Il Viaggio accademico del Rof.

Venerdì scorso la tre giorni radiofonica dal Rof ha avuto il suo epilogo, a mo’ di dramma satiresco, con la diretta in streaming, sul sito del festival, del Viaggio a Reims affidato ai giovani dell’Accademia diretta da Alberto Zedda, del quale non possiamo non riportare una recente, significativa dichiarazione: “Tra gli anni ’70 e gli anni ’90 c’è stato un piccolo gruppo di cantanti rossiniani di livello straordinario, ormai entrati nella leggenda, penso in particolare agli americani Horne, Blake, Merritt, Ramey. Secondo lei come sta oggi il canto rossiniano, come sono le nuove leve? Per essere franco, devo dire che secondo me cantano meglio delle vecchie generazioni. Oggi abbiamo imparato un linguaggio, abbiamo imparato a rispettare un autore, ci siamo abituati a vedere il Belcanto, e in particolare Rossini, che del Belcanto è la punta più alta, non più in un’ottica di eccezionalità; ormai l’abbiamo assimilato come un linguaggio, non dico alla portata di tutti, ma alla portata di buoni cantanti che siano anche buoni musicisti. Mi spiego: le voci straordinarie sono sempre poche; noi abbiamo avuto la fortuna, nei primi anni del Festival, di far coincidere gli specialisti rossiniani, quei pochi che si dedicavano al canto rossiniano con proprietà, con qualità di voce straordinarie; ad esempio Chris Merritt, che aveva una voce fuori dal comune, o Samuel Ramey. Di voci simili io oggi non ne sento in giro, voci come quelle di Merritt, di Ramey o di Marilyn Horne. Ma non solo a Pesaro: non ci sono a New York, non ci sono a Londra… io giro abbastanza il mondo e sempre con le orecchie aperte, soprattutto per chi canta il mio repertorio e devo dire che queste voci straordinarie non ci sono più; perlomeno non ci sono adesso; questo non vuol dire che domani non possano tornare, anzi le stiamo aspettando. Io però le dico che molti dei cantanti di oggi, i giovani, hanno una facilità ad affrontare questo repertorio che una volta era assolutamente rara”.
Se mi è concesso a mo’ di premessa: quando nel 1825 Rossini compose la cantata scenica Il viaggio a Reims doveva presentare al neo eletto Carlo X il meglio degli Italiani, una istituzione musicale, che poteva e doveva sperare nella munificenza della corona. Mise in luce la sua arte di compositore e le doti di almeno otto, ma forse dieci prime parti, che operavano nell’istituzione da lui diretta. Parti brevi,ma che non risparmiavano gli esecutori, tutti di altissimo livello, un paio di rilevanza storica, quand’anche per l’occasione chiamati ad esibirsi in un duetto e in un concertato. Quando nel 1984 la cantata venne riscoperta e riproposta al Rof l’istituzione offrì al pubblico quelli che per loro erano i migliori o fra i migliori esecutori rossiniani. Oggi, e anzi da una quindicina di anni a questa parte, il Viaggio è stato, sempre a Pesaro, trasformato in una musica per saggio scolastico. I gestori del festival, che raschiano da anni il vuoto barile della accademia, credono o meglio vogliono far credere a cantanti prescelti e fedele pubblico che a cadenza annuale ricompaia una probabile Pasta, un ipotetico Ramey, una possibile Cuberli o Cinti Damoreau. Quasi a smentire la legge naturale che cantanti di quel calibro ne compaiono una tantum, o peggio ancora per dimostrare di essere in grado con un mese di lezione di formarne otto/dieci di vaglia l’anno. Disperata presunzione, quand’anche il prescelto o la prescelta impari a meraviglia una delle parti protagonistiche è scontato domandare se con egual risultati possa apprendere e riproporre Zelmira. Peraltro i casi più recenti di cantanti transitati dal Viaggio a prime parti, magari dopo una rapida parentesi nei ruoli da compimario (quelli che sarebbero giusti per esecutori alle prime armi), dimostrano l’incoscienza, nella più felice delle ipotesi, di chi le giovani voci dovrebbe formare, consigliare, alla bisogna moderare.
Da un saggio scolastico non possono nascere approvazioni o condanne definitive, come ha ricordato una penna sempre e per principio benigna nei confronti del Rof e che forse, in questa occasione, era rimasta un po’ a corto di superlativi assoluti, avendone abusato nei giorni precedenti. Si possono però rinvenire delle tendenze. La prima e più evidente è che i giovani artisti dell’accademia cantano a imitazione di quelle che sono le voci oggi indicate come insuperabilmente rossiniane. Così, ad esempio, il tenore contraltino (Yasuhiro Yamamoto) raggiunge (faticosamente) gli acuti tramite un’emissione nasaleggiante, mentre il deputato baritenore (dalla voce assolutamente sovrapponibile alla precedente) Xabier Anduaga, oltre a non praticare una respirazione degna di questo nome (come evidenzia il cantabile del duetto con Corinna, che Belfiore esegue a torso nudo), allarga i centri alla ricerca di una maggiore sonorità, con l’unico esito di rendere ancor più sgraziato il canto. E se i due primi tenori imitano i maturi colleghi della Donna del lago, la Melibea, Aurora Faggioli, sembra riproporre il modello vocale della grande assente delle ultime edizioni festivaliere, Daniela Barcellona, con un’ottava grave maldestramente enfia che produce, in alto, diffusi stridori. Peccato che la voce non possieda la qualità naturale di quella della cantante triestina. Poi ci sono allievi che sembrano avere studiato sui dischi delle precedenti edizioni del Viaggio (altro vezzo, o vizio, comune ad alcuni dei protagonisti delle tre soirée maggiori): così, Gianluca Lentini ripropone il don Profondo di Ruggero Raimondi, anche qui non disponendo di una dote vocale comparabile al modello, mentre Larissa Alice Wissel quale madama Cortese sembra imitare l’emissione lamentosa, a base di sospiri e bamboleggiamenti, di Cheryl Studer. Simili modelli si possono imitare, tutt’al più, nei difetti, essendo le doti tutte o quasi circoscritte alle caratteristiche naturali della voce, o al più all’estro dell’interprete (estro che un corso di pochi giorni non può suscitare o anche solo affinare). Quanto a Corinna, il Rof prosegue nella politica del soprano leggero (in un ruolo pensato per Giuditta Pasta) proponendo Lucrezia Drei, che oltre a una piacevole figura ha mostrato ben poco altro, mentre il Lord Sidney di Ogulcan Ylmaz è diligente e musicale, ma con severi limiti in acuto (che potrebbero forse ridursi tramite una posizione un poco più alta della voce, ma questo andrebbe di sicuro contro a tutti i principi sponsorizzati dall’accademia pesarese, nonché dalla produzione del Turco in Italia in scena in questi giorni). Di tutti i giovani accademici la sola voce interessante (nel senso di naturalmente predisposta a una carriera in campo lirico) sembra quella di Marina Monzó (Folleville), ma l’emissione sguaiata produce una notevole disomogeneità tra il centro (piuttosto importante) e gli acuti, piccoli e gridacchiati, mentre la vorticosa coloratura non ha (e dubito possa avere in futuro, a meno di un ripensamento generale dell’organizzazione vocale) la scansione e la precisione (anche e soprattutto d’intonazione) che distinguono la virtuosa di livello dalla volonterosa principiante.

Nota-Il pezzo esce per comodità redazionale a firma di Tamburini, ma ci siamo divertiti a trasformare la recensione in un lavoro a più mani, quasi fosse un’aria di Nasolini con inserti di Nicolini, una di quelle che Rossini poteva divertirsi ad “aggiustare” per Claudio Bonoldi o Eliodoro Bianchi. Al lettore, se lo vorrà, il gioco di individuare gli inserti e chi vi abbia messo mano. In premio un video, a scelta del vincitore, di Beverly Sills, nel ventesimo secolo maestra indiscussa di simili e altamente filologiche prassi.

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7 pensieri su “Il Viaggio accademico del Rof.

  1. Che il Viaggio a Reims (lavoro d’occasione per antonomasia, subito smontato dall’autore stesso dopo il regale omaggio e prontamente e magnificamente riciclato nell’Ory) venga utilizzato – quasi fosse Karaoke – come saggio di fine corso da un’accademia musical-balneare è prova inconfutabile e definitiva dell’umana insensatezza.

  2. Secondo me, prova dell’umana insensatezza è fare critica in questo modo ad uno spettacolo che per statuto è un saggio scolastico. L’accademia rossiniana non è una barzelletta: Lily Bart si sciacqui la bocca quando ne parla come se fosse una cosa da spiaggia.
    Lo spettacolo viene fatto come saggio di fine corso e per dare una occasione ai più meritevoli, non per dare prova di trovare ogni anno una Pasta o una Cinti-Damoreau: paragonare questi ragazzi ancora “verdi” ai big del canto, specialmente agli interpreti originali è pura masturbazione critica. Se proprio volete, nei confronti di questi giovani cantanti, fate critica costruttiva, dando consigli e non stroncature (i big hanno le spalle grosse per sopportarle).
    O meglio, come già ho detto altre volte, apritevi la vostra accademia, insegnate! O meglio ancora mostrate di saper fare le cose di cui vi ergete a pontefici…

    • Fare per fare o fare per fare bene? Fare ogni cosa o ciò che è’nelle proprie capacità? È’vero che ormai il mondo è’in mano a gente velleitaria più che capace ma i saggi scolastici ancora pretendono di essere commisurati agli allievi. Il Viaggio e’roba da super cantanti. Così nacque e così e’stata presentata la sua riproposizione moderna. Ora lo si svende come ogni altro grande capolavoro della storia del opera mai pensato per la routine. Fa senso che la svendita , la caricatura, lo scempio porti il timbro del festival che pretende di tutelarne l autore….Del resto Pesaro dopo averci restituito Rossini da anni lo sfregia e lo scempia….

      • Hollander quante bestialità!!!

        Il Viaggio a Reims è una sfilata di belcanto ai massimi livelli non una farsa da assegnare a debuttanti di un’Accademia che produce puntualmente divette e divetti pompatissimi dal punto vista pubblicitario quanto farlocchi e modesti vocalmente. Il Viaggio a Reims viene annualmente svilito e snaturato: è un punto di arrivo non di partenza e questi giovani talenti avrebbero bisogno di studiare e cominciare dai ruoli di comprimariato così da poter fare la gavetta (che dovrebbe essere, almeno teoricamente, un momento formativo importante prima di sfondare… sempre che vi siano reali doti). Ho ascoltato parte dello streaming e posso confermare le impressioni di Tamburini. Questi cantanti proprio perché sono all’inizio hanno bisogno che venga almeno detto loro chiaramente che non sono pronti; alcuni dovrebbero studiare ancora tanto o ripensare del tutto la loro impostazione, altri dovrebbero semplicemente dedicarsi ad altro mestiere.
        La critica seria non ha solo il diritto, ma anche il dovere di dire chiaramente come stanno le cose e senza giri di parole e paraculismi di sorta.

    • Una curiosità. Trattandosi di spettacolo di fine corso devo quindi dedurre che l’ingresso fosse gratuito o a offerta libera. Ad ogni modo i docenti dell’Accademia devono avere molto a cuore i loro studenti se li fanno debuttare in un’opera come il Viaggio a Reims. Il prossimo passo qual è? Guglielmo Tell?

      • Hollander:

        Pesaro non è né Bayreuth né Salisburgo e l’Accademia Rossiniana non è né Juilliard né la Chigiana.

        Sarebbe opportuno – in un paese dove il tiro all’istituzione è sport nazionale – saper distinguere tra istituzione, appunto, e simpatica iniziativa culturale. Il ROF ha vissuto un periodo felice per poi tornare ad essere una manifestazione locale,
        nonostante gli sforzi mediatici per convincerci della sua rilevanza a livello cosmico.

        Prima di sciacquarsi la bocca sarebbe opportuno sciacquarsi la memoria e il cervello.

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