Gli aspetti meritevoli di riflessione con riferimento allo streaming dal capoluogo siciliano sono due: direttore e protagonista.
L’anno passato eravamo usciti davvero entusiasti dall’esecuzione in forma di concerto diretta da Jader Bignamini con la sua orchestra, la Verdi e la cinese Hui He è oggi, sia pur con i limiti che andremo ad evidenziare, la più credibile interprete della tragica giapponesina nata dalla fantasia di Puccini.
Dall’ascolto devo dire che Bignamini è apparso, come sempre, una guida certa e sicura di solisti, orchestra e coro, quand’anche non siano la sua orchestra con la quale aveva raggiunto risultati elevati ed entusiasmanti come le registrazioni comprovano. L’unico episodio non riuscito è l’invettiva dello zio Bonzo perché prima dell’orchestra ci vogliono i cantanti, precipue un buon basso che qui, nella persona di Manrico Signorini, proprio non c’era. Anche a Palermo era una Butterfly dai molti contrasti orchestrali che potevano essere le sonorità del finale del primo atto o della chiusa dell’opera o le tenerezze e dolcezze, che accompagnano la tragica vicenda di Butterfly, dove il tragico spesso coincide in Puccini e nell’esecuzione con sonorità attutite e dolci perché la tragedia di Buttefly è lo scontro fra la crudeltà ed il cinismo del mondo e la dolcezza della piccola geisha che crede ad un matrimonio farsa e ad un uomo che non si sposa, ma semplicemente “va a puttane”, dimentico che una geisha non è una puttana e che la geisha di turno ha scelto di chiudere con il proprio passato. Da questo nasce il dramma, terribile, il più forte pucciniano con quello di Suor Angelica. In questa esecuzione il direttore è stato ottimo nell’accompagnamento, nelle scelte dei tempi e delle sonorità, che hanno ricalcato l’esecuzione milanese; forse non c’era quella incomparabile varietà di colori, a favore di una sicurissima e ben condotta direzione e concertazione, operazione ed attività un tempo comune e diffusa e nella quale oggi Bignamini sembra essere unico fra i direttori italiani.
Venendo al secondo motivo di interesse, la protagonista, diciamo subito che le giova un direttore che privilegi “le piccole cose” di cui madama Butterfly è modello indiscusso, trattandosi per dote naturale di un soprano lirico cui il tardo Verdi non giova affatto e possiamo dire che ha lasciato già il segno in una prima ottava piuttosto opaca e sorda rispetto alla seconda. Solo che le piccole cose, la tenerezza e tutte l’armamentario della tragica dolcezza di Butterfly richiedono una dinamica ed un controllo di piani e pianissimi di cui non sempre la cantante cinese è capace. Poi siamo davanti alla più credibile realizzazione del personaggio oggi possibile perché ad onta dell’omesso re bem della sortita e di una certa difficoltà a legare, più all’ingresso che altrove, Hui He è sempre in grado di soddisfare le esigenze del personaggio sia nell’aria del secondo atto che nell’incontro con Sharpless (la scena più tragica dell’opera) con una considerevole gamma di colori e facilità in zona medio alta, quella dove Butterfly è spesso chiamata a esprimere il proprio dramma. Di conseguenza, i momenti migliori per le qualità della cantante e le scelte del direttore sono il secondo atto dall’aria in poi e il tragico monologo che precede il suicidio.
Per il resto si è trattato di una Butterfly di provincia, e sottolineo provincia di oggi. Un tenore (Brian Jagde) di buona dote naturale ma allo stato brado, con conseguente impossibilità di trovare, nel primo atto, la spavalderia del conquistatore fatuo quanto fascinoso (almeno agli occhi della sventurata protagonista) e nel terzo gli accenti del rimorso, forse solo in parte di prammatica. In una parte da fine dicitore Giovanni Meoni si limita a compitare, non sempre impeccabilmente, il testo; dismessi, non si sa se definitivamente, i paramenti verdiani a favore del kimono di Suzuki, Anna Malavasi continua ad affondare maldestramente in prima ottava, con conseguente scarso volume in tutta la gamma e stridori diffusi in zona medio-alta. Alla regia Nicola Berloffa ricicla cascami alla Carsen (il teatro nel teatro, il cinema con proiezioni, che rimandano all’immaginario hollywoodiano) e ammicca nientemeno che a Ken Russell, autore di una celebre Butterfly “atomica”: sono però imitazioni di innovazioni (peraltro già fruste), una mano di colore sgargiante su un allestimento tradizionalissimo, uguale a mille altri, che avrebbe anche potuto bastare a sé, essendo sufficienti e abbondanti le suggestioni provenienti dalla buca.
Un pensiero su “Fratello streaming: Butterfly dal Massimo di Palermo”
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Ho ascoltato purtroppo solo il primo atto e l aria del secondo. Bignami non mi è piaciuto perché per quanto sicuro e ligio alla prassi,no ha mai saputo dare respiro alle.frasi, al loro variare , alla.narrazione sempre varia ed articolata di Puccini. Ha giocato il primo atto sempre sul ritmo, sull incalzare i cantanti. Fa ma non ha magia e non conquista. E accetta da hui he un entrata piatta e.senza poesia,tutta forte….lei che sa e può fare molto meglio. Al canto di conversazione lei stenta ma lui non pretende che faccia. Poi arriva il duettone ed il soprano tira , ha slancio …fa finalmente bene. Lo slancio le sta bene perché gli acuti sono il suo lato migliore, idem il lato tragico. Sul canto di conversazione invwce dovevano fare di più. Insomma….il meglio del soprano cinese l ho sentito a torino con la direzione stupenda ma certo impegnativa da sostenere di steinberg. Mi aspettavo di più ma penso anche che a milano sentiremo assai di peggio.