Indagini di mercato

In questi giorni molti di quelli che sprecano il loro danaro ed il loro tempo acquistando i biglietti della Scala hanno ricevuto un interessante questionario che la direzione del Teatro prega loro di compilare e restituire.
Io, che pure ho gettato nella sentina troppo danaro e che ne sono ogni volta pentito, non sono stato graziato di tale richiesta e sì che la mia casella personale di posta elettronica è intasata della pubblicità del teatro e pure delle richieste (vana richiesta) di incontri con il signor Pereira.
Al signor Pereiera abbiamo già risposto e rispondiamo pressoché costanti con l’adagio “ofelé fa’l to mestee”, che tradotto nella lingua meglio intelletta dal predetto signore suona grosso modo così (l’arte cambia ma il principio è il medesimo”: “Schuster, bleib bei deinem Leisten”. Siccome non lo fa e fa finta di non capire e quelli del cda, che dovrebbero controllarlo fanno finta di non capire che non lo fa invece di far pulizia (la spazzetta portiana) mandano in giro questionari prodotti nella più famosa università milanese, la quale quando si tratta di prendere esempio da don Basilio (quello del “vengan danari al resto son qua io”) non è, davvero, seconda ad alcuno.
Il questionario brilla persino per errori di grafia per cui la stagione sinfonica è diventata la stagione “SIFONICA” e siccome il sifone è una parte degli apparati di scarico dei cessi l’ironia è facile, scontata, gratuita e cattiva direbbero certe vecchie opime, che, impennacchiate, applaudono in prima fila. Ma sifonico è stato scritto, nessuno l’ha corretto perché per le parole scritte interamente in carattere maiuscolo non vi è la segnalazione dell’errore e perché nessuno fra coloro che, lautamente remunerati con i soldi dei contribuenti, hanno predisposto il questionario si è dato la pena di rileggere.
Ma al di là del facile appiglio del “”sifonico” resta l’inutilità dell’operazione perché una media di 500-600 posti vuoti per il Cavaliere della rosa, l’upgrade dato agli acquirenti dell’ingresso (costoso perché 13-15 euro sono tanti anzi troppi per non vedere nulla e stare in piedi quando cantano certi cantanti), collocandoli in platea, la apatia del pubblico, che ormai non reagisce più fischiando oppure applaude lo spettacolo per il minimo sindacale di 15-20′ quanto basta per consentire le due o tre uscite a fine spettacolo (anche se poi la stampa collaborazionista parla di applausi per 5 minuti come di un trionfo, ignorando questi bigliettati signori che una volta le uscite erano 20 o 30 e che spesso duravano una ventina di minuti, che si andava a casa afoni per i “brava – bravo” o per i “buuh”) parla da sola. Non c’è bisogno di investire di indagini la prestigiosa università per capire che il genere melodramma “tira” poco per il pubblico che non siano turisti che vogliono, una volta nella vita se a Milano, vedere il Cenacolo, il Duomo, la Scala, fare il giro nel quadrilatero, che le proposte scaligere sono stanche, fruste, scontate per gli abbonati, sempre meno e sempre meno sensibili a “fascino, storia” del luogo per usare le parole del questionario. Poi la grande università raccoglierà i dati (alcuni prossimi all’insulto) e stilerà la graduatoria, così Alexander e il cda saranno contenti e conosceranno le cause del decesso o dello stato pre agonico del teatro, come se per capire che siamo in recessione servisse l’Istat. Basta guardare i carrelli del supermercato e l’età media delle autovetture circolanti per le strade come il buon impresario capisce che è prossimo alla fallimentare dalla cassetta. La cassetta offre delle verità incontestabili. Senza pagare la Bocconi.

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10 pensieri su “Indagini di mercato

  1. Leggo con molto piacere e sottoscrivo dall inizio alla fine. Qualche altra considerazione:
    1.sono circa 20 anni che in Italia, dopo acciai e autostrade, si è pensato di poter privatizzare anche la cultura, che la cultura dovesse produrre un utile, dimenticando l immenso valore immateriale che la Cultura -quella vera- ha prodotto e produce ed i suoi benefici per tutti. Risultato: Teatri e musei continuano ad essere in rosso e per giunta non si produce quasi più niente degno di nota. Soltanto paccottiglia e stronzate, con eccezioni sempre più rare.
    2. A dire la verità, di questo declino economico e culturale, che l Italia sta vivendo,Secondo me uno dei principali co-responsabili e’ proprio quella Bocconi, che ha prodotto e produce saputelli laureati a crocette e spesso talmente imbecilli da sembrare finti. Un illustre esponente di quella università e’ stato d altra parte di recente il primus Inter pares del governo del piangi e fotti, che ci ha dato il colpo di grazia.
    3. Il costo esoso dei biglietti per spettacoli nel migliore dei casi mediocri. Oggi non basta uno stipendio da dirigente per portare moglie e figli alla scala, a mala pena ci si paga il biglietto per se’. Naturalmente questo è un problema per chi lavora. Se il target della scala sono i mafiosi tangentari nostrani ed esteri, allora il discorso cambia.
    Saluti.

    • Ho trovato sublime mente imbecilli le domande topo, cosa di interessa di più di un’opera:la trama, i costumi, la regia, il canto….che ti fanno capire che chi ha compilato il questionario non n3 capisce nulla al pari di chi lo ha ommissionato. Del resto la Scala mi risulta aver sempre.spwso fiume di quattrini in simili indagini di mercato e consulenze….Chiedessero a chi ama l opera riceverebbero risposte più utili

  2. Segnalo che per molto, molto meno del costo di un biglietto alla Scala, all’Opera di Firenze ad ottobre è possibile ascoltare Jessica Pratt in Semiramide, Rosmonda di Inghilterra, e in un concerto con Shalva Mukeria, che io non ho mai ascoltato, ma che, da quanto ho letto qui, vale sicuramente la pena. Da Roma si va e si torna comodamente in giornata, peraltro.

  3. L’opera è morta per tante ragioni, tra cui la generale depressione dell’èra post-industriale. Quando hai a disposizione tanti “divertimenti” più a buon mercato, capaci di lobotomizzarti del tutto, perdi ogni interesse nel guardar morire una tisica in un susseguirsi di La acuti. Manco sai che siano la tisi ed i La acuti, preghi che la pazza che grida sul palco sia ricondotta in casa di cura e che tu possa tornare subito a trinkare una birra gelata facendo una tipica conversazione à la milanés a base di “occc” per dire “va bene” e di “madaaaai”, “haicapitoté?!” e l’immancabile “vabéh!”. Mi convinco sempre più del fatto che siamo dei fantasmi: ha ragione Sgarbi, un’epoca si è spenta e noi ci ostiniamo a sostituire le lampadine sperando invano di rivedere la luce.

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