, cultura e tradizioni che sembrano inesorabilmente perdute e la cui perdita è, molto più di quella di una corretta tecnica di canto, irrecuperabile.
Gioacchino Rossini
Semiramide
Semiramide – Albina Shagimuratova
Arsace – Daniela Barcellona
Assur – Mirco Palazzi
Idreno – Barry Banks
Oroe – Gianluca Buratto
Azema – Susana Gaspar
Mitrane – David Butt Philip
Orchestra of the Age of Enlightenment
Opera Rara Chorus
Direttore – Mark Elder
4/9/2016, Royal Albert Hall, Londra
Atto I
Sinfonia
Eccomi alfine in Babilonia…Ah quel giorno ognor rammento…Oh come da quel dì
Serena i vaghi rai…Bel raggio lusinghier…Dolce pensiero
I vostri voti omai…Giuri ognuno ai sommi Dei
per chi volesse ascoltare tutto, si può ancora per 27 giorni a partire da oggi.
http://www.bbc.co.uk/programmes/b07sx9yx
Adesso ascolto tutto, ho un ricordo decente della Shagimuratova
Grazie della recensione.
mi rispondo da solo.
mio dio, come è messa male la Barcellona! (che ho avuto l’onere di ascoltare, ed era già difficile, in un Sigismondo a Pesaro, qualche anno fa)
son d’accordo anche sulla Shagimuratova, i miei ascolti estivi di questa opera (Cuberli, Anderson) la surclassano però nettamente…
Mi sarebbe molto piaciuto andare a Marsiglia nell’ottobre scorso ad ascoltare Jessica Pratt e purtroppo non potrò andare a Firenze (un po’ per il resto del cast, un po’ anche per le foto sul sito dell’opera di Firenze)
La Barcellona ha avuto un incipit imbarazzante, poi si è attestata su un livello basso. Pensare che non è certo vecchia… La Horne nel 1990 a non molto dal ritiro era letteralmente 1000 volte meglio, ma era la Horne, non una sprovveduta che si arrangia da anni in un repertorio in cui la tecnica ha una così grande importanza. Sugli altri sono concorde con Donzelli, compreso riguardo alla Shagimuratova che, con tutti i suoi limiti, è stata l’unica dignitosa della serata. La direzione di Elder personalmente mi è piaciuta molto quasi sempre e non vedo l’ora di sentire la registrazione in studio (integrale e curata) perché sarà il vero elemento di interesse.
Aurelio per la Semiramide marsigliese della Pratt ti scriverò una mail nei prossimi giorni 😉